The Bee Sting

Quest’estate ho voluto seguire il consiglio della mamma dell’amico e collega blogger (cit.) Lucius Etruscus e leggere il libro Il Giorno dell’Ape dello scrittore irlandese Paul Murray, vincitore del premio Strega Internazionale 2025 (riconoscimento di cui ignoravo l’esistenza). Recuperata un’edizione in lingua originale mi sono tuffata nella lettura di The Bee Sting (letteralmente “La Puntura d’Ape”) senza lasciarmi spaventare dalla lunghezza (oltre 600 pagine!) perchè mamma etrusca mi aveva assicurato che sarebbe stata una lettura appassionante. E lo è stata, eccome se lo è stata!

The Bee Sting racconta un periodo della vita dei membri della famiglia Barnes: il padre Dickie, la mamma Imelda, la figlia Cassie e il figlio PJ. Ciascuno dei quattro protagonisti ha una serie di capitoli a lui dedicati, in cui racconta in prima persona i suoi problemi e la sua visione delle cose. Man mano che la narrazione procede, anche grazie a diversi flashback, ci rendiamo conto di quante difficoltà, non solo economiche, la famiglia Barnes si trovi ad affrontare, e di quanti segreti e bugie ciascuno tenga celati agli occhi degli altri, fino a giungere ad un finale teso, aperto, potenzialmente catastrofico.

Ho ammirato profondamente l’abilità narrativa di Paul Murray, che riesce a rendere anche eventi apparentemente insignificanti coinvolgenti per il lettore come lo sono per i personaggi.

La sua scelta coraggiosa di modificare lo stile e il linguaggio in base al personaggio che offre il suo punto di vista si rivela vincente grazie alla sua abilità nel padroneggiare diversi registri, diversi lessici e diverse sintassi, portando il lettore a immedesimarsi completamente in ciascun personaggio narrante.

Il modo in cui i diversi fili narrativi si intrecciano costruisce un arazzo complesso di rapporti, incomprensioni, menzogne e sentimenti sempre in divenire, credibile e coinvolgente, interessante e sorprendente.

Una volta iniziata non sono più riuscita a fermarmi, del tutto catturata dalla narrazione fluida, lo stile perfetto e la vicenda intrigante, colma non solo di eventi ma anche di spunti di riflessione potenti e universali.

Consiglio caldamente questo libro, possibilmente nella sua lingua originale per apprezzare fino in fondo la bravura di Paul Murray.

Ringrazio di cuore mamma Angela e Lucius Etruscus per avermi fatto scoprire questo gioiello della letteratura contemporanea.

KPop Demon Hunters

Anno: 2025

Regia: Chris Appelhans, Maggie Kang

Interpreti: Arden Cho, May Hong, Ji-young Yoo

Dove trovarlo: Netflix

I demoni minacciano in ogni momento il nostro mondo, portando oscurità e negatività e nutrendosi delle anime delle persone. Ma un trio di eroine, abili guerriere dalla voce potente, sono in grado di respingere le tenebre e tenere l’umanità al sicuro: sono Rumi, Mira e Zoey. Insieme sono pop star di fama mondiale, che utilizzano le loro canzoni per armonizzare i cuori e allontanare il male. Ma cosa succederebbe se una boy band di demoni, affascinanti e dalle ugole d’oro, sfidasse il loro primato per la supremazia della fama e il controllo di tutte le anime?

Per una volta, il martellante algoritmo di Netflix che propone i suoi contenuti in primo piano in modo che sia impossibile non notarli, ha fatto centro pieno.

KPop Demon Hunters è un lungometraggio d’animazione di circa 90 minuti che unisce brillantemente il classico tema orientale della lotta contro i demoni al glamour e il fascino della musica pop.

Le tre protagoniste, Rumi, Mira e Zoey, sono caratterizzate splendidamente, così come splendidamente è descritto il loro rapporto di amicizia e complicità. Le ragazze sono belle e toste, ma non hanno paura di mostrare il loro lato pigro, giocoso, infantile e sguaiato.

