Il mio nome è Bond, Corona Bond

Una tra le molte fake news girate sul Covid-19 sostiene che il virus possa essere reso inefficace da un elevato tasso alcolico nel sangue. Evidentemente non è così, se perfino il più famoso agente segreto britannico, che viaggia a tre o quattro Vodka-Martini al giorno, alla fine è stato colpito. Infatti l’uscita del venticinquesimo film di James Bond, prevista per il mese di aprile, è slittata a novembre 2020, a causa della chiusura delle sale cinematografiche dovuta alla pandemia di Coronavirus. No Time to Die, la cui uscita è già stata più volte posticipata per via dei molti avvicendamenti di registi e sceneggiatori, è molto atteso in quanto sarà la quinta e ultima volta per l’attore inglese Daniel Craig nei panni della famosa spia con licenza di uccidere, dopo Casino Royale (2006), Quantum of Solace (2008), Skyfall (2012), e Spectre (2015). Ma sarà l’ultima volta anche per James Bond? In proposito girano molte voci, ma quasi tutti sono convinti (e forse anche speranzosi) che rivedremo l’agente segreto sul grande schermo, anche se con un volto diverso. Molti sarebbero i concorrenti per questa gloriosa eredità: si sono fatti i nomi di Michael Fassbender, Tom Hiddlestone, Richard Madden (ma speriamo di no), Tom Hardy e Idris Elba. Altre voci sostengono invece che il nuovo Bond potrebbe essere addirittura una donna, e additano Lashana Lynch, che in No Time to Die sarà l’agente doppio zero incaricato di sostituire James Bond, ormai in pensione. Prima della rivoluzione #MeToo sarebbe stato forse inconcepibile anche solo pensare a uno 007 donna e di colore. Io però, in tutta onestà, non faccio il tifo per Lashana. Credo anche che questa esplosione hollywoodiana di girlpower non faccia che sminuire il talento e le potenzialità di molte brave attrici (ma anche registe, produttrici e sceneggiatrici), che farebbero meglio a cercare ruoli nuovi e originali piuttosto che limitarsi a riproporre il rassicurante già visto in versione femminile o aggiornata all’epoca dei social (sto pensando ad alcuni recenti remake e reboot come Ghostbusters, Charlie’s Angels, Ocean’s Eight). Sono una fan di 007 fin dall’infanzia, e sarei molto più soddisfatta di vedere nel ruolo della spia un attore che sappia restituirgli la classe e l’ironia che Daniel Craig non possiede, a differenza dei suoi più illustri predecessori Sean Connery e Roger Moore. Molti hanno dichiarato più volte morto James Bond, sostenendo che un personaggio nato nel clima della guerra fredda nello scenario politico attuale non poteva più sussistere. Eppure la saga di Mission: Impossible (o meglio i suoi due capitoli più recenti) ci ha insegnato che fare un bel film di spie ai giorni nostri è ancora possibile, puntando, guarda caso, su quelli che sono da sempre gli ingredienti delle pellicole del personaggio ideato da Ian Fleming: un buon cast, ironia e gadget ingegnosi. Per chi faccio il tifo dunque? Tom Hiddlestone, divenuto famoso nei panni di Loki, il machiavellico fratello di Thor nell’universo dei supereroi Marvel. È sufficiente guardarlo all’opera nello spot Jaguar del 2014 per capire che Tom ha tutte le caratteristiche adatte al personaggio: fascino, personalità, ironia. Terrò le dita incrociate per lui, ma nel frattempo attenderò con pazienza l’uscita di No Time to Die, augurandomi che possa ripetersi il miracolo di un film bello, profondo e coinvolgente come Skyfall.

Ni No Kuni

Titolo: Ni No Kuni 

Anno: 2019

Regia: Yoshiyuki Momose

Genere: Animazione

Haru e Yu frequentano lo stesso liceo e sono amici da sempre. Haru è un giocatore di basket adorato dalle ragazze, mentre l’amico, costretto fin da piccolo su una sedia a rotelle, lo aiuta a perfezionare le sue tattiche di gioco. Quando Kotona, la fidanzata di Haru (di cui però anche Yu è innamorato) viene ferita gravemente da un essere misterioso, i due ragazzi si trovano catapultati in un altro mondo, in cui non solo Yu è in grado di camminare, ma sono entrambi abili spadaccini. Yu, basandosi sui racconti di uno strano vecchietto conosciuto molti anni prima, ipotizza che l’unico modo per salvare la vita di Kotona sia trovare la sua anima affine nell’altro mondo, che sembra essere la bella principessa Astrid.

