M – Moulin Rouge!

Ho letto recentemente una riflessione di Paolo Mereghetti sul tema: può il critico cinematografico cambiare idea? Può rivedere drasticamente il suo primo giudizio su un dato film? La risposta, naturalmente, è sì, anche se non è cosa molto frequente: in genere la prima impressione può magari essere leggermente precisata o ricontornata, ma essendo il giudizio critico (idealmente) oggettivo, ovvero dettato da criteri tecnici (abilità degli attori, utilizzo sapiente della macchina da presa e del montaggio, coerenza dei dialoghi…) e non dai gusti personali, difficilmente esso muta completamente di segno. Spesso però i nostri giudizi, riguardo ai film o a qualunque altra cosa, non si basano su criteri così oggettivi, ma su impressioni, sensazioni e gusti personali (anche nel caso non si tratti dei nostri gusti personali). Questo vale, a maggior ragione, nel caso dei pre-giudizi, cioè di quelle valutazioni che noi diamo ad un film prima ancora di averlo visto, e che in definitiva ci fanno decidere se vederlo effettivamente oppure no. In questo caso ogni criterio è allo stesso modo valido, da “quell’attore mi è antipatico” a “adoro i film con gli animali”.

Quando nel 2001 vidi il trailer di Moulin Rouge di Baz Luhrmann lo liquidai come un filmetto romantico strappalacrime e non volli nemmeno vederlo al cinema. Per fortuna una mia cara amica, anche lei grande appassionata di cinema, insistette a lungo perché lo vedessi; per un po’ non volli cedere, ma alla fine accettai di prendere in prestito da lei la videocassetta e, senza alcuna convinzione, iniziai a guardare il film. Innanzitutto, non avevo capito dal trailer che si trattava di un musical: e io adoro i musical! Avevo già la mia buona collezione di colonne sonore, da Jesus Christ Superstar a Grease, da Cantando sotto la pioggia a Cabaret: semplicemente credevo che di musical, ormai, a Hollywood non se ne facessero più, e invece… che bella sorpresa! Forse per l’Italia avevano costruito apposta un trailer che facesse passare questo aspetto un po’ in sordina, poiché nel nostro paese non sono tantissimi gli appassionati del genere musicale, forse anche a causa dell’ostacolo linguistico. Oltre a questo, il film non era affatto un polpettone romantico e smielato: faceva ridere! Già dalla prima scena, in cui Toulouse Lautrec vestito da suora sta mettendo in scena Tutti insieme appassionatamente e un argentino privo di conoscenza precipita nel teatro, mi ritrovai a ridere a crepapelle. Un musical moderno, divertente, che citava in continuazione altri musical, con un cast strepitoso (non ho mai capito come mai non abbiano dato l’Oscar a Nicole Kidman). E una storia d’amore, certo. Infatti alla fine piansi. Sì, dopo aver tanto riso, quando nel finale vidi Satine morire tra le braccia di Christian piansi tutte le mie lacrime, e lo faccio ancora, ogni volta che rivedo il film. Infatti Moulin Rouge divenne uno dei miei film preferiti, presi subito entrambi i cd con la colonna sonora completa, ed è l’unico film che comprai, nel corso degli anni, prima in vhs, poi in dvd e infine in blu-ray. E se tra qualche anno le nuove tecnologie lo renderanno necessario, sono certa che lo comprerò ancora. Per mia fortuna io e la mia amica siamo in contatto ancora oggi (eravamo compagne di scuola e ora portiamo i nostri bambini a giocare insieme al parco), e ancora oggi ogni tanto mi dice: “Ma ti ricordi che neanche lo volevi vedere Moulin Rouge??”

Disney Plus Unexpected

Quando qualcuno dice “Disney” noi tutti pensiamo subito ai classici cartoni animati della nostra infanzia: pensiamo a Topolino, alle principesse, agli animaletti canterini e, in tempi più recenti, anche ai cavalieri Jedi e ai supereroi dei fumetti. E naturalmente su Disney Plus si possono trovare tutte queste cose, ma c’è anche molto di più, e se ci si prende un po’ di tempo per spulciare bene nel catalogo è possibile trovare moltissime cose interessanti, alcune non prettamente per bambini (infatti non sono accessibili agli account dei minorenni, provare per credere), tutte interessanti e divertenti, per fare un tuffo nei ricordi d’infanzia sopiti o per scoprire qualcosa di nuovo. Per ora ho deciso di sceglierne sette, giusto come assaggio, ma ce ne sono molte ma molte di più!

  1. Destino

Tutti noi sappiamo cosa succede quando Salvador Dalì incontra Hitchcock (il capolavoro con Ingrid Bergman e Gregory Peck Io Ti Salverò, in originale Spellbound), ma cosa accade invece quando Salvador Dalì incontra Walt Disney? Risposta: Destino! Questo cortometraggio animato di sei minuti nasce proprio da questa incredibile collaborazione nel 1945, ma la lavorazione venne interrotta a causa delle difficoltà economiche che lo studio stava attraversando. Venne però portato a termine nel 2003 sotto la supervisione di Roy Disney, nipote di Walt. Destino racconta la storia d’amore tra una donna bellissima e Chronos, la divinità del Tempo, utilizzando l’iconografia e le suggestioni visive tipiche di Salvador Dalì. Imperdibile.

