Dune – Parte 1 – Recensione in Versi

Tutti coloro che come me sono stati Scout ricorderanno La Piroga, una canzone così lenta e ripetitiva che veniva molto spesso utilizzata ai campi estivi come ninna nanna. 

Ecco, mentre guardavo Dune mi sembrava sempre di sentire La Piroga in sottofondo, e così mi sono lasciata ispirare dal suo testo per la mia recensione… Buonanotte, cioè, buona lettura! 

Attenzione! Contiene spoiler (anche se è un ossimoro per un film che ci mette così tanto tempo a far succedere così poche cose)

Il cielo è pieno di stelle,

le inquadrature come sono belle, ma belle, che belle!

Tu sogni e guardi lontano,

vedi un blockbuster che scorre pian piano, pian piano, pian piano…

Inizia un poco in sordina

con una frase da Baci Perugina,

per un po’ non capiamo un bel niente,

ma se guardi Villeneuve devi esser paziente

e intanto dietro la duna

vedi pian piano spuntare la Luna, la Luna, la Luna.

Il nostro eroe è Timothée Chalamet,

che ha charme, espressione e bicipiti di un bignè,

racconta alla mamma il suo sogno

(non che Rebecca ne senta il bisogno):

“Ho sognato Zendaya dagli occhi blu

era alta due mele o poco più

ma siccome io sono l’Eletto

alla fine me la portavo a letto”.

Pensa la mamma: “E’ un esaltato al cubo!

macchè Eletto, se non sa fare un tubo??

Da milioni di anni ci lavoro con le mie amiche streghe

per generare ‘sto carciofo che di notte si fa… i sogni??”

Poverina, lei non ne ha colpa alcuna,

ma il padre in realtà è il Cavaliere della Luna

a capo di una potente casata

dall’Imperatore così tanto amata

che li spedisce nel deserto tutti quanti

tra sole, afa e vermoni giganti

senza nemmeno un Kevin Bacon a supporto:

più che un onore a me sembra un torto!

Jason Momoa” dice Paul “nel deserto non andare,

solamente io la vita ti posso salvare!”

Ride, Aquaman, in faccia al ragazzino:

“Ma se pesi meno del mio calzino!”

C’è poi la scena dell’addestramento

con addirittura Josh Brolin, ma qui non commento

che tra spade, mentori e pianeti vari

già mi sento in Guerre Stellari.

Paul combatte e comanda le menti

conosce le tabelline fino al venti

non c’è cosa che non sappia fare

anzi, una c’è: recitare.

E’ giunto il momento della partenza

verso il pianeta della Spezia mai-più-senza

val la pena di andare sul Pianeta Proibito

per un kebab così saporito,

ma la Spezia è di più, è un carburante

e una sostanza psico-eccitante:

che tu la sniffi o la metti nel motore

finisci in orbita per un paio d’ore.

Insomma la spezia la vogliono tutti

Stellan, Drax e Jabba, i più brutti.

Arriva anche Javier Bardem per una gara di sputi:

ma in questo film proprio tutti son venuti?

Anche Charlotte Rampling, ci sono tutti quanti:

è un cimitero degli elefanti.

La strega sottopone Paul alla prova suprema:

la Bocca della Verità! Ma lui non trema

e supera la prova senza esitazione:

tanto mica sa cambiare espressione!

La vita nel deserto è molto dura

soprattutto se non controlli l’attrezzatura

tutto si rompe, tutto si sfascia

Paul la nave-libellula lascia

per far cosa non si sa

e rischia anche di rimanere là

e lo salvano a pelo, poveretto,

anzi, che dico: “Che eroe, l’Eletto!”

Attaccano amici, nemici, tutti,

perfino i datteri vengon distrutti.

Eddai, Eletto, fai qualcosa, su!

Almeno una mossa di kung fu!

Niente, vuoto assoluto

con la mamma nel deserto si è perduto.

Intanto è morto anche il Duca della Luna

ma ha portato con sè molti nemici per fortuna,

anche se il cattivone Jabba si è salvato

e dopo un bagno nella pece è bello ristorato.

Però vuole la Spezia tutta per sè Jabba:

il vincitore prende tutto, come cantano gli ABBA.

Paul sfugge il vermone a passo di danza

(l’ha insegnata Kevin Bacon questa usanza)

ma non serviva il balletto, nonostante ci piaccia,

perchè quando vede Paul il vermone gli ride in faccia:

non lo vuole nemmeno come stuzzicadente

il nostro eroe coraggioso e possente.