Il film è tratto da un videogioco, Ni No Kuni: La Maledizione della Strega Cinerea, di cui lo Studio Ghibli di Miyazaki aveva realizzato storia e disegni. Come spesso accade, il film non è all’altezza del gioco, che era molto appassionante e divertente non solo per le dinamiche di gioco ma anche per la trama e i bei personaggi, pur partendo da una storia non molto originale.

Il film è quasi del tutto privo di quei riferimenti al gioco che mi sarei aspettata (riutilizza appena alcune musiche dell’originale), ha una trama banale, piena di buchi e inutilmente intricata, personaggi inconsistenti e scene fuori luogo. Consiglio a tutti di evitarlo e di procurarsi piuttosto il videogioco, che può davvero regalare ore (anche molte, moltissime ore) di svago.

Voto: Un muffin ipocalorico

10 film da vedere durante la reclusione

In questi giorni tutti i blog e i siti del mondo stanno dando consigli su film e serie tv da vedere durante la reclusione per il Coronavirus. In effetti, per chi non ha bambini piccoli come me e deve passare le giornate a giocare con il didò o fare tornei di rubamazzetto, impiegare il tempo guardando o riguardando qualche bel film è sicuramente una buona idea. Quando ho iniziato a pensare al mio decalogo personale di film imperdibili, mi sono resa conto che molti di essi sono purtroppo difficili da reperire. Titoli come Trono di Sangue di Akira Kurosawa o Angeli con la Pistola di Frank Capra sono irreperibili già in condizioni normali, figuriamoci durante una pandemia! Dunque ho stilato il mio elenco basandomi sul catalogo di Netflix, piattaforma ormai largamente diffusa, augurandomi che questo possa facilitare la visione.

Eccovi dunque un elenco di 10 film da vedere su Netflix durante la reclusione:

  1. Dirty Dancing (1987) di Emile Ardolino, con Patrick Swayze, Jennifer Grey

Sarà perchè è la storia d’amore che ogni ragazza sogna di vivere; sarà perchè la colonna sonora è stupenda; sarà perchè i numeri di ballo sono irresistibili; sarà perchè Patrick Swayze è affascinante e seducente in modo incredibile; sarà perchè io e Dirty Dancing siamo nati nello stesso anno e siamo cresciuti insieme. Per tutti questi motivi, quando cambiando canale in televisione mi imbatto in questo film non sono più in grado di staccarmene fino alla fine.

Di recente Netfilx ha prodotto la divertente docuserie I film della nostra infanzia, e tra questi c’è anche il nostro Dirty Dancing. Scoprire quale gestazione travagliata abbia avuto il film ne rende ancora più gradevole la visione, sia per chi non lo conosce sia per chi come me lo ha imparato a memoria. La storia, per chi non la conoscesse, è questa: una ragazza seria e studiosa, che tutti chiamano Baby, trascorre con la sua famiglia l’estate in un villaggio vacanze in riva ad un lago. Qui conosce Johnny e Penny, due talentuosi insegnanti di ballo, ma i loro mondi, così diversi e distanti, non sembrano destinati ad incrociarsi. Se non che, quando Penny si ritrova nell’impossibilità di esibirsi e rischia di perdere il lavoro, Baby si offre di sostituirla. Johnny dovrà insegnarle movimenti e passi in pochissimo tempo, e Baby non sembra davvero portata per il ballo… eppure, tra inciampi, salti e cadute, tra i due nascerà un sentimento imprevisto e travolgente. Proprio come la nostra Baby, lasciatevi guidare dal bel Johnny e dalla sua musica (nella colonna sonora c’è anche una canzone, She’s like the wind, interpretata dallo stesso Swayze) in questo racconto di primi balli, primi amori e primi fremiti, ma anche di presa di coscienza, presa di posizione e presa… al volo!

  1. La Città Incantata (2001) di Hayao Miyazaki

Recentemente Netflix ha aggiunto al suo catalogo molti dei film d’animazione realizzati dallo Studio Ghibli del regista giapponese Miyazaki. Difficile scegliere uno soltanto di questi splendidi film d’animazione, che pur essendo così diversi, per temi, disegni e situazioni, dai lungometraggi animati cui siamo abituati, sono in pochi anni diventati dei cult anche da noi. Un consiglio per i genitori: se cercate qualcosa da guardare con i bambini, optate per Il Mio Vicino Totoro o per Kiki Consegne a Domicilio, che sono semplici, teneri e divertenti: tutti gli altri sono pensati per un pubblico più maturo, affrontano tematiche più profonde, hanno una struttura complessa e scene di forte impatto emotivo e visivo, non adatte ai più piccoli.