  1. Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo

Di sicuro non sono l’unica che da piccola ha passato molte e molte ore con il videogioco Prince of Persia su floppy disk, tentando di salvare la bella principessa dal malvagio visir con appena sessanta minuti di tempo a disposizione. Personalmente, per quanto ci abbia provato, non sono mai riuscita ad andare oltre il settimo livello, e non sono mai riuscita a salvare la bella principessa. Per fortuna però nel 2010 è arrivato il muscoloso Jake Gyllenhaal a dare un volto al principe del videogioco e salvare non solo la splendida principessa (Gemma Arterton) ma il mondo intero, messo in pericolo dal piano del malvagio zio (Ben Kingsley) per dominare il mondo grazie alle magiche sabbie che permettono di manipolare il flusso del tempo. Non sempre i film di questo genere sono belli quanto i videogiochi da cui sono tratti (la delusione per il cartone basato su Ni No Kuni è ancora cocente) ma in questo caso invece troviamo un film avventuroso, divertente e ben fatto. Consigliato, non solo per i fan di vecchia data.

  1. Il Mondo secondo Jeff Goldblum

La prima puntata di questa serie (che parlava del gelato) è stata, del tutto inaspettatamente, la prima cosa in assoluto che ho visto su Disney Plus. Ora la serie si è conclusa e l’ho seguita per intero trovando piacevole e divertente la visione di ciascun episodio, anche se naturalmente non tutti gli argomenti mi hanno coinvolto nello stesso modo. La puntata che mi ha più emozionato è stata la numero 6, quella sul gaming, in cui Jeff Goldblum ha preso parte ad un evento LARP (gioco di ruolo dal vivo) simile a quelli cui io stessa ho partecipato per molti anni. Non si sa ancora se ci sarà una seconda stagione di Il Mondo secondo Jeff Goldblum, ma se ci sarà la seguirò di certo, perchè la voce suadente e il gesticolare lento di Jeff ormai mi hanno conquistata.

  1. Punto di Non Ritorno

Il titolo originale di questo documentario di Fisher Stevens, Before the Flood, deriva dal trittico del pittore olandese Hieronymus Bosch Il Giardino delle Delizie, in cui il regista ravvisa la storia del pianeta Terra a partire dalla comparsa dell’uomo: un giardino lussureggiante all’inizio, come mostra la prima tavola; un luogo caotico, maltrattato e sovraffollato, come mostra il secondo pannello (ovvero la condizione in cui ci troviamo adesso) ed infine il luogo infernale che il nostro pianeta diventerà (o meglio sta già diventando) se l’uomo non riuscirà a intervenire in modo massiccio sulle emissioni inquinanti e sullo sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali. A raccontarci questa visione lucida e per nulla rassicurante è Leonardo DiCaprio, che oltre ad essere l’attore che noi tutti conosciamo e amiamo è anche un attivista ambientale e dal  2014 messaggero di pace delle Nazioni Unite. Dopo aver ricevuto questa prestigiosa carica, DiCaprio ha viaggiato il mondo e incontrato personalità del mondo politico, industriale e scientifico (Bill Clinton, Barack Obama, Elon Musk e molti altri) per meglio rendersi conto della situazione ambientale in cui versa il nostro pianeta. Difficile non sentirsi turbati dalla visione di questo documentario, ma vedendo quanto negazionismo esista ancora nella politica e nei media statunitensi si capisce quanto si tratti di un lavoro disturbante e da non affrontare a cuor leggero ma necessario.

  1. Missione Tata

Quando penso a Vin Diesel (e lo faccio) di certo non mi viene in mente la Disney, ma piuttosto auto da corsa tamarre cariche di NOS e combattimenti a mani nude con spietate creature aliene. Invece su Disney Plus troviamo anche lui, protagonista del film per famiglie Missione Tata (in originale The Pacifier) in cui interpreta un tenente dei Navy Seal il cui nuovo incarico consiste nel prendersi cura dei cinque turbolenti figli di uno scienziato. Niente che non abbiamo già visto in Un Poliziotto alle Elementari e altre pellicole del genere, ma per i fan di Vin Diesel Missione Tata è sicuramente un film divertente e simpatico quanto basta.

