Il Mio Giardino Persiano

Titolo originale: Keyke mahboobe man (titolo inglese: My Favourite Cake)

Anno: 2024

Regia: Maryam Moghadam, Behtash Sanaeeha

Interpreti: Lili Farhadpour, Esmaeil Mehrabi

Mahin (Maryam Moghadam) è vedova da decenni e vive sola a Teheran dopo che i figli sono andati a vivere all’estero, trascorrendo le giornate in casa e in solitudine, per lo più prendendosi cura del suo giardino. Ma le sue amiche insistono perchè esca di casa e incontri un uomo per alleviare la sua solitudine, così Mahin, ormai settantenne, decide di provare a rimettersi in gioco.

È davvero molto difficile parlare di questo film iraniano e dei suoi significati senza svelarne il finale, ma preferisco essere criptica e concisa piuttosto che rischiare di rovinare la visione, perchè Il Mio Giardino Persiano è un film molto bello, che non annoia nemmeno per un secondo nonostante la trama sia davvero scarna e che porta il lettore a provare, empatizzando con i personaggi, una serie di stati d’animo molto diversi tra loro in rapida sequenza. Il merito della buona riuscita del film è da attribuire ai due bravissimi interpreti principali, Lili Farhadpour e Esmaeil Mehrabi, ai registi e sceneggiatori Behtash Sanaeeha e Maryam Moghadam (nella vita marito e moglie) e al direttore della fotografia Mohamad Hadadi, che riesce a rendere cangiante, vivo e parlante l’ambiente quasi unico in cui il film si svolge, cioè la casa di Mahin con il suo giardino. Quelle stesse stanze, quegli stessi oggetti di arredo e quegli stessi angoli nel giro di appena un’ora e mezza assumono significati e incarnano emozioni diversissime tra loro, portando lo spettatore su una montagna russa di emozioni e aspettative. Come ripeto non è mia intenzione rivelare nulla più dello stretto necessario, ma il film mi è piaciuto molto e ne consiglio la visione, avendo spiegato come esso contenga una vasta gamma di emozioni e stati d’animo.

Quello che posso sicuramente rivelare senza timore è l’ambientazione del film, cioè quella stessa capitale dell’Iran in cui si svolgono anche le vicende di Leggere Lolita a Teheran: una luogo in cui tutti i cittadini, ma soprattutto le donne, vivono nell’angoscia e nella paura, perchè molti dei comportamenti che in Italia sono normali e condivisi vengono invece considerati immorali, deprecabili, e possono portare anche alla prigione e talvolta alla morte. In questo contesto di oppressione sociale e personale, i registi riflettono sulla possibilità di trovare comunque la felicità e l’amore, ad ogni età, per quanto difficile possa sembrare. In alcuni casi, però, riflettere non significa fornire risposte.

Voto: 4 Muffin

L’Orchestra Stonata

Titolo originale: En Fanfare

Anno: 2024

Regia: Emmanuel Courcol

Interpreti: Benjamin Lavernhe, Pierre Lottin

Thibaux (Benjamin Lavernhe) è un affermato direttore d’orchestra che ha dedicato tutta la sua vita alla musica. Quando scopre di essere malato di leucemia e di aver bisogno di un trapianto di midollo per sopravvivere, si rivolge subito alla sorella nella speranza che sia compatibile. Scopre così che la sorella in realtà non è sua sorella, perchè è stato adottato. Rintraccia però il fratello che non sapeva di avere, anche lui andato in adozione, ma non a una famiglia benestante come la sua. Il fratello Jimmy (Pierre Lottin) infatti ha anche lui la musica nel sangue, ma ha vissuto una vita molto meno agiata (lavora come operaio in una fabbrica) e non ha avuto le stesse possibilità di Thibaux. Jimmy non ci pensa due volte e aiuta il fratello ritrovato offrendogli il suo midollo osseo per salvargli la vita; in cambio, Thibaux decide di aiutarlo con la sua piccola band di paese e la sua carriera da musicista.