La Città Incantata è il primo film che ho visto di Miyazaki, e per questo è anche quello a cui sono più affezionata. Lo vidi al cinema per puro caso, senza avere idea di cosa fosse. Mi trovavo in montagna con la mia famiglia e mia cugina, presso un albergo che, anzichè la tv in camera, aveva un’unica sala tv comune, in cui spadroneggiavano tre anzianissime sorelle siciliane. Dopo due settimane di vani tentativi di impadronirci del telecomando, (gli Smartphone e i tablet non esistevano ancora) io e mia cugina, in astinenza da tubo catodico, decidemmo di tentare la sorte con questo misterioso cartone giapponese e ce ne innamorammo entrambe. La Città Incantata del titolo è un luogo magico, misterioso e popolato da creature d’ogni sorta, in cui la piccola protagonista Chihiro rimane intrappolata con i genitori, che sono però stati trasformati in maiali…

  1. Biancaneve (2012) di Tarsem Singh, con Lily Collins, Julia Roberts, Armie Hammer, Nathan Lane

In questi ultimi anni la Disney si è lanciata a capofitto nel progetto di ricreare molti dei suoi classici d’animazione in versione live-action, travolgendo gli spettatori con un’ondata di queste operazioni non sempre ben riuscite, e rischiando di farli disamorare presto. Questa versione di Biancaneve, tuttavia, prodotta da Relativity Media, si discosta dal panorama generale, e si distanzia molto anche da un’altra versione della fiaba dei fratelli Grimm uscita al cinema lo stesso anno, Biancaneve e il Cacciatore, cui è dedicata una recensione in versi che troverete nella sezione Cupcake (https://cine-muffin.com/2020/03/25/biancaneve-e-il-cacciatore/). In questo film, pur essendo presenti tutti gli elementi iconici della fiaba (la matrigna cattiva, la mela avvelenata, i sette nani), la trama viene rielaborata in modo sorprendente, con grande ironia e originalità. Lily Collins è una principessa carinissima, Julia Roberts mostra un inedito lato malvagio, Nathan Lane nei panni del fedele tirapiedi garantisce le risate, elemento necessario per una rilettura non tediosa di una fiaba così radicata nel nostro immaginario e nei nostri ricordi d’infanzia.

  1. I Gemelli (1988) di Ivan Reitman, con Arnold Schwarzenegger, Danny DeVito

Quando pensiamo ad Arnold Schwarzenegger in genere pensiamo ai suoi iconici ruoli action, come Conan il Barbaro o Terminator, ma l’ex governatore della California ha nel suo curriculum anche alcune commedie, come Un Poliziotto alle Elementari o Una Promessa è una Promessa. Tra queste però la migliore è di certo I Gemelli, in cui fa coppia (e che coppia!) con Danny DeVito: difficile trovare due attori fisicamente più diversi per interpretare due gemelli, nati da un bizzarro esperimento scientifico, che scoprono solo nella maturità l’esistenza l’uno dell’altro e decidono di cercare la propria madre biologica per scoprire la verità sulla loro nascita. I due attori protagonisti, simpatici e ben affiatati, danno vita a due personaggi cui ci si affeziona facilmente, che regalano grandi risate ma anche momenti di commozione.

  1. Prova a prendermi (2002) di Steven Spielberg, con Tom Hanks, Leonardo DiCaprio,  Christopher Walken

A volte rischiamo di dimenticare che anche le più grandi star di Hollywood sono esseri umani, e in quanto tali possono ammalarsi. Alcuni giorni fa è arrivata la notizia che l’attore Tom Hanks, che si trovava in Australia per girare il nuovo film di Baz Luhrmann su Elvis Presley, aveva contratto il Coronavirus. Fortunatamente l’attore protagonista di grandi capolavori come Forrest Gump e Philadelphia ora è guarito, e per i suoi ammiratori il modo migliore di festeggiare è sicuramente quello di godersi una delle sue impeccabili interpretazioni. Netflix ci offre la possibilità di farlo con il film Prova a Prendermi di Steven Spielberg, ispirato all’autobiografia di Frank Abagnale, uno dei più abili falsari e truffatori dei nostri tempi, che riuscì ad accumulare una fortuna contraffacendo assegni e spacciandosi per medico, avvocato e pilota di aerei. Nel ruolo di Frank troviamo Leonardo DiCaprio, che qui ci offre la sua prima vera grande interpretazione dopo una serie di successi dovuti più che altro al suo bell’aspetto. Tom Hanks invece interpreta l’agente dell’F.B.I. incaricato di arrestare Abagnale: solamente un bravo attore come lui poteva portare il pubblico a simpatizzare anche per le forze dell’ordine, oltre che per l’affascinante e seducente criminale.