  1. Sister Act

Sister Act è un classico che tutti noi abbiamo visto almeno una volta in tv, ma personalmente ad ogni nuova visione io scopro qualcosa di nuovo e mi godo una battuta che prima non avevo colto o una scena che mi ero dimenticata. Anche se lo danno in televisione molto spesso, è bello sapere che lo si può trovare comodamente su Disney Plus, insieme al non altrettanto riuscito seguito Sister Act 2 – Più Svitata che Mai, soprattutto per chi vuole godersi in lingua originale i magnifici battibecchi tra la soubrette Deloris VanCartier (Whoopi Goldberg) e la Madre Superiora del convento (Maggie Smith). Bellissime canzoni, simpatiche suore e tante risate: cosa volere di più?

  1. Mr. Magoo

Da piccola ricordo di aver fatto moltissime risate guardando i cartoni animati di Mr. Magoo, l’omino cieco e pelato che si ostinava a non portare occhiali da vista seminando disastri intorno a sé ma uscendone sempre incolume. Questo film forse non è un capolavoro, ma è comunque un divertimento adatto a tutta la famiglia, anche ai bambini più piccoli. Leslie Nielsen sembra quasi una scelta obbligata per interpretare questo personaggio simpatico e maldestro; inoltre troviamo una giovane e carinissima Jennifer Garner che fa innamorare il nipote di Magoo, mentre nei panni dei malvagi nientemeno che Malcolm McDowell e Miguel Ferrer. Imperdibile la scena in cui Mr. Magoo cambia inavvertitamente canale mentre sta seguendo un programma di cucina in televisione e inizia a far fare aerobica al pollo.

The Greatest Showman

Titolo Originale: The Greatest Showman

Anno: 2017

Regia: Michael Gracey

Interpreti: Hugh Jackman, Zac Efron, Michelle Williams, Zendaya, Rebecca Ferguson

Dove trovarlo: Disney Plus

Ispirato alla vita di Phineas Taylor Barnum (Hugh Jackman) che nel 1872 creò il circo Greatest Show on Earth, associandosi in un secondo momento con il suo rivale James Anthony Bailey (Zac Efron) per dare vita ad uno spettacolo circense ancor più grandioso.

Non deve stupire troppo il fatto che questo musical sia approdato sulla piattaforma Disney Plus, perché racconta una storia edificante di tenacia, amicizia, amore e redenzione, in cui i rutilanti numeri di ballo e le splendide canzoni prevalgono sull’autenticità storica e psicologica, i freak non sono troppo disturbanti e il lieto fine è garantito. Dunque, se il musical hollywoodiano classico è il vostro genere, non potete perdervi The Greatest Showman, la cui colonna sonora originale è davvero splendida e memorabile, grazie anche alla bravura degli interpreti (tutti gli attori protagonisti interpretano anche le proprie canzoni, tranne Rebecca Ferguson/Jenny Lind che è stata invece doppiata) e alle rutilanti coreografie dei numeri di ballo. Conoscevamo già le doti canore di Hugh Jackman, che in I Miserabili interpretava le canzoni dal vivo di fronte alla macchina da presa, e anche di Zac Efron, che dal suo esordio giovanissimo con High School Musical mostra di aver raggiunto la maturità come cantante e come attore; in questo film scopriamo anche quelle della giovane Zendaya, la Mary Jane dell’ultimo Spider Man, e di Michelle Williams, entrambe affascinanti e bravissime. Bill Condon, regista di film musicali di successo come il live action La Bella e la Bestia e Dreamgirls, collabora qui alla sceneggiatura, frutto di grande esperienza e conoscenza dei meccanismo e dei tempi del genere. The Greatest Showman, come recita una delle canzoni, è davvero “un sogno ad occhi spalancati” che lascia immancabilmente soddisfatti gli appassionati del genere musical. Per quanto mi riguarda poi sto meditando di presentarmi alla recita di Natale a scuola dei bambini a dorso di elefante…

Voto: 4 Muffin

Get Smart – Casino Totale

Titolo originale: Get Smart

Anno: 2008

Regia: Peter Segal

Interpreti: Steve Carell, Anne Hathaway, Dwayne Johnson, Alan Arkin, Terence Stamp, Bill Murray, Patrick Warburton, James Caan

Dove trovarlo: a casa mia, in mezzo ai cartoni animati

Maxwell Smart (Steve Carell) è l’analista più brillante dell’agenzia di spionaggio Control, ma si allena e studia da anni per superare l’esame e diventare agente operativo. Quando però la sede di Control viene attaccata e le identità di tutti gli agenti rese pubbliche, Max e la sua collega 99 (Anne Hathaway), che ha recentemente modificato il suo volto con un intervento di chirurgia plastica, diventano l’unica speranza per sventare il malefico piano dell’organizzazione criminale Kaos.