Dal trailer L’Orchestra Stonata sembrava essere un film in parte comico e in parte drammatico, mentre invece non è nessuno dei due. Il trailer contiene tutte le battute e le scene del film che possono essere considerate divertenti, mentre il dramma, nonostante sulla carta sia presente, non si esplicita mai a causa del buonismo di fondo di tutti i personaggi e dei loro rapporti. Certo ci sono qui e lì delle scaramucce, ma sono tutte presto risolte per ritornare alla generale serenità e armonia che unisce tutti: familiari di sangue o acquisiti, musicisti e operai, ricchi e poveri. L’Orchestra Stonata dovrebbe mettere in scena un dramma su più livelli: personale, familiare e di classe, mostrando l’abisso che separa il ricco e sviluppato sud della Francia dall’arretrato e disagiato sud del Paese; questo abisso è mostrato ma non viene percepito come tale dallo spettatore, perchè si resta sempre in superficie e non si scava mai a fondo, né nel disagio sociale né nei sentimenti dei singoli. Il risultato è quindi un film prevedibile e noioso, interessante forse giusto per gli appassionati di musica che potrebbero apprezzare le scene in cui il direttore d’orchestra spiega come lavora o le esibizioni dei musicisti ai diversi livelli, dall’eccellenza dell’orchestra di Parigi alla goffaggine della fanfara del piccolo paese del Nord. Per me, che non sono appassionata di musica se non nella forma del musical, la visione è stata insapore e molto noiosa.

Voto: 2 Muffin

Malcolm

Titolo originale: Malcolm in the Middle

Anno: 2000 – 2006

Interpreti: Frankie Muniz, Bryan Cranston, Jane Kaczmarek, Justin Berfield, Erik Per Sullivan, Christopher Masterson

Dove trovarlo: Disney Plus

Tempo fa mi ero lamentata qui sul blog di come la serie tv Malcolm non fosse disponibile su nessuna piattaforma. Ora invece sono molto felice perchè la serie è disponibile su Disney Plus e me la sono potuta gustare tutta in lingua originale, dal primo all’ultimo episodio.

Si tratta di una sitcom, con puntate della durata di venti minuti circa, che racconta le vicissitudini di una famiglia americana moderna con pochi soldi e tanti figli dal punto di vista del figlio di mezzo (il titolo originale infatti è Malcolm in the Middle). Anche se, per essere precisi, Malcolm è il terzo figlio su quattro, all’inizio della serie, ma essendo il primogenito sventato e combinaguai Francis (Christopher Masterson) lontano da casa, malcolm è il fratello di mezzo tra il maggiore Reese (Justin Berfield), un bulletto di scarsa intelligenza, e il minore Dewey (Erik Per Sullivan), eccentrico e rassegnato ad essere poco considerato dal resto della famiglia. Malcolm, protagonista e narratore, è interpretato da Frankie Muniz, il cui faccione è molto spesso in primo o primissimo piano mentre racconta le sue tribolazioni di teenager guardando dritto in camera e rivolgendosi allo spettatore, un espediente narrativo cui oggi siamo abituati ma che all’epoca è stato una trovata molto originale. Quando ho iniziato a vedere la serie non mi aspettavo che si componesse addirittura di sette stagioni, tutte con venti o più episodi, e devo dire che non tutti sono divertenti e memorabili allo stesso modo. Vale comunque la pena resistere fino alla fine per non perdersi alcune situazioni e battute assurde ed esilaranti. La vera forza di Malcolm consiste nel talento dei due attori che interpretano i genitori: Jane Kaczmarek nei panni di Lois, la madre inflessibile e psicotica, e Bryan Cranston nei panni di Hal, padre giocherellone e smidollato. Tra i due c’è una grande alchimia ed essendo personaggi diametralmente opposti facilmente si creano situazioni paradossali e divertenti. Io trovo che in questa serie Bryan Cranston offra un’interpretazione meravigliosa e un talento comico ragguardevole, anche se poi è diventato famoso per un prodotto molto più serioso come Breaking Bad. Oltre ai protagonisti della serie,tre cui ciascuno può scegliere il suo preferito, la serie offre un lungo elenco di celebrità o future celebrità in ruoli minori o camei. Un ruolo ricorrente hanno due veterani del regista Mel Brooks come Cloris Leachman (meglio nota come Frau Blücher) che interpreta la madre di Loir e Kenneth Mars (che sempre in Frankenstein Junior ha il ruolo dell’Ispettore Kemp), mentre tra i nomi illustri che compaiono nella serie abbiamo: Emma Stone, Susan Sarandon, Hayden Panettiere, George Takei, Christopher Lloyd, Rose Abdoo, Oscar Nunez e Kurt Fuller, per citarne alcuni.

In conclusione, Malcolm è una sitcom vivace, che alterna episodi un po’ mosci a puntate esilaranti e regala in ogni caso ottime interpretazioni e un po’ di spensieratezza, che non fa mai male di questi tempi.