Certo molti elementi non sono del tutto originali, richiamano alla mente altri anime e la tradizione orientale già trasposta in manga e cartoni, ma il film è davvero bellissimo da guardare e da ascoltare in tutte le sue parti.

Ricco di contrasti resi graficamente in modo impeccabile, divertente ma anche intenso e ricco di spunti di riflessione, scorrevole e dinamico, non ha un solo momento di noia.

KPop Demon Hunters poi ha il suo punto forte nelle canzoni, che non solo sono orecchiabili ma sono le più belle canzoni pop che io abbia ascoltato negli ultimi anni. Dopo la visione vi garantisco che per diversi giorni canticchierete Soda Pop e muoverete anche le spalle a ritmo.

Pur rappresentando demoni assetati di anime, il film non è mai spaventoso o violento (nemmeno una goccia di sangue); oltre a questo, anche il suo essere visivamente e sonoramente suggestivo e la presenza di personaggi secondari adorabili pronti a diventare peluche e di scene divertenti lo rende adatto anche ai bambini sopra gli otto anni.

Non lasciatevi spaventare dal fatto che le protagoniste siano tre ragazzine adolescenti, il film è divertente e coinvolgente per tutti.

Che altro dire? Mi unisco alla moltitudine di fan che chiede a gran voce un seguito, perchè molti sono gli aspetti della storia e dei personaggi che meriterebbero un approfondimento.

Ma soprattutto, perchè non mi stancherò mai delle canzoni e dei balletti delle Huntrix!

Nel frattempo mi accontento della versione Karaoke del film, disponibile sempre su Netflix.

Voto: 4 Muffin

Interior Chinatown

Anno: 2024

Regia: Taika Waititi e altri

Dove trovarlo: Disney Plus

Il giovane Willis Wu (Jimmy O. Yang) lavora come cameriere nel ristorante cinese dello zio, il Golden Palace, e tutta la sua vita si svolge nel quartiere di Chinatown, tra vecchi genitori e vecchi amici, senza che accada mai nulla di speciale. Finchè un giorno incontra una detective della polizia che gli chiede di aiutarla in un’indagine complicata: scoprire la verità sulla morte di Johnny (Chris Pang), fratello di Willis, misteriosamente scomparso dodici anni prima.

Cosa fare quando ci si imbatte in Taika Waititi? Il regista che ci ha regalato capolavori (Jojo Rabbit), film divertenti (Thor – Ragnarok, Chi Segna Vince) e scempiaggini senza appello (Thor – Love and Thunder)? La serie Interior Chinatown non è ascrivibile a nessuna di queste categorie, anche perchè è molto disomogenea: parte con una paio di puntate (di cui la prima diretta dallo stesso Waititi) simpatiche, che divertono e incuriosiscono, ma prosegue deragliando verso una svolta complottistica e un finale aperto in cui nessuno dei molti (troppi) spunti viene chiarito o portato a compimento. Troppe idee e molto confuse fagocitano anche le trovate più riuscite (come l’esilarante “cameriere cattivo”) in un guazzabuglio di kung fu, spionaggio, crime, metafiction e tanto altro senza capo né coda.

Non è nociva né tossica, e sinceramente non so se, con premesse così variegate e confuse, avesse qualche possibilità di riuscire bene, ma di sicuro la visione non lascia soddisfatti.

Mi auguro che il finale aperto non preluda a una nuova stagione: archivierei questo esperimento narrativo con un “meh” e andrei avanti.

Asterix e Obelix: Il Duello dei Capi

Titolo originale: Astérix & Obélix : Le Combat des Chefs

Anno: 2025

Regia: Alain Chabat

Dove trovarlo: Netflix

L’impero romano guidato da Giulio Cesare ormai controlla tutta la Gallia. Tutta? Non proprio. Rimane infatti un villaggio di irriducibili che non si lasciano sottomettere dalle truppe romane. Non riuscendo ad avere ragione dei Galli con la forza, i romani decidono di usare l’astuzia e appellarsi all’antica usanza gallica del Duello dei Capi, in cui due capi villaggio si affrontano in un combattimento fisico e il vincitore ottiene la sovranità su entrambi i popoli. Nessuna paura per i nostri eroi, che sanno di poter contare sulla pozione magica preparata dal loro saggio druido Panoramix, che dona forza sovrumana a chiunque la beva… E se invece il druido fosse fuori combattimento (oltre che fuori di testa) a causa di un colpo di menhir?