  1. The Chronicles of Riddick (2004) di  David Twohy, con Vin Diesel, Karl Urban, Judi Dench

Ricordo distintamente la prima volta che vidi The Chronicles of Riddick: stavo semplicemente facendo zapping quando lo trovai, proprio all’inizio. Non avevo idea di cosa fosse, non avevo ancora visto Pitch Black (la precedente avventura di Riddick) e non sapevo nemmeno chi fosse Vin Diesel. Tuttavia i primi minuti mi conquistarono: l’epica solennità, la commistione tra fantascienza e fantasy e gli impeccabili effetti speciali mi incollarono allo schermo. Mi piacque moltissimo il personaggio del misterioso furiano Riddick, l’ultimo della sua specie, apparentemente amico solo di se stesso ma in realtà pronto a diventare un eroe per salvare le persone a lui care, roccioso eppure ironico. In seguito a questa fortuita scoperta mi appassionai alle avventure di Riddick: mi piace molto la prima avventura, Pitch Black, mentre non ho amato Riddick, il sequel, e nemmeno Dark Fury, il lungometraggio animato. Ho scoperto ora che è stato annunciato un ulteriore sequel, Furya, in cui finalmente Riddick riuscirà a tornare sul suo pianeta natale ma lo troverà molto diverso da come si aspettava… Spero che la stessa delusione non tocchi ai suoi fan!

  1. Inside Man (2006) di Spike Lee, con Clive Owen, Denzel Washington, Jodie Foster

Inside Man è uno di quei film in cui, molto semplicemente, tutto funziona. La regia non è mai banale ma è magistrale nel gestire una storia complessa che alterna momenti di tensione e scene di approfondimento psicologico dei personaggi; la trama è coinvolgente e sorprendente; gli attori gareggiano tutti in bravura; la colonna sonora è memorabile; ci sono addirittura alcune scene in cui si ride. Non voglio rivelare troppo della trama per non sciupare la visione, dico solo che il fulcro della vicenda è una grandiosa rapina in banca con ostaggi, organizzata nei minimi dettagli, che mette in seria difficoltà le forze dell’ordine, anche perché in realtà niente è come sembra. 

  1. Chicago (2002) di Rob Marshall con Renée Zellweger, Catherine Zeta-Jones, Richard Gere, John C. Reilly, Queen Latifah

In molti avevano già celebrato il funerale del musical hollywoodiano, quando nel 2001 arrivò Moulin Rouge di Baz Luhrmann a resuscitare il genere. L’anno successivo uscì Chicago, tratto dal grande successo di Broadway del maestro Bob Fosse, a confermare che il musical era vivo e vegeto e le grandi star di Hollywood sapevano ancora cantare e ballare. Io, per esempio, non avrei mai dato un soldo bucato per Richard Gere, finchè non l’ho visto esibirsi nello straordinario numero di tip tap di Chicago. La performance di Catherine Zeta-Jones appare ancora più splendida se si pensa che mentre girava il film era incinta. Le due protagoniste gareggiano in bellezza e bravura. Ecco in breve la trama: nella Chicago degli anni ‘20 la giovane Roxy Hart (interpretata da Renée Zellweger) sogna di sfondare nel mondo dello spettacolo, anche se non è talentuosa come crede. Quando il suo amante calpesta i suoi sogni, Roxy lo uccide a sangue freddo e finisce in prigione in attesa del processo. Qui incontra Velma Kelly, una soubrette divenuta famosissima dopo aver ucciso il marito e la sorella. Roxy e Velma rischiano entrambe la pena di morte e si rivolgono allo stesso avvocato, Billy “mai persa una causa” Flynn. Ma per Roxy non ha senso avere salva la vita se non diventerà famosa… Roxy è così ossessionata dal successo che nella sua mente ogni situazione si trasforma in un numero di canto e/o ballo, per la gioia degli spettatori (o almeno di quelli che come me amano il musical). Coreografie e canzoni sono splendidi (e non poteva essere diversamente visto che l’autore del musical teatrale è Bob Fosse, lo stesso di Cabaret con Liza Minnelli), il messaggio sulla caducità della fama e la voracità dei media è sempre attuale, e come ciliegina sulla torta ci sono tante risate e tantissimi lustrini. And all that jazz!