Diamanti

Anno: 2024

Regia: Ferzan Ozpetek

Interpreti: Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Geppi Cucciari, Mara Venier, Stefano Accorsi, Paola Minaccioni, Aurora Giovinazzo, Milena Vukotic, Elena Sofia Ricci, Kasia Smutniak

La scena d’apertura del film mostra lo stesso regista, Ferzan Ozpetek, che ha riunito per un pranzo conviviale un gran numero di attrici italiane di ogni età per parlare del film che ha intenzione di girare insieme a tutte loro. Entriamo poi nel vivo del film stesso, ambientato in un prestigioso atelier romano negli anni ‘70 fondato e gestito da due sorelle, Alberta (Luisa Ranieri) e Gabriella (Jasmine Trinca) dal carattere molto diverso ma molto legate e affezionate al lavoro. Nell’atelier lavorano moltissime donne e ragazze, ciascuna con il suo ruolo e ciascuna con i propri problemi personali, che però devono essere messi da parte per realizzare i costumi dei film, che sono la specialità della casa di moda. Moltissime saranno le sfide collettive e per i singoli personaggi femminili, ma tutte verranno affrontate con grande determinazione, coraggio e soprattutto collaborazione, tra premi Oscar capricciosi, mariti violenti e registi prepotenti.

In questo periodo in cui di “donne” si sente parlare sempre, comunque e ovunque, dai tg al cinema, dei loro diritti, delle loro lotte, dei soprusi e della violenza fisica a non solo che hanno subìto nei secoli, il regista Ferzan Ozpetek non si tira indietro ma decide di lasciare da parte i toni polemici e denunciatori facendo a tutte le donne un meraviglioso regalo: Diamanti. Il film è una poesia d’amore per la donna, di ogni età, con ogni passato alle spalle, con ogni fragilità e debolezza, con abilità, talento e capacità. Ozpetek riunisce uno straordinario cast femminile tutto italiano e riesce a sfruttare appieno l’immenso potenziale di ciascuna attrice, esaltandone le caratteristiche e assegnando con sapienza i ruoli da interpretare, di modo che anche le stelle della tv (una sorprendente e bravissima Mara Venier o una esilarante Geppi Cucciari) o della radio (Paola Minaccioni, celebre per i personaggi e le imitazioni del Ruggito del Coniglio ma qui in un ruolo drammatico) possano rifulgere accanto alle attrici di cinema, siano queste giovani (Kasia Smutniak), giovanissime (Aurora Giovinazzo), esperte (Jasmine Trinca, Luisa Ranieri) o veterane (Milena Vukotic). “Da sole siamo niente, ma insieme siamo tutto” è una delle molte frasi da incorniciare in questo film corale che diverte molto e commuove molto nel raccontare le vite, mai perfette, di queste donne lavoratrici talentuose e coraggiose, che pur essendo molto diverse tra loro affrontano unite le piccole e grandi difficoltà di ogni giorno, senza bisogno di grandi discorsi o di retorica: semplicemente loro sono lì l’una per l’altra e tutte per la squadra, cioè l’atelier di moda. L’ambientazione scelta permette di mostrare alcuni dietro le quinte della realizzazione dei film nel nostro paese, oltre che una serie di costumi mozzafiato, il cui processo di realizzazione viene mostrato in tutte le sue sfaccettature. Il dettaglio che ho apprezzato molto è stata l’idea del regista di origine turca di inserire nella narrazione dei personaggi maschili secondari avvenenti che le donne dell’atelier trattano come oggetti dando loro ordini e comandi, senza cattiveria ma con grande schiettezza: se per decenni abbiamo visto al cinema uomini sbavare dietro a segretarie in minigonna e vicine di casa procaci, perchè un gruppo di donne lavoratrici non può godersi la presenza di un bel ragazzo, garzone del pasticcere o attore di belle speranze, e magari chiedergli di cantare e ballare per una pausa rilassante e rinvigorente dal duro lavoro della sartoria?

Il film è un sincero omaggio di Ozpetek a tutte quelle donne, attrici ma non solo, senza le quali i suoi film non sarebbero mai stati realizzati; e sarebbe stata una perdita per tutti noi.

Consiglio questo film a chi ama le donne, ne apprezza lo spirito e il talento e ama divertirsi insieme a loro. Preparatevi e ridere ma anche a piangere un pochino. Splendida anche la canzone Diamanti cantata da Giorgia che accompagna i titoli di coda: giuro che è stata la prima in vita mia volta in cui al riaccendersi delle luci nessuno in sala si è mosso fino alla fine dello scorrere dei nome degli interpreti!

Voto: 4 Muffin