Get Smart, letteralmente “fatti intelligente”, è la trasposizione cinematografica della serie tv omonima degli anni ‘60, prodotta tra gli altri da Mel Brooks, e ne mantiene l’umorismo semplice e adatto a tutti ma non grossolano. Il film è una parodia riuscita e accessibile ai film di spionaggio e a quelli di 007 in particolare, che offre scene e situazioni davvero divertenti ma che riesce a essere di per sé un film completo e ben riuscito, con qualche caduta di ritmo e qualche  stranezza formale che però si fanno presto perdonare. Steve Carell è un ottimo protagonista, tenero e divertente; Anne Hathaway è adatta per il ruolo di spia veterana presuntuosa e saccente che alla fine si innamora della genuinità e dedizione del collega; Dwayne “The Rock” Johnson dà lustro al film con la sua presenza e la sua grande simpatia, dimostrando però di avere anche doti recitative; Terence Stamp un perfetto antagonista megalomane su modello bondiano; Alan Arkin una forza della natura; James Caan spassoso e perfettamente a suo agio nel ruolo del presidente degli Stati Uniti; menzione speciale per Bill Murray, che compare nei panni di… un albero!

Voto: 4 Muffin

L – Labyrinth, dove (quasi) tutto è possibile

Nella vita sono stata davvero molto fortunata a poter sempre condividere la mia grande passione per il cinema con le persone a me care: primo tra tutti mio padre, che mi ha cresciuta ed allevata nel mito di John Wayne, Humphrey Bogart e 007. Fu poi naturale che anche con mio fratello (molto più giovane di me) si instaurasse un legame speciale cementato anche dal cinema: tanti tanti cartoni animati e film per bambini prima (tra i preferiti Toy Story e Small Soldiers), film di scarsa qualità artistica ma di ingenua simpatia poi (tutta la serie degli animali assassini, da Shark Attack al nostrano Tafanos). Quando i miei uscivano la sera, preparavo una spropositata quantità di pop corn con il caramello (in realtà non sono mai riuscita, in tanti anni, a far venire fuori un caramello decente, era più che altro un aggrumato di burro e zucchero, ma a noi piaceva comunque) e ci dedicavamo ad una visione senza commenti allibiti o smorfie di disapprovazione degli adulti. Trovai anche molti cari amici con cui condividere questa passione, e tra questi non posso non ricordare una mia coetanea che fu la mia amica del cuore tra gli otto e i diciotto anni, e che per mia fortuna è tutt’ora una cara amica, anche se da molti anni vive negli Stati Uniti. Lei era molto spesso a casa sola, così per noi era naturale trascorrere i pomeriggi dopo scuola a casa sua, libere di chiacchierare, ascoltare musica e guardare ciò che preferivamo. Mostrandomi tutte le sue videocassette si stupì molto del fatto che io non avessi mai visto Labyrinth, e disse che dovevo vederlo assolutamente. Lo mettemmo su immediatamente e ci divertimmo moltissimo, in effetti è un film fantasy davvero ben fatto e impreziosito dalle bellissime canzoni di David Bowie, che è anche il protagonista. Lo vedemmo insieme molte volte e ci procurammo la colonna sonora: era diventato uno dei nostri classici, uno dei molti film che conoscevamo a memoria e ci divertivamo a citare in ogni occasione. Anni più tardi, con l’arrivo dei dvd, ebbi finalmente la possibilità di vedere questo film in lingua originale. Oggi, che i film sono disponibili in qualunque lingua e con tutti i sottotitoli su internet e su un numero sempre più alto di piattaforme può sembrare strano, ma quando ero giovane non era certo facile procurarsi la versione originale non doppiata di un film. Alcune videoteche ne tenevano una manciata, e bisognava accontentarsi. Oppure comprare in edicola le uscite di vhs allegate ai corsi di lingua inglese (cosa che feci per 2001 – Odissea nello spazio nel pieno della mia fase Kubrick). Quando d’estate io e la mia amica andavamo in vacanza studio in Inghilterra eravamo solite rincasare con un’enorme quantità di videocassette. E, poiché sugli aerei c’erano severissimi limiti di peso per i bagagli, la sera prima della partenza eliminavamo nella vasca da bagno tutti i resti di bagnoschiuma, shampoo e dentifricio per riuscire a portarcele a casa. L’arrivo del dvd fu una vera benedizione: tutti i film in lingua originale e con i sottotitoli… un sogno che diventava realtà! Finalmente potevo vedere Labyrinth con la vera voce di David Bowie. Feci partire il film… e dopo pochi minuti, tornai al menù e cambiai la lingua audio in “italiano”. Fu l’unica volta in tutta la mia vita in cui non riuscii a vedere un film in inglese. Non perché non capissi, per fortuna il mio inglese è sempre stato buono. Ma perchè i due protagonisti, David Bowie e Jennifer Connelly, erano davvero dei cani di attori. Inascoltabili. Lui poi aveva molte altre doti, era un cantante eccezionale, aveva un grande carisma e nel ruolo del re dei goblin Jareth era davvero affascinante e sensuale. Jennifer invece… aveva dei grandi occhioni azzurri… vorrei dire che con il tempo è migliorata (non che potesse peggiorare), ma non credo sia proprio così. In ogni caso il mio sconforto durò poco, perché nei dvd, oltre alla magia delle diverse lingue, c’era un’altra novità meravigliosa per noi cinefili: i contenuti speciali. In questo caso un piccolo documentario sulla realizzazione del film, che mostrava come venivano animati tutti i pupazzi dei goblin e come erano stati realizzati alcuni trucchi. Fu divertentissimo vedere come, nella scena in cui il re dei goblin fa roteare tra le dita delle sfere magiche, in realtà ci fosse un esperto giocoliere nascosto dietro David Bowie che faceva sbucare il suo avambraccio da sotto il suo mantello (ci vollero diversi ciak per non far cadere nemmeno una pallina). Si sa, ancora oggi, chi non può conquistare il pubblico con la recitazione, lo fa con gli effetti speciali…