  1. Secretary (2002) di Steven Shainberg con Maggie Gyllenhaal, James Spader

Quando uscì al cinema Secretary, tutti i trailer lo presentavano come un film trasgressivo, piccante, magari anche un po’ perverso. Ma non è proprio così: Secretary è soprattutto una storia d’amore. Sì, è vero che la relazione che inizialmente si instaura tra il boss e la neoassunta segretaria non solo non è professionale, ma si basa su pratiche sessuali poco tradizionali; tuttavia il sesso non è il tema centrale del film, lo sono piuttosto i rapporti umani, la difficoltà nel trovare un’anima affine, la solitudine. Le stranezze erotiche non sono altro che un riflesso della stranezza dei rapporti umani, che mettono in grande difficoltà i protagonisti, incapaci di gestirli (con quanta fatica i due si rendono conto e dimostrano di provare dei sentimenti l’uno per l’altra). La narrazione utilizza toni delicati e anche ironici, e vuole coinvolgere lo spettatore piuttosto che scioccarlo. Ben lontano da scempiaggini sfumate di grigio e più vicino, inaspettatamente, a certe vecchie commedie di Doris Day.

  1. Blu Profondo (1999) di Renny Harlin con Stellan Skarsgård, Samuel L. Jackson

Una piattaforma in mezzo al mare che ospita un laboratorio per ricerche scientifiche; un equipaggio ridotto al minimo per il weekend; una dottoressa con un segreto; un domatore di squali con un passato; tre giganteschi squali bianchi geneticamente modificati; e Samuel L. Jackson. Cos’altro si può chiedere a un film? Nel genere “mostri assassini” (di cui sono grande estimatrice) questo è di certo un classico, diretto discendente dello Squalo di Spielberg (ma di livello qualitativo assai più basso, sotto ogni aspetto) e progenitore della serie Sharknado. Purtroppo le restrizioni dovute al Coronavirus non ci consentono più di trovarci in compagnia a vedere un film, ma la tecnologia ci viene in aiuto: mettetevi d’accordo con i vostri amici che utilizzano Netflix per guardare il film contemporaneamente, e servendovi degli Smartphone fate questo gioco: indovina chi muore adesso? Perchè è risaputo che in questo genere di film la maggior parte dei protagonisti è destinata a morire in modi orribili, solamente un paio di personaggi in genere arrivano ai titoli di coda vivi… Sfidate quindi amici e parenti a indovinare in quale ordine moriranno i protagonisti, e magari anche in che modo! Poi, se vi siete divertiti, fatemelo sapere: perché in questo caso ho una marea di film da consigliarvi!

Biancaneve e il Cacciatore (in versi)

Chi ben conosce la storia di Biancaneve

per vedere il film dimenticarla deve;

la trama infatti è tutta stravolta

tranne l’inizio: C’era una volta.

Il buon re perde la compagna di vita

ma si consola in uno schiocco di dita.

Una biondona arriva con l’esercito del male,

sposarla gli sembra la cosa ideale;

su di lei non ha nemmeno un sospetto

perché pensa solo a portarsela a letto.

Così Charlize diventa la regina,

il padre ucciso, il regno va in rovina.

La principessa in una cella maleodorante

finisce, ma con un vestito elegante.

Passano i giorni, passano gli anni,

la regina è sempre libera di far danni,

e per rimanere giovane e bella

delle innocenti vergini si mangia le budella;

di questo passo, si sa, è inevitabile,

che il cibo in breve diventi introvabile.

“Specchio, specchio, mia anima gemella,

dimmi chi è tra tutti i sudditi Bella”.

Caro specchio, a noi non ci raggiri!

Tu ti confondi col film dei vampiri!

Biancaneve è tra tutte la più affascinante

e può anche uccidere Charlize in un istante;

la sua anima è così illibata e pura

che la crudele regina ne ha tanta paura.

Bella forza, restare pura e immacolata

chiusa in una cella a doppia mandata!

“Portatemi qui” strilla la regina “Biancaneve!”

“Il suo cuore nel mio pancino finir deve!”

La regina cattiva ha un biondissimo fratello

che è utile come in Etiopia un ombrello:

come uno scemo si lascia gabbare

così Biancaneve riesce a scappare

e in riva al mare, come ognun s’aspetta,

trova un candido cavallo con cui fugge in tutta fretta.

Biancaneve si nasconde nella foresta oscura

di cui tutto il regno ha una gran paura.

Per scovarla serve un uomo di valore:

la regina assolda l’aitante cacciatore

il quale conosce la foresta a menadito

e trova la ragazza nascosta dietro a un dito.

Ma tutto rovina il fratello deficiente:

“Per i tuoi sforzi, boscaiolo, non riceverai niente!”

Così il cacciatore lo riempie di botte

e lui e Biancaneve fuggono nella notte.

Il fratello cretino non rinuncia alla caccia

ma con l’aiuto dei nani fan perdere ogni traccia.

Nella trama c’è a questo punto un intoppo

e deve morire male il nano di troppo.

Ma Biancaneve sorride e mostra i denti da coniglio:

è infatti ritornato del duca il bel figlio.

