Diamanti

Anno: 2024

Regia: Ferzan Ozpetek

Interpreti: Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Geppi Cucciari, Mara Venier, Stefano Accorsi, Paola Minaccioni, Aurora Giovinazzo, Milena Vukotic, Elena Sofia Ricci, Kasia Smutniak

La scena d’apertura del film mostra lo stesso regista, Ferzan Ozpetek, che ha riunito per un pranzo conviviale un gran numero di attrici italiane di ogni età per parlare del film che ha intenzione di girare insieme a tutte loro. Entriamo poi nel vivo del film stesso, ambientato in un prestigioso atelier romano negli anni ‘70 fondato e gestito da due sorelle, Alberta (Luisa Ranieri) e Gabriella (Jasmine Trinca) dal carattere molto diverso ma molto legate e affezionate al lavoro. Nell’atelier lavorano moltissime donne e ragazze, ciascuna con il suo ruolo e ciascuna con i propri problemi personali, che però devono essere messi da parte per realizzare i costumi dei film, che sono la specialità della casa di moda. Moltissime saranno le sfide collettive e per i singoli personaggi femminili, ma tutte verranno affrontate con grande determinazione, coraggio e soprattutto collaborazione, tra premi Oscar capricciosi, mariti violenti e registi prepotenti.

In questo periodo in cui di “donne” si sente parlare sempre, comunque e ovunque, dai tg al cinema, dei loro diritti, delle loro lotte, dei soprusi e della violenza fisica a non solo che hanno subìto nei secoli, il regista Ferzan Ozpetek non si tira indietro ma decide di lasciare da parte i toni polemici e denunciatori facendo a tutte le donne un meraviglioso regalo: Diamanti. Il film è una poesia d’amore per la donna, di ogni età, con ogni passato alle spalle, con ogni fragilità e debolezza, con abilità, talento e capacità. Ozpetek riunisce uno straordinario cast femminile tutto italiano e riesce a sfruttare appieno l’immenso potenziale di ciascuna attrice, esaltandone le caratteristiche e assegnando con sapienza i ruoli da interpretare, di modo che anche le stelle della tv (una sorprendente e bravissima Mara Venier o una esilarante Geppi Cucciari) o della radio (Paola Minaccioni, celebre per i personaggi e le imitazioni del Ruggito del Coniglio ma qui in un ruolo drammatico) possano rifulgere accanto alle attrici di cinema, siano queste giovani (Kasia Smutniak), giovanissime (Aurora Giovinazzo), esperte (Jasmine Trinca, Luisa Ranieri) o veterane (Milena Vukotic). “Da sole siamo niente, ma insieme siamo tutto” è una delle molte frasi da incorniciare in questo film corale che diverte molto e commuove molto nel raccontare le vite, mai perfette, di queste donne lavoratrici talentuose e coraggiose, che pur essendo molto diverse tra loro affrontano unite le piccole e grandi difficoltà di ogni giorno, senza bisogno di grandi discorsi o di retorica: semplicemente loro sono lì l’una per l’altra e tutte per la squadra, cioè l’atelier di moda. L’ambientazione scelta permette di mostrare alcuni dietro le quinte della realizzazione dei film nel nostro paese, oltre che una serie di costumi mozzafiato, il cui processo di realizzazione viene mostrato in tutte le sue sfaccettature. Il dettaglio che ho apprezzato molto è stata l’idea del regista di origine turca di inserire nella narrazione dei personaggi maschili secondari avvenenti che le donne dell’atelier trattano come oggetti dando loro ordini e comandi, senza cattiveria ma con grande schiettezza: se per decenni abbiamo visto al cinema uomini sbavare dietro a segretarie in minigonna e vicine di casa procaci, perchè un gruppo di donne lavoratrici non può godersi la presenza di un bel ragazzo, garzone del pasticcere o attore di belle speranze, e magari chiedergli di cantare e ballare per una pausa rilassante e rinvigorente dal duro lavoro della sartoria?

Il film è un sincero omaggio di Ozpetek a tutte quelle donne, attrici ma non solo, senza le quali i suoi film non sarebbero mai stati realizzati; e sarebbe stata una perdita per tutti noi.

Consiglio questo film a chi ama le donne, ne apprezza lo spirito e il talento e ama divertirsi insieme a loro. Preparatevi e ridere ma anche a piangere un pochino. Splendida anche la canzone Diamanti cantata da Giorgia che accompagna i titoli di coda: giuro che è stata la prima in vita mia volta in cui al riaccendersi delle luci nessuno in sala si è mosso fino alla fine dello scorrere dei nome degli interpreti!

