Z – Zardoz

Z – Zardoz

“Il film di John Boorman il cui titolo inizia e finisce con la stessa lettera”. Questa è la definizione del film Zardoz che si trova nel Trivial Pursuit. Ed è anche l’incipit che ho scelto non solo per questo aneddoto, ma anche per una recensione che venne pubblicata sul mensile Ciak alcuni anni orsono, nella rubrica (oggi purtroppo cancellata) Piaceri Proibiti, che proponeva ogni mese un breve articolo inviato da un lettore che confessava di amare un certo film nonostante fosse di qualità discutibile. A Zardoz questa categoria calza a pennello: si tratta di un film di fantascienza del 1974 ambientato in un futuro in cui sul nostro pianeta un esiguo numero di uomini armati, gli Sterminatori, tiene soggiogati tutti gli altri, costretti a produrre cibo come tributo per una misteriosa divinità, che si fa chiamare Zardoz e si materializza sotto forma di gigantesco testone di pietra volante e parlante. Il protagonista, lo sterminatore Zed, interpretato niente meno che da Sean Connery, ad un certo punto si introduce nella bocca del testone di Zardoz che, volando, lo trasporta in un luogo ameno abitato da Immortali, uomini e donne che vivono nella più totale mollezza ed indolenza, dimentichi di ogni forma di piacere sessuale poiché hanno stabilito che la riproduzione è per loro una cosa superflua. Spetterà ad un non più giovanissimo Sean Connery, conciato con mutandoni color rosso ciliegia, stivaloni neri sopra il ginocchio e lunga chioma fluente, ricordare agli Immortali (comandati da Charlotte Rampling) cosa significhi abbandonarsi ai piaceri della carne, e già che c’è sovvertire anche l’intero ordine sociale tramite una grande orgia finale. Il nome della divinità Zardoz deriva da “Wizard of Oz”, perchè come nel famoso libro dietro ad una facciata di grande potere trascendente si nasconde tutt’altro. La redazione di Ciak decise di pubblicare la mia recensione, in cui definivo il film uno “s-cult”, ma io rischiai di non accorgermene, perchè quel mese non ricevetti a casa la mia copia della rivista, cui ero scrupolosamente abbonata. All’epoca frequentavo ancora l’università, ed ero riuscita ad aggregarmi ad una gita a Berlino con un corso di storia del teatro che non stavo nemmeno seguendo: ma pur di trascorrere alcuni giorni in quella splendida città ero disposta a sorbirmi improbabili sedute di meditazone collettiva e disgustosi spettacoli teatrali d’avanguardia con tanto di masturbazione dal vivo. Fu in quell’occasione (la gita, non la masturbazione dal vivo) che conobbi tre simpatiche ragazze con cui prima non avevo mai avuto occasione di chiacchierare, nonostante avessimo seguito gli stessi corsi, perchè avevano tra di loro un’amicizia piuttosto esclusiva, e non era facile entrarci in confidenza. Una di queste, quando mi presentai con nome e cognome, mi chiese: “Ma tu sei la stessa Madame Verdurin che scrive per Ciak??”. E fu così, grazie a questo rapporto estemporaneo (che si interruppe non appena rientrammo dalla gita), che venni a sapere che la mia recensione era stata effettivamente pubblicata. Chiesi il numero arretrato e poi lo feci leggere orgogliosamente a tutti gli amici e i parenti (ancora oggi mi chiedo che cosa mia nonna abbia potuto capire…) Ed ecco perchè il film Zardoz, con tutti i suoi non trascurabili difetti, mi sarà sempre così caro.