Erano molti anni che non mi divertivo così tanto con un’opera d’animazione tratto dai meravigliosi fumetti di René Goscinny e Albert Uderzo, direi dalla visione durante l’infanzia dell’insuperato Le Dodici Fatiche di Asterix (1976). La moda del momento e le politiche di Netflix, che produce, hanno imposto che Asterix e Obelix: La Guerra dei Capi fosse una miniserie di 5 brevissime puntate anziché un lungometraggio, ma questo non toglie il fatto che la serie sia ricca di ironia, battute esilaranti e trovate divertenti e fresche. Inoltre, per chi come me è cresciuto tra le pagine dei fumetti e i film che ne sono stati tratti, tornare in quel piccolo villaggio gallico è sempre un po’ come tornare a casa.

Adatto a tutti, grandi e piccini, che conoscano bene il mondo di Asterix o che ci si approccino per la prima volta.

Mi raccomando, seguite sempre la catena del tiepido!

La Strada Altrove

Oggi, 28 agosto, il fotografo, critico cinematografico e blogger Alessio Trerotoli presenterà a Monopoli il suo libro La Strada Altrove.

Seguo il blog di Alessio da alcuni anni e vi ho sempre trovato recensioni interessanti, articoli originali, liste da annotare e, soprattutto, un confronto onesto, amichevole, sincero e produttivo con questo giornalista e artista così in gamba eppure così modesto e alla mano.

Vi consiglio quindi il suo blog, Una Vita da Cinefilo, i suoi profili social, dove potrete ammirare le sue splendide fotografie e conoscere i suoi diversi progetti, e ovviamente il suo esordio letterario La Strada Altrove.

Nel libro troverete un racconto di viaggi, da Parigi, al Sud America, a Roma, che rappresentano la ricerca di se stessi, della propria identità e del proprio posto nel mondo.

La scrittura è accattivante, scorrevole, e gli episodi raccontati ricchi di emozioni diverse, dalla malinconia alla gioia, dalla frustrazione alla soddisfazione; un romanzo di formazione delicato, ironico e profondo, ci di certo vi piacerà.

Alessio però non si è limitato a scrivere la sua storia: ha offerto al lettore un’esperienza davvero immersiva, accompagnando le parole con le immagini delle fotografie da lui scattate durante i suoi viaggi (e vi consiglio di vederle tutte, alcune sono davvero da incorniciare e tenere in salotto) e delle canzoni che lo hanno accompagnato nel suo pellegrinaggio.

Moltissimi sono naturalmente anche i riferimenti cinematografici, e non poteva essere altrimenti: una cornucopia di contenuti da fruire, insomma, per chi lo desiderasse.

Buona fortuna Alessio!

La mia Vita da Zucchina

Titolo originale: Ma vie de Courgette

Anno: 2016

Regia: Claude Barras

Dove trovarlo: Prime Video

Il piccolo Icare vive con la madre alcolizzata. Un giorno, a causa di un tragico incidente causato proprio da Icare, la madre perde la vita, e il bambino viene accolto in un orfanotrofio, dove imparerà a conoscere bambini e bambine con diversi problemi e traumi pregressi ma capaci di grande affetto e amicizia.

Il titolo bizzarro di questo piccolo film d’animazione è presto spiegato: il piccolo Icare preferisce essere chiamato da tutti “Zucchina” (in originale “Courgette”), che è il nomignolo datogli dalla madre.

La mia Vita da Zucchina è interessante per diversi aspetti.

In primo luogo è un film indipendente, realizzato da un regista svizzero, Claude Barras, al suo esordio nell’animazione; poi è realizzato in stop motion, una tecnica di animazione molto complessa che comporta una lunga lavorazione e grandi abilità tecniche, perchè prevede la realizzazione di modellini che vengono posizionati manualmente per ogni inquadratura. La squadra di nove animatori riusciva a girare a passo uno non più di 30 secondi di film al giorno!