Già, nel film il principe un duca diventa,

ma in tempi di crisi ci si accontenta.

Intanto il cacciatore, senza troppa fatica,

ha ucciso il fratello della nemica.

La regina deve far sempre tutto da sola,

decide di prendere Biancaneve per la gola.

Non è difficile prendere la principessa in giro

che presto cade in letargo come un ghiro.

Oltra alla mela, un altro elemento familiare:

qualcuno Biancaneve ora deve baciare.

Lei però dal coma non ha fretta di uscire:

le piace se qualcuno la guarda dormire.

Col bacio del duca la cosa non va in porto;

nel regno si diffondono tristezza e sconforto.

E’ invece il bacio del cacciatore

a risvegliare Biancaneve dal torpore:

sarà tutto merito del vero amore

o forse piuttosto del forte liquore

che nel film il bel cacciatore

si tracannava a tutte le ore?

In ogni caso Biancaneve si desta

e dell’armata si pone alla testa

per uccidere regina e malvagia compagnia

e porre fina alla sanguinaria tirannia.

Fiera la sodale di Cenerentola

vola con le sue orecchie a sventola.

Tutti quegli anni di prigione dura

han fatto un gran bene alla sua muscolatura

tanto che può sostener l’armatura,

la spada e tutta l’impalcatura.

Iniziano per la regina le rogne

quando i nani entrano nel castello dalle fogne:

anche se da lì Biancaneve è scappata

nessuno ha pensato di metterci una grata.

Il bel duca con ogni sua freccia

crea nella linee nemiche una breccia

mentre il cacciatore con la sua accetta

uccide i nemici in gran numero e in fretta.

Biancaneve nell’estremo pericolo non tentenna

e infine uccide la perfida Ravenna.

Al regno porterà pace e prosperità

una giovincella cresciuta in cattività.

E siamo giunti al lieto fine

e son tutti contenti, tranne le ragazzine

che volevano veder, giustamente, sul trono

sedersi l’affascinante dio del tuono.

Il Mondo Secondo Jeff Goldblum

Quando sono entrata per la prima volta in Disney Plus mi sono sentita a casa tra principesse, supereroi e animali parlanti. Solo una figura mi sembrava fuori posto: Jeff Goldblum. Cosa ha a che fare l’attore protagonista di classici come La Mosca e Jurassic Park con Topolino? Forse la Disney ha comprato anche Steven Spielberg? Non ancora, ma acquisendo la Fox ha comprato anche il canale National Geographic, blasonato produttore di documentari. Disney Plus mette in primo piano la docuserie, che per ora conta un’unica puntata, Il Mondo secondo Jeff Goldblum, in cui l’attore si immerge nella sconosciuta realtà delle scarpe da ginnastica, dei suoi estimatori, collezionisti e creatori, per poi farsi realizzare, con la nuova acquisita consapevolezza, un paio di scarpe personalizzate (nere ma con interno zebrato, un segreto che solo chi ha visto questo programma conosce).  Non avrei mai detto che questa sarebbe stata la mia prima visione su Disney Plus, eppure è andata così. Per mezz’ora ho guardato Jeff Goldblum che guardava delle scarpe. E il bello è che mi sono anche divertita, e non vedo l’ora di guardare Jeff che guarda altre cose.

Disney Plus

Oggi, 24 marzo 2020, è arrivato in Italia (con impareggiabile puntualità) Disney Plus, il canale online targato Disney. 

Oggi, 24 marzo 2020, noi lo abbiamo attivato. Ci siamo già abbonati per un anno intero. La scusa ufficiale è che abbiamo due bambini. E con la clausura dovuta al Coronavirus, poveri piccoli, come si annoiano… La verità è che, mentre io gongolavo come una groupie scorrendo il catalogo di Disney Plus, loro facevano spallucce e dicevano: “Bah, meglio Netflix…”A loro non dicono niente titoli come Elliot il Drago Invisibile, Duck Tales, Quattro Bassotti per un Danese, Bianca e Bernie. Ma per me racchiudono un’intera infanzia. Ammetto che avevo grandi aspettative per Disney Plus, e non sono state deluse. Nel catalogo si possono trovare tutti i grandi classici dell’animazione, i corti, i film Pixar, l’intero universo Marvel (mentirei se dicessi che non aspetto con trepidazione la serie su Thor), quello di Star Wars, film, serie, documentari. Anche i Simpson sono entrati ora nell’universo Disney con l’acquisto della rete televisiva americana Fox. La piattaforma consente di creare diversi account personalizzati e in quelli dedicati ai bambini filtra in automatico i titoli per evitare di traumatizzare troppo le povere creature. Questo ha stuzzicato la mia curiosità e ho fatto delle prove: sono considerati inadatti ai bambini più piccoli Fantasia (l’ultimo pezzo, quello del summit dei demoni, è senza dubbio pauroso, ma che peccato rinunciare a tutto il resto!) , Taron e la Pentola Magica (sì, questo è terrificante), Inside Out (bellissimo ma impossibile da capire per un bambino in effetti) e il Dumbo di Tim Burton (che è di Tim Burton, appunto); nessun problema invece con Il Re Leone (quante lacrime versate sulla morte di Mufasa!), Bambi (e su quella della mamma) e Red e Toby (tristissimo), quindi i cari vecchi traumi infantili sono salvi. Tutti possono trovare qualcosa di interessante su Disney Plus, non solo per passare il tempo ma anche per concedersi, almeno per un paio d’ore, di tornare bambini. Siccome è già sicuro che mi vedrò tutto quanto (con o senza bambini), cercherò di ottimizzare l’esperienza e di recensire qualcosa. Ma non è facile dare un voto a un film Disney! Sarebbe un po’ come dare un voto al proprio zio… come si fa? In ogni caso, grazie, zio Walt, per il tuo impeccabile tempismo.

B – Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti

Con uno dei suoi concorsi, il mensile di cinema Ciak mise in palio una lezione di comicità tenuta da Claudio Bisio e altri autori televisivi. Per vincere bisognava inviare una presentazione di se stessi in chiave comica. Io, da sempre grandissima fan della trasmissione Zelig e di Claudio Bisio fin da quando partecipava alle trasmissioni della Gialappa’s Band non potevo non tentare. Inaspettatamente ricevetti la comunicazione che avevo effettivamente vinto e che sarebbero arrivati i dettagli su luoghi e orari della lezione. Ero al settimo cielo. Poi però mi comunicarono che quell’evento era stato cancellato, ma che in sostituzione avrei potuto partecipare ad un altro corso. Per esempio, mi andava di prendere parte ad un corso di cinema tenuto, tra gli altri, da Paolo Mereghetti, il critico cinematografico di cui leggevo ogni mese la rubrica su Ciak e il cui Dizionario del cinema troneggiava in tre diverse edizioni nel mio salotto? Mi andava? Caspita, ero già là! O meglio, sarei stata pronta a partire… perchè il corso si sarebbe tenuto a Milano… ma c’erano due problemi. Numero uno: all’epoca lavoravo come segretaria in uno studio medico. Provvidenzialmente, però, vidi che gli orari si potevano incastare: potevo prendere il treno subito dopo aver finito di lavorare il martedì, seguire la lezione, dormire in un hotel a Milano, riprendere il treno di primo mattino in tempo per essere a lavoro mercoledì pomeriggio. Si può fare! C’era però un altro problema. La partecipazione al corso, per me, era gratuita, ma il treno e l’hotel non lo erano. In poche parole, non me lo potevo permettere. Per mia grande fortuna, quando spiegai la cosa ai miei meravigliosi genitori, si offrirono su due piedi di finanziarmi, e così potei accettare. Ero emozionatissima da tutto: non ero mai stata a Milano, non ero mai stata in hotel da sola, viaggiavo raramente sola, e di certo non avevo mai incontrato un critico cinematografico così autorevole. Ad ogni lezione ci faceva vedere un diverso film e poi lo commentava. Naturalmente dava sempre spazio a interventi e commenti, ma all’inizio non avevo il coraggio di parlargli, per timore di dire una stupidaggine. Poi, una sera, ci fece vedere un film intitolato Lo zio Boonmee che si ricorda le viteprecedenti, del regista thailandese Apichatpong Weerasethakul. Il film non era proprio un capolavoro, ma mi ispirò diverse riflessioni, e questa volta ero decisa a condividerle con Mereghetti, con il rischio di farmi ridere in faccia. Dunque, quando al termine della proiezione chiese se qualcuno aveva commenti, alzai la mano e mi lanciai in una dissertazione sulla differenza nella percezione dell’inconscio nel mondo orientale e in quello occidentale, tirando in ballo perfino Hitchcock e Kurosawa a sostegno della mia tesi. Lui ascoltò pazientemente e alla fine mi diede ragione, disse che avevo fatto delle buone osservazioni e tirato in ballo argomenti interessanti. Non potei sentire il resto della lezione, assordata dallo stesso battito del mio cuore, che non si fermava più. Al termine dell’incontro una signora mi chiese se fossi una giornalista o comunque una professionista del settore. “Sono solo una segretaria…” risposi, ma dentro di me gongolavo. Sono sicura che anche incontrare Claudio Bisio sarebbe stato bellissimo, ma quella del corso di cinema a Milano è stata per me un’esperienza davvero unica.