Voto: 4 Muffin

50 km all’ora

Regia: Fabio De Luigi

Anno: 2024

Interpreti: Fabio De Luigi, Stefano Accorsi, Alessandro Haber, Marina Massironi, Paolo Cevoli

Dove trovarlo: Prime Video

Quando il padre Corrado (Alessandro Haber) muore, i fratelli Rocco (Fabio De Luigi) e Guido (Stefano Accorsi) si ritrovano dopo 30 anni in occasione del funerale. E’ chiaro fin da subito che i vecchi rancori familiari non sono sopiti: Rocco è colpevole di aver rivelato al padre il tradimento della madre, mentre Guido se n’è andato da casa giovanissimo per far carriera lasciando il fratello solo ad occuparsi del burbero e rancoroso padre. Eppure, dopo poco, l’affetto fraterno prevale, e i due decidono di portare insieme le ceneri del padre sulla tomba della madre, come lui aveva chiesto prima di morire. Il mezzo prescelto per il viaggio dalla Lombardia alla Romagna? I due motorini costruiti per loro proprio dal padre! L’avventura ha inizio…

Conoscendo il regista (lo stesso Fabio De Luigi), i nomi coinvolti e la trama, mi sono approcciata al film in cerca di una visione senza pretese di originalità ma simpatica e non impegnativa. Ma se avevo ragione da una parte, avevo torto dall’altra. L’assunto di partenza del film è molto banale e abusato: due persone tra loro diversissime per carattere e senso morale si (ri)avvicinano grazie ad un viaggio fatto insieme, come abbiamo visto accadere in decine di road movie. Ero prontissima ad accettare questa premessa, nella speranza di trovare qualche scena divertente, e soprattutto delle dinamiche interessanti tra due personaggi che, sulla carta, sono l’uno l’opposto dell’altro. In realtà il film non è mai divertente, ma proprio mai, in nessun caso, né nei dialoghi nè nelle situazioni nè negli incontri lungo il percorso. E, considerando che si tratta di un film diretto e interpretato da un attore comico, questo mi sembra un difetto importante. Perfino Paolo Cevoli, nel ruolo potenzialmente esilarante di sacerdote che celebra il funerale di un noto egoista burbero e misantropo, resta una macchietta sprecata. In secondo luogo, tutte le azioni e le scelte dei personaggi sono piegate al servizio di una trama che, come già detto, è banale e monodirezionale, a discapito della credibilità e incisività dei personaggi stessi. Rocco dovrebbe essere il figlio timido, introverso, timoroso, che non ha mai trovato il coraggio di allontanarsi dal padre e di correre rischi: eppure gli basta un attimo per mollare tutto e partire, sedurre una completa sconosciuta, partecipare a festini notturni, fare uso di droghe non identificate e altro ancora. Viceversa Guido dovrebbe essere il figlio superficiale, egoista ed egocentrico, ma gli bastano due parole per partire in missione per conto del padre che odiava, mollare il lavoro su due piedi e mettere in discussione tutte le sue scelte di vita. Questo rende molto meno percepibili i conflitti e molto meno interessante l’evoluzione dei personaggi, che anche in un film volutamente leggero ci deve essere. Tutte le situazioni che i due fratelli si trovano davanti sono forzate e poco credibili, così come lo è il loro comportamento: questo rende impossibile giudicare le loro interpretazioni, visto che i personaggi sono inconsistenti e incoerenti (al massimo posso congratularmi per la scena di ballo coreografato). Il film è un vero disastro dal punto di vista della scrittura sotto ogni punto di vista. Dopo un po’ ho capito che il titolo 50 km all’ora non si riferisce solo ai motorini scassati dei due protagonisti, ma anche alla velocità di scorrimento della pellicola percepita dallo spettatore: alla fine del film ero stesa sul divano implorando pietà. Non capisco infatti perchè il film dovesse durare così tanto (1 ora e 50 minuti) quando a stento c’era materiale per un’ora e venti: infatti le scene sono eterne, soprattutto considerando che la loro funzione narrativa è ovvia, sembrano non terminare mai (penso alla festa psichedelica, ma anche al disastroso amplesso con la sedicente cavallerizza o alla partita di calcio nel parco). La parte peggiore però è quella del furto dei motorini, persi ad una scommessa: possibile che un tizio qualunque scovato in un bar possa estrarre una balestra per rincorrere i ladri? Soprattutto quando li avrebbe raggiunti comodamente a piedi? Una scena che nelle mani di Maccio Capatonda sarebbe stata un capolavoro, mentre qui è un pasticcio incomprensibile.

Non è giusto però parlare solo dei lati negativi di questo film italiano. Devo fare infatti i complimenti ad Alessandro Haber, che in pochissime battute riesce a rendersi del tutto insopportabile. Ma soprattutto mi ha sorpreso Marina Massironi, con un’interpretazione della canzone Girls just wanna have fun che non ha nulla da invidiare a quella di Madonna.

Il film non mi è piaciuto e non lo consiglio, ma non per questo voglio male a chi me l’ha consigliato: sono sempre esperienze dopotutto!

Voto: 1 Muffin ipocalorico