Tuttavia gli sforzi hanno pagato, perchè visivamente il film è di grande impatto, freschezza e originalità.

Basato sul romanzo Autobiografia di una zucchina di Gilles Paris, il film racconta una storia molto semplice con uno sviluppo lineare e un ristretto numero di personaggi; la forza del film si trova nell’abilità di restituire gli stati d’animo, i pensieri e le paure dei bambini. Nei dialoghi, nei comportamenti, nei gesti, l’infanzia che ha subìto grossi traumi ma ha ancora una gran voglia di vivere e amare è rappresentata in modo convincente, commovente e tenerissimo.

Delicato ma realistico, divertente e commovente, La mia Vita da Zucchina è un film adatto a tutti, perchè anche i temi più delicati (come gli abusi subiti da una delle bambine) vengono trattati con tutta l’innocenza e l’empatia di cui i bambini sono capaci.

Consigliatissimo (lo trovate su Prime Video incluso nell’abbonamento) a tutti, una boccata d’aria fresca come l’aria delle montagne svizzere.

Voto: 4 Muffin

Con l’occasione avviso che per le prossime due settimane sarò in vacanza, quindi potrei non rispondere ai commenti o non essere attivamente presente sugli altri blog; ma una pausa serve anche a una Madame!

Mr. Monk’s Last Case: A Monk Movie

Original title: Mr. Monk’s Last Case

Anno: 2023

Regia: Randy Zisk

Interpreti: Tony Shalhoub, Traylor Howard, Jason Gray-Stanford, Ted Levine, Melora Hardin, Hector Elizondo, James Purefoy, Caitlin McGee, Austin Scott

Dove trovarlo: Netflix

La pandemia di Covid 19 ha reso Adrian Monk (Tony Shalhoub) ancora più introverso e depresso del solito, tanto da smettere di lavorare come detective e meditare segretamente il suicidio pe rpotersi finalmente ricongiungere alla moglie Trudy (Melora Hardin). A distoglierlo dai suoi piani sarà la morte di Griffin (Austin Scott), fidanzato di Molly, la figlia di Trudy, a pochi giorni dalle nozze. Quello che inizialmente sembra un tragico incidente si rivela ben presto essere un omicidio, su cui il Signor Monk non può on indagare.

Operazione di pura nostalgia canaglia, senza dubbio. Eppure, chi come me ha adorato la serie Monk, andata in onda per 8 stagione dal 2002 al 2009, ritroverà con piacere tutti i personaggi principali: il capitano di polizia Stottlemeyer (Ted Levine) divenuto guardia di sicurezza privata; il tenente di polizia Randy Disher (Jason Gray-Stanford) divenuto sceriffo e sposato con Sharona, ex assistente di Monk; Natalie Teeger (Traylor Howard) ex assistente e amica di Monk; il Dottor Bell (Hector Elizondo) storico psichiatra di Adrian; Trudy (Melora Hardin) che spesso appare a Monk in sogno o come allucinazione. E naturalmente lui, Adrian Monk, il detective privato geniale ma pieno di fobie e manie di vario genere (germi, altezza, uccelli, disordine, spazi angusti, serpenti, l’elenco è lunghissimo) che per tante puntate ci ha divertito e stupito per la sua sagacia. Il film non ha un caso particolarmente interessante o misterioso da risolvere, ma offre comunque alcune scene divertenti, momenti di tenerezza e di commozione e una buona conclusione.

Vedere Mr. Monk’s Last Case ha senso solamente per chi conosce bene la serie e i suoi personaggi e desidera vivere un’ultima avventura con il detective più strambo e geniale di San Francisco.