Flubber – Un Professore tra le Nuvole

Titolo originale: Flubber

Regia: Les Mayfield

Anno: 1997 

Interpreti: Robin Williams, Marcia Gay Harden, Raymond Barry, Will Wheaton

Dove trovarlo: Disney Plus

Il professor Philip Brainard (Robin Williams) è un insegnante di scienze del liceo con la testa sempre tra le nuvole, così preso dai suoi calcoli e dai suoi esperimenti che già per due volte si è dimenticato di presentarsi al suo matrimonio con la bella preside Sara (Marcia Gay Harden), che però decide di dargli una terza occasione. Ma, proprio quando l’ora delle nozze è ormai vicina, il professore riesce a creare nel suo laboratorio un fluido antigravità in grado di produrre energia cinetica e far volare oggetti, persone ed automobili. Il professore dovrà ora riconquistare l’amore di Sara e allo stesso tempo difendere la propria scoperta da un uomo d’affari senza scrupoli.

Flubber (questo il nome che il professore dà alla sostanza da lui creata) è il remake del film del 1961 Un Professore tra le Nuvole, che aveva come protagonista il simpatico Fred MacMurray. Molto fedele all’originale ha come punto di forza la qualità degli effetti speciali che vengono utilizzati per umanizzare il fluido Flubber rendendolo non solo senziente (può spaventarsi e soffre il solletico, per esempio) ma addirittura esibizionista, con scene di numeri musicali un po’ troppo lunghe nonostante la colonna sonora di Danny Elfman. Altro punto di forza è naturalmente la simpatia di Robin Williams, perfettamente a suo agio nei panni del professore con la testa tra le nuvole. Molto melensa e fastidiosa invece la presenza del robot-governante innamorato del professore, mentre al contrario il robot da cucina tuttofare è una bella trovata. Per il resto il film si limita a ricalcare l’originale, salvo qualche aggiornamento doveroso (la protagonista femminile, la sempre bravissima Marcia Gay Harden, non è più la segretaria del preside ma è la preside del liceo), e riproporre le stesse gag connesse all’auto volante e alla “rimbalzosità” di Flubber. Al confronto diretto vince senza dubbio il primo film. 

Voto: 2 Muffin

Shark Invasion

Questo è un puzzle casalingo realizzato dai miei bambini. Ok, l’ho fatto io insieme ai miei bambini. Ok, l’ho fatto io per i miei bambini. Volevano un puzzle nuovo e faceva troppo caldo per uscire a comprarlo… Ora avete capito come mai qui su Cine-muffin non trovate mai disegni fatti da me ma solamente locandine oppure foto di muffin. Come potete vedere però, siccome sono ben consapevole del fatto di non essere per niente abile nel disegno, ho trasformato il puzzle in una vignetta divertente. Non è certo un’idea originale, è la lezione che abbiamo imparato dalla serie di film sugli squali assassini Sharknado: se non hai i mezzi per realizzare dei buoni effetti speciali buttala in ridere. E ha funzionato alla grande, visto che il film ha avuto ben cinque seguiti ed è diventato un cult del suo genere! C’è però chi questa lezione proprio non l’ha capita…come ad esempio Shark Invasion!

Titolo originale: Raging Shark

Anno: 2005

Regia: Danny Lerner

Interpreti: Corin Nemec, Vanessa Angel, Corbin Bernsen

Dove trovarlo: RaiPlay

Sul fondo dell’oceano, nel triangolo delle Bermuda, si trova una stazione sottomarina in cui gli scienziati studiano il comportamento degli squali, che diventano inspiegabilmente aggressivi e attaccano la struttura. Che lo strano comportamento degli squali abbia a che fare con lo strano UFO precipitato in mare?