Ma come una principessa Disney in età da marito

Paul vede ogni suo sogno esaudito

incontra Zendaya, finalmente, che bello,

poi uccide un tizio in un duello

(che se lo portan via a spalla, ahimè:

lo sappiamo che i Fremen ci faranno il caffè!)

e diventa il capo di tutta la tribù

anche se ormai non gli importa più.

Ha un nuovo obiettivo il nostro beniamino:

cavalcare un vermone come fosse un ronzino!

Il cielo è pieno di stelle,

le inquadrature come sono belle, ma belle, che belle!

E mentre la Luna il deserto dorato irraggia

scopro che c’è una Parte Due: mannaggia!

Ogni inquadratura potrebbe essere il vostro prossimo screensaver

Z – Zardoz

Z – Zardoz

“Il film di John Boorman il cui titolo inizia e finisce con la stessa lettera”. Questa è la definizione del film Zardoz che si trova nel Trivial Pursuit. Ed è anche l’incipit che ho scelto non solo per questo aneddoto, ma anche per una recensione che venne pubblicata sul mensile Ciak alcuni anni orsono, nella rubrica (oggi purtroppo cancellata) Piaceri Proibiti, che proponeva ogni mese un breve articolo inviato da un lettore che confessava di amare un certo film nonostante fosse di qualità discutibile. A Zardoz questa categoria calza a pennello: si tratta di un film di fantascienza del 1974 ambientato in un futuro in cui sul nostro pianeta un esiguo numero di uomini armati, gli Sterminatori, tiene soggiogati tutti gli altri, costretti a produrre cibo come tributo per una misteriosa divinità, che si fa chiamare Zardoz e si materializza sotto forma di gigantesco testone di pietra volante e parlante. Il protagonista, lo sterminatore Zed, interpretato niente meno che da Sean Connery, ad un certo punto si introduce nella bocca del testone di Zardoz che, volando, lo trasporta in un luogo ameno abitato da Immortali, uomini e donne che vivono nella più totale mollezza ed indolenza, dimentichi di ogni forma di piacere sessuale poiché hanno stabilito che la riproduzione è per loro una cosa superflua. Spetterà ad un non più giovanissimo Sean Connery, conciato con mutandoni color rosso ciliegia, stivaloni neri sopra il ginocchio e lunga chioma fluente, ricordare agli Immortali (comandati da Charlotte Rampling) cosa significhi abbandonarsi ai piaceri della carne, e già che c’è sovvertire anche l’intero ordine sociale tramite una grande orgia finale. Il nome della divinità Zardoz deriva da “Wizard of Oz”, perchè come nel famoso libro dietro ad una facciata di grande potere trascendente si nasconde tutt’altro. La redazione di Ciak decise di pubblicare la mia recensione, in cui definivo il film uno “s-cult”, ma io rischiai di non accorgermene, perchè quel mese non ricevetti a casa la mia copia della rivista, cui ero scrupolosamente abbonata. All’epoca frequentavo ancora l’università, ed ero riuscita ad aggregarmi ad una gita a Berlino con un corso di storia del teatro che non stavo nemmeno seguendo: ma pur di trascorrere alcuni giorni in quella splendida città ero disposta a sorbirmi improbabili sedute di meditazone collettiva e disgustosi spettacoli teatrali d’avanguardia con tanto di masturbazione dal vivo. Fu in quell’occasione (la gita, non la masturbazione dal vivo) che conobbi tre simpatiche ragazze con cui prima non avevo mai avuto occasione di chiacchierare, nonostante avessimo seguito gli stessi corsi, perchè avevano tra di loro un’amicizia piuttosto esclusiva, e non era facile entrarci in confidenza. Una di queste, quando mi presentai con nome e cognome, mi chiese: “Ma tu sei la stessa Madame Verdurin che scrive per Ciak??”. E fu così, grazie a questo rapporto estemporaneo (che si interruppe non appena rientrammo dalla gita), che venni a sapere che la mia recensione era stata effettivamente pubblicata. Chiesi il numero arretrato e poi lo feci leggere orgogliosamente a tutti gli amici e i parenti (ancora oggi mi chiedo che cosa mia nonna abbia potuto capire…) Ed ecco perchè il film Zardoz, con tutti i suoi non trascurabili difetti, mi sarà sempre così caro.