Voto: 3 Muffin

Il Lato Positivo

Titolo Originale: Silver Linings Playbook

Regia: David O’Russell

Interpreti: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Jacki Weaver, Julia Stiles, Chris Tucker

Dove trovarlo: Prime Video

Pat (Bradley Cooper) dopo essere stato dimesso dall’istituto per malattie mentali tenta di riprendersi la propria vita, il proprio lavoro e soprattutto la sua ex moglie. L’incontro con Tiffany (Jennifer Lawrence), una ragazza bellissima ma emotivamente molto instabile, rende le cose più complicate del previsto.

Ero davvero convinta che Il Lato Positivo fosse un film drammatico, che raccontasse  problematiche legate alla malattia mentale e la difficoltà per chi ne è affetto nello stringere relazioni umane. Come mi sbagliavo…

All’inizio sembrava davvero il racconto realistico e intenso delle difficoltà incontrate da un uomo che ha avuto un collasso emotivo e deve rimettere insieme i cocci della propria vita. 

Ma non c’è voluto molto perché il film prendesse tutta un’altra piega, diventando una marmellata appiccicaticcia di storia d’amore banale e insulsa, condita con personaggi secondari imbarazzanti e avvenimenti che non stanno nè in cielo nè in terra.

So che il film è l’adattamento del libro L’Orlo Argenteo delle Nuvole di Matthew Quick, ma non avendolo letto non posso né incolpare né assolvere lo scrittore per questo disastro cinematografico; posso invece dare la colpa al regista, David O’Russell, che nonostante avesse in mano un gran cast non ne ha fatta una giusta. Non voglio bollarlo in maniera definitiva, di diretto da lui posso parlare solamente di Three Kings, l’unico film con George Clooney di cui non sono riuscita ad arrivare alla fine. E ho detto tutto.

Credo che Bradley Cooper sia un attore di grande talento, ma questo personaggio così poco coerente non gli dà certo la possibilità di esprimersi.

Anche la splendida e brava Jennifer Lawrence non può far nulla, imprigionata in un interesse sentimentale quadrato e prevedibile.

Robert De Niro poi sembra una caricatura per quanto il suo personaggio è forzato e le sue battute ripetitive: a tratti, nelle scene in cui si parla di scommesse sportive, sembra di assistere a un delirio improvvisato senza costrutto. E l’arrivo di Chris Tucker, nel ruolo di un amico rilasciato anche lui dallo stesso istituto per malattie mentali, non fa che peggiorare le cose già malmesse.

Per un attimo si spera nel rapporto conflittuale col fratello, migliore di Pat in ogni cosa e portato a vantarsene, ma non è che una bolla di sapone.

La scena poi della gara di ballo, cui assistono amici, parenti, lo psichiatra, i vicini di casa e la ex moglie, è davvero grottesca e imbarazzante.

Il finale, intuibile già dal minuto due, non merita nemmeno che ci spenda parole.

Un’enorme delusione. Non c’è proprio nessun lato positivo in questo film, non saprei dare una buona ragione per guardarlo, se non forse l’avvenenza di Jennifer Lawrence.

E a pensarci bene credo che sia anche irrispettoso nei confronti di chi soffre davvero di malattie mentali o condizioni psicologiche particolari e a causa di queste non riesce a integrarsi nella società e a stabilire relazioni affettive stabili: ma come, basta perdere qualche chilo e passare di là perchè la bellissima vicina di casa perda la testa per te e l’amore trionfi, perchè farne tanti drammi? Mi sembra che questo film sminuisca problemi che invece sono enormi e difficilissimi da gestire, per il singolo e per la società, e che meriterebbero si essere trattati con più sensibilità e rispetto.

Voto: 1 Muffin ipocalorico

The Old Guard 2

Regia: Victoria Mahoney

Interpreti: Charlize Theron, Kiki Layne, Matthias Schoenaerts, Luca Marinelli, Marwen Kenzari, Veronica Ngo, Henry Golding, Uma Thurman, Chiwetel Ejiofor

Dove trovarlo: Netflix

L’ex immortale Andromaca (Charlize Theron) scopre che in giro c’è un’altra immortale, ancora più vecchia di lei, estremamente potente e con cattive intenzioni.