Innanzitutto mi sono chiesta come mai i titolisti italiani avessero sentito il bisogno di cambiare il titolo del film da Raging Sharks a Shark Invasion, poi mi sono resa conto che in effetti Squali Arrabbiati forse non sarebbe stata una buona scelta… Questo film è in sostanza un compendio di tutte le cose brutte che siamo abituati a vedere nei film del genere “animali assassini”, ma il suo difetto più grosso è appunto quello di cercare di prendersi sul serio, quando solamente una bella glassatura ironica poteva, forse, salvarlo. Segue elenco di tutte le cose brutte del film, che dovrebbe scoraggiare una parte dei possibili spettatori ma incoraggiare invece quelli che, nei film di creature ammazza-uomini, cercano proprio questo. La trama è inverosimile e tira in ballo perfino un materiale sconosciuto proveniente dallo spazio profondo (che naturalmente è di color arancio fluo) che può determinare il comportamento degli squali del nostro pianeta. I personaggi sono superficiali e stereotipati, mentre gli attori che li interpretano sembrano appena arrivati dal set di un film per adulti (quanto trucco serve indossare per lavorare in una stazione sottomarina?) da quanto recitano male. Gli effetti speciali sono al livello di quelli degli sketch di Paperissima di Lorella Cuccarini e Marco Columbro, e quando c’è da mostrare uno squalo o un sottomarino vengono utilizzati a ripetizione sempre gli stessi fotogrammi di repertorio. Gli eventi si evolvono senza avere mai alcuna motivazione scientifica, logica o psicologica: in pratica capitano cose a caso tra un morto e l’altro. Gli squali, forse inconsapevoli di possedere un muso estremamente sensibile, tentano ripetutamente di distruggere la stazione a nasate. Forse è per questo che sono arrabbiati, ed essendo arrabbiati naturalmente ruggiscono (!). L’unica persona che ci ha messo un po’ d’impegno è stato il responsabile del casting, che non so in quale modo è riuscito a coinvolgere in questo pasticcio Corbin Bernsen, che è un attore talentuoso ma soprattutto simpaticissimo. Tuttavia, poiché come ho detto all’inizio questo film è al 100% privo di autoironia, non ha saputo sfruttare per niente la sua presenza, e anzi gli ha affidato il ruolo davvero ingrato del comandante del sottomarino militare che giunge sul posto per le operazioni di salvataggio senza portare nemmeno un salvagente ma solo tanti missili; dunque il comandante si parcheggia nelle vicinanze e inizia a prendere ordini da chiunque, davvero chiunque, dal sedicente ispettore della sicurezza agli scienziati che lavoravano da anni zitti zitti in una struttura non a norma. Pronti a giocare a indovinare chi muore per primo? Sì, ma se non indovini… Non t’arrabbiare!

Voto: 1 Muffin

K – Stephen King of Kings

Ho un rapporto davvero strano con lo scrittore americano Stephen King. Forse tutto deriva dal fatto che il suo nome è ridondante: infatti in greco “stephanos” è “colui che porta la corona, mentre in inglese “king” significa “re”… Insomma, è l’uomo che volle farsi re re. 