A – Ben Affleck, la Nutella e Mario


Il 2006 fu l’anno della Mostra del Cinema di Venezia più povero di ospiti di sempre: infatti il personaggio in assoluto più atteso era Ben Affleck. Quando Ben fece il suo arrivo c’eravamo tutti, ma pochissimi di noi riuscirono effettivamente a vederlo. Ricordo di aver intravisto arrivare la lancia tra una fitta siepe di teste e niente altro. Però accanto a me c’era una bambina meravigliosa, che aveva accompagnato la mamma e nell’attesa del divo faceva merenda con un panino alla Nutella. Ad un certo punto mi guardò con due occhioni enormi e disse: “Quando arriva, se Ben Affleck vuole un pezzo del mio panino, io glielo do”. Una delle cose più tenere che io abbia mai sentito, e sono certa che anche Ben Affleck si sarebbe commosso. Quella del Lido in ogni caso fu un’esperienza ricchissima per me, resa possibile da mio cugino, che lavorando come autista per gli organizzatori della mostra non solo era riuscito a procurarmi l’ambitissimo abbonamento per tutte le seconde serate, ma mi aveva anche presentato alcuni suoi amici che lavoravano invece come maschere e che mi permettevano di intrufolarmi anche alle proiezioni di terza serata. Come in tutti gli eventi del genere, che mostrano film diversissimi tra loro, mi capitò di vedere moltissime cose belle, alcune brutte, altre che decisamente non capii. Ma il bello della proiezione in sala è che, se non si è troppo timidi, è possibile condividere con i vicini le proprie sensazioni estemporanee sul film appena terminato. Ricordo che, al termine della proiezione di un film orientale davvero criptico, pieno di salti temporali e di sequenze oniriche, instaurai un ricco dibattito con le persone sedute vicino a me (in inglese, perchè nessuno di loro era italiano) che fu decisamente più divertente del film stesso. Alla fine non venimmo a capo del mistero di quella pellicola, ma guadagnai la conoscenza di una gentilissima e simpaticissima coppia svizzera con cui ebbi modo di chiacchierare anche nelle sere successive. La penultima sera mi annunciarono che sarebbero partiti la mattina dopo per tornare in Svizzera. Ci salutammo con calore, mi lasciarono perfino il loro indirizzo in caso desiderassi scrivere o andarli a trovare. Inoltre mi regalarono i loro due biglietti per l’ultimo spettacolo, cui non avrebbero potuto assistere. In quei dieci giorni io ero ospite dei miei zii, che abitavano proprio al Lido, a pochi metri dal luogo in cui si svolgeva la Mostra. Per lasciarmi un letto vero in cui dormire, mia zia si era adattata a dormire sul divano. Inoltre mi viziava in tutti i modi possibili e mi preparava ogni tipo di manicaretti. Ora avevo l’occasione di dimostrare tutta la mia gratitudine, ed offrii ai miei zii di accompagnarmi all’ultima proiezione. Mio zio declinò decisamente, ma con varie insistenze riuscii a convincere almeno mia zia. In realtà si trattava di un film russo davvero poco appetibile, ma ci tenevo molto a condividere con lei quell’atmosfera magica. Poiché il film in effetti non era un granchè mi giravo spesso verso mia zia nel timore di vederla annoiata o contrariata, ma con sollievo, verso la metà del film, vidi che si era serenamente addormentata. Decisamente meno noiosa fu invece l’esperienza che ebbi con una proiezione di terza serata, un film horror spagnolo dal titolo Para Entrar a Vivir, che raccontava di una giovane coppia che affittava un appartamento in un complesso gestito da una signora apparentemente gentile, ma che in realtà riduceva i suoi inquilini in schiavitù con corde e catene nell’illusione di trovarsi così circondata da amici affettuosi che non l’avrebbero mai abbandonata. Ovviamente la coppia non si sottometteva passivamente a questo destino, e i due si scontravano violentemente con la diabolica signora per tutta la seconda metà del film. Ad un certo punto il protagonista, Mario, che era stato dato per spacciato dopo una sonora botta in testa, rientrava invece in scena per salvare la moglie e rendere inoffensiva in modo permanente la vecchia. Quando ricomparve sullo schermo, in sala si udirono diversi incitamenti: “Vai Mario!” “Bravo Mario!” che continuarono poi fino alla conclusione vittoriosa, festeggiata dal pubblico con un applauso ben più accorato di quello riservato a Black Book di Paul Verhoeven. A volte sono proprio i film più brutti a regalarci le esperienze più belle… e a Venezia ce n’erano tanti!