Avete presente come sono i bambini quando non hanno voglia di fare i compiti e cercano di tirarla in lungo per far arrivare l’ora della merenda? Prima cade la matita, poi devono andare in bagno, fanno la punta alla matita e intanto cade la gomma, poi hanno sete, eccetera eccetera. 

Ecco, The Old Guard 2 è esattamente così: quasi due ore di nulla boccheggiante per traghettare il povero spettatore verso l’evitabilissimo terzo capitolo. Ammetto che del primo film non ricordavo praticamente nulla se non che era stato un film d’azione passabile e non particolarmente fastidioso da vedere, per dire quale impatto avesse avuto su di me. A mia discolpa, il sequel arriva a ben cinque anni di distanza; il terzo capitolo non ha ancora una data di uscita, ma di sicuro per allora avrò già dimenticato di nuovo ogni cosa. Non che ci sia molto da dimenticare, visto che la storia è ridicolmente semplice, e infatti il film arranca faticosamente per riempire queste due ore di elucubrazioni inutili, lontane rimembranze, discorsi triti e ritriti, e soprattutto combattimenti corpo e corpo sempre, ovunque e con chiunque. Perfino gli sgherri del nemico, anziché sparare, come viene detto “cercano il corpo a corpo”. Tutto per rubare minuti preziosi alle nostre vite e giustificare un’ingiustificabile chiusura della trilogia.

Noioso, superfluo, magari non dannoso ma di sicuro nemmeno interessante.

Voto: 1/2 Muffin Ipocalorico (l’altra metà arriverà con la terza parte visto che la storia non si conclude affatto)

Mid-Century Modern

L’improvvisa morte di un loro carissimo amico fa decidere ai tre amici omosessuali Bunny (Nathan Lane), Arthur (Nathan Lee Graham) e Jerry (Matt Bomer) di andare a vivere tutti assieme in una lussuosa villa di Palm Springs per non essere mai più soli.

“Mid-Century Modern” è un termine che si usa per indicare l’arredamento lineare e modernista diffuso in particolare negli Stati Uniti tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70 e ritornato oggi di gran moda. Questo stile architettonico e decorativo elegante e minimale ha attecchito in particolar modo nella ricca Palm Springs, in California, in cui sono presenti moltissime ville in stile Mid-Modern Century. Da questo deriva il titolo di questa serie tv di una sola stagione, in tutto dieci episodi, disponibile su Disney Plus.

Non posso dire che Mid-Modern Century sia una serie per tutti: Disney Plus avverte che il contenuto contiene “discriminazioni”, ma non saprei dire se si riferisca agli omosessuali, ritratti in modo assai sguaiato e appariscente, oppure agli uomini eterosessuali, che invece sono del tutto assenti dalla narrazione e in più occasioni derisi e scherniti.

Non appartenendo a nessuna delle due categorie, posso solo dire che questa serie, prodotta tra gli altri da quel Ryan Murphy che ha regalato al mondo la meravigliosa serie Glee, mi ha divertito moltissimo.

Mid-Modern Century è un prodotto leggero, una sitcom divertente senza pretese con l’unico intento di divertire, e con me la formula ha funzionato in pieno.

Il mattatore è senza dubbio Nathan Lane, star indiscussa del cinema e del teatro, attore e cantante di grande talento e dalla simpatia irrefrenabile.

Al suo fianco un esilarante Nathan Lee Graham e un divertente quanto affascinante Matt Bomer; il terzetto di attori e personaggi è molto ben calibrato e affiatato, e dà vita a dialoghi, battute e siparietti davvero spassosi (non potrò mai più riempire un portapillole senza cantare il Cell Block Tango di Chicago).

Affiancano i tre protagonisti alcuni altri volti noti della tv (Jesse Tyler Ferguson, Richard Kind) e, nei panni di Sybil, la madre di Bunny, la talentuosa attrice e cantante Linda Lavin, scomparsa durante le riprese (forse per questo motivo la serie non ha avuto un maggior numero di puntate o una seconda stagione).

Se amate i musical, le piume di struzzo e le paillettes, questa serie fa sicuramente per voi, ma in caso contrario non credo che la trovereste di vostro gradimento.

Non credo serva aggiungere altro