Come tutti ho visto moltissimi film tratti dalle sue opere, e in generale mi sono piaciuti. Mi è piaciuto molto Il Miglio Verde. Trovo che Misery non deve morire sia un vero capolavoro (e con due protagonisti come Kathy Bates e James Caan come poteva essere diversamente?). It, nonostante la presenza di Tim Curry, non mi ha detto proprio niente (non ho visto la nuova versione però). Ho trovato Cujo un passabile film del genere “animali assassini” che tanto amo. Christine un thriller simpatico con alla base un’idea non nuova ma declinata con originalità (una ragazza gelosa incarnata in un’automobile). Mi piace molto anche The Mist, che ha avuto invece critiche molto negative: al contrario io lo trovo angosciante e inquietante al punto giusto e credo che l’idea che, in caso di situazioni estreme, gli uomini diventino fanatici religiosi e spietati assassini nel giro di pochissimo tempo sia piuttosto realistica. Fin qui ho citato solamente film che ho visto senza leggere il romanzo o il racconto di King su cui sono basati. Vorrei ora parlare invece del libro The Dome, che ho letto e che si sviluppa in modo simile a The Mist: in una situazione estrema (anziché la nebbia popolata di mostri assassini qui è una gigantesca cupola che separa un piccolo paese americano dal resto del mondo) gli esseri umani impiegano pochissimo tempo a divenire eroi se prima erano brave persone oppure spietati assassini se prima erano di dubbia moralità. Anche se si volesse accettare questa resa dicotomica dei caratteri dei protagonisti, la premessa soprannaturale della storia a mio parere doveva restare un mistero: quando l’autore cerca di spiegarla diventa una cosa ridicola e grottesca (e mi domando come sia stato possibile renderla nella serie tv, che non ho visto). E poi, c’è Shining. Shining è senza dubbio il mio film preferito di Kubrick, l’ho visto tantissime volte e ogni volta mi fa paura, lo conosco a memoria e ne amo ogni dettaglio. Ma so che a Stephen King non piaceva perché non era fedele al suo romanzo. Dunque lessi il romanzo con grandissime aspettative e ne rimasi davvero delusa: non era nemmeno lontanamente bello come il film! Certo chiariva molte cose che nel film erano mostrate senza spiegazioni (come gli uomini con maschere da animali o la vecchia nella vasca da bagno), ma non era spaventoso, non aveva suspense e alcune trovate erano perfino ridicole (come le siepi a forma di animali che si animavano). Per chiudere il cerchio vidi anche la versione cinematografica di Shining che King aveva curato personalmente: un vero disastro! Per un film che dovrebbe essere un thriller annoiare o anche far ridere lo spettatore non può che ritenersi una sconfitta… Dunque il successo planetario di Stephen King rimaneva per me un mistero. Ma allora, se non mi sono mai innamorata né dei libri nè dei film, come mai continuo a “sentire” Stephen King? So che deve sembrare una scemenza, ma mi capita molto spesso di associare alle cose che vedo o ai luoghi in cui mi trovo delle sensazioni che ricollego alle atmosfere di King. Capita soprattutto quando sono in montagna, cioè in un ambiente piuttosto simile a quello in cui King vive e ambienta molte delle suo opere: il Maine, con i suoi piccoli paesi spettrali e i suoi fitti boschi nebbiosi. Non è lo stesso Maine solare e bucolico della Signora in Giallo (che stranamente è un’altra parte importantissima della mia formazione personale), questo è certo. Quando mi trovo in montagna, mentre tutti intorno a me si rilassano e si godono la quiete e la natura, io penso a come siano spettrali i paesini, a come siano inquietanti le giornate nebbiose e a cosa si potrebbe nascondere tra gli alberi o sotto le rocce. Sto ancora cercando di risolvere questo mistero, di capire che cosa mi leghi davvero a Stephen King, se amore o odio, se ammirazione o delusione, se curiosità o invidia. Forse ho solamente letto i libri sbagliati, il che è plausibile, data la vastità della sua bibliografia. Ho appena finito di leggere On Writing – A Memoir of the Craft, il suo saggio parte autobiografia parte manuale di istruzioni per scrittori esordienti, che mi è stato consigliato per diverse ragioni da diverse persone nel corso degli anni. Mi sono finalmente decisa a leggerlo nella speranza che potessero essere le parole stesse dell’autore a svelarmi l’arcano: e forse è stato così. Nell’ultima pagina infatti King conclude così (traduzione mia): “La parte migliore di questo libro è un permesso: tu puoi, tu dovresti, e se sei abbastanza coraggioso da iniziare, tu ce la farai [a diventare uno scrittore]”. Perciò poco importa se spesso non ho capito o non ho apprezzato le sue opere (la mia promessa di recupararne altre resta comunque valida): King si è rivelato un buon mentore per la sua grande consapevolezza di scrittore. Lui sa, perchè così è stato anche per lui, che l’aspirante scrittore deve prima di tutto dare a se stesso (e non cercare di ottenere dagli altri) il permesso di considerarsi uno scrittore. King basa queste riflessioni sulla sua esperienza di autore di racconti e romanzi, ma mi piace pensare che si possano estendere anche a chi ha deciso di riversare la sua energia creativa in un blog, magari un blog sul cinema….

Un Professore tra le Nuvole

Titolo originale: The Absent Minded Professor

Regia: Robert Stevenson

Anno: 1961

Interpreti: Fred MacMurray, Nancy Olson, Keenan Wynn, 

Dove trovarlo: Disney Plus

Ned Brainard (Fred MacMurray) insegna scienze al liceo e sta per sposare finalmente la bellissima segretaria del preside Betsy (Nancy Olson), di cui è molto innamorato ma che ha già lasciato sola all’altare per ben due volte perché troppo distratto dai suoi studi ed esperimenti. Anche il giorno delle nozze, naturalmente, Ned si trova nel suo laboratorio dove ha un’intuizione geniale seguita da una forte esplosione. Quando si riprende è ormai troppo tardi per le nozze ma si rende conto di aver scoperto un fluido, cui dà il nome “Flubber”, che ha l’incredibile proprietà di produrre energia. Ora però dovrà riconquistare la sua fidanzata e proteggere Flubber dalle mire del magnate senza scrupoli Alonzo Hawk (Keenan Wynn).

Tratto dal racconto di Samuel W. Taylor A Situation of Gravity (il titolo si riferisce alla capacità di Flubber di far volare gli oggetti, come ad esempio le automobili), Un Professore tra le Nuvole è il tipico film disneyano per famiglie che, con un esperto regista Disney come Robert Stevenson (suoi Mary Poppins e Pomi d’Ottone e Manici di Scopa, tra gli altri) al volante riesce a divertire grandi e piccini. La capacità “rimbalzosa” di Flubber offre la maggior parte degli spunti comici, ma sono divertentissime le scene con gli ufficiali dell’esercito che cercano di impossessarsi del fluido miracoloso. Alla fine, naturalmente, l’amore e la bontà trionfano e i cattivi vengono puniti; nei panni dello spietato Alonzo Hawk un magistrale Keenan Wynn, il cui personaggio tornerà anche nel divertentissimo Un Maggiolino sempre più Matto, ancora diretto da Stevenson.

Ineccepibili tutti i personaggi secondari, compreso il fedele aiutante canino, dalla governante ai poliziotti, che accompagnano un ottimo Fred MacMurray, ingenuo e divertente. Il film ha avuto un seguito, Professore a tutto Gas, nel 1963 (che purtroppo non è disponibile su Disney Plus) e un remake nel 1997, Flubber, con Robin Williams nel ruolo del professore. 

Voto: 3 Muffin

Moonlight

Titolo originale: Moonlight

Regia: Barry Jenkins

Anno: 2016

Interpreti: Mahershala Ali, Naomie Harris, Alex Hibbert, Ashton Sanders, Trevante Rhodes

Dove trovarlo: RaiPlay (ancora per 4 giorni)

Moonlight è una storia di formazione che ha come protagonista Chiron, un ragazzo di colore che cresce a Miami tra mille difficoltà: la madre con problemi di droga, il padre assente, il bullismo dei compagni di scuola. 

Il film di Barry Jenkins è entrato nella storia del cinema, è vero, ma non come avrebbe meritato. Infatti sarà sempre ricordato dai più come “il film che hanno scambiato con La La Land agli Oscar”. Alla cerimonia degli Academy Awards del 2017 infatti i conduttori Warren Beatty e Faye Dunaway ricevettero la busta sbagliata e proclamarono erroneamente il film di Damien Chazelle La La Land vincitore del premio più prestigioso, quello come miglior film. Lo sbaglio tuttavia venne immediatamente chiarito e, nella confusione generale, venne annunciato il vero vincitore: Moonlight di Barry Jenkins. Sarebbe davvero riduttivo però per questo bel film passare alla storia (del cinema, ma non solo) unicamente per questo qui pro quo. Moonlight, prodotto dalla Plan B di Brad Pitt, ha infatti molti meriti, oltre a quello di aver vinto l’Oscar come miglior film: si è aggiudicato altre due statuette, come miglior sceneggiatura non originale (è tratto infatti dall’opera teatrale di Tarell Alvin McCraney In Moonlight Black Boys look Blue) e miglior attore non protagonista per Mahershala Ali (il CottonMouth della serie Marvel Luke Cage), che è il primo attore di religione musulmana ad ottenere questo riconoscimento. E come se non bastasse, Moonlight è il primo film a tematica LGBT e anche il primo film con un cast interamente composto da afroamericani ad ottenere il premio Oscar come miglior film. Sembra di essere finiti nella serie Netflix Hollywood, in cui tutti quelli che davvero se lo meritano, indipendentemente dalla religione, l’età o il colore della pelle, vengono premiati dall’Academy? Non proprio, ma potrebbe essere un buon inizio. Moonlight ha meritato i riconoscimenti non solamente per i suoi intenti, ma anche per la realizzazione, perché il risultato è un film davvero ben fatto, anche se probabilmente non per tutti vista la moltitudine di tematiche difficili che affronta: solitudine, droga, bullismo, razzismo, scoperta dell’identità sessuale, crimine, crescita. Il protagonista del film si chiama Chiron e viene interpretato da tre attori, tutti di grande bravura e di età diverse per mostrare il suo percorso di formazione: Alex Hibbert è Chiron da bambino, Ashton Sanders da adolescente e Trevante Rhodes da adulto. Il film è dunque nettamente suddiviso in tre parti che però raccontano linearmente lo sviluppo fisico ed emotivo di Chiron. L’incipit del film è appesantito dalla scelta del regista di usare le tecniche di ripresa care alla Nouvelle Vague (pochi stacchi di montaggio, inquadrature da strane angolazioni, assenza di alternanza campo/controcampo), ma questa forma rococò si stempera con l’avanzare del minutaggio, quando lo spettatore viene poco a poco catturato dalle vicende di Chiron e si abitua al linguaggio usato per raccontarle. Grande catalizzatore dell’attenzione e dell’empatia, prima ancora del protagonista che all’inizio del film parla ed agisce poco, è lo spacciatore interpretato da Mahershala Ali che diventa per Chiron una figura paterna, tanto che il bambino finirà per seguirne le orme nel tentativo di guadagnare denaro e rispetto. Quella periferia di Miami che il cinema e la tv hanno spesso raccontato in tutta la sua crudezza e violenza viene qui mostrata in modo sincero ma mai iperrealistico, e fa da sfondo al tentativo del giovane protagonista di crescere e sopravvivere tra mille difficoltà e senza aiuto per trovare se stesso prima ancora che il suo posto nel mondo. A questo proposito il film non ha la supponenza di dare risposte, ma si limita ad offrire allo spettatore una storia credibile e coinvolgente per invitarlo a riflettere sui suoi molti aspetti. RaiPlay rende disponibile Moonlight solo per pochi giorni, ma speriamo sia solamente una finta per invogliare gli spettatori a vederlo, perchè è un film troppo bello e necessario per essere ricordato solamente così: “Alla fine aveva vinto La La L’Altro”.

Voto: 4 Muffin