Lo Strano Caso della Crasi di John Krasinski

Lo Strano Caso della Crasi di John Krasinski

L’offerta di film, serie e programmi tv in streaming è aumentata a dismisura in questi ultimi anni, questo lo sanno tutti. E’ anche vero però che non è possibile essere abbonati contemporaneamente a tutti i servizi, diventerebbe molto costoso, e inoltre, come tutti i cinefili purtroppo sanno, il tempo da poter passare davanti alla tv non è infinito… Quindi in casa mia ( e sicuramente non siamo i soli)abbiamo adottato la politica degli abbonamenti “a salti”: un mese questa piattaforma, un mese quest’altra e così via.

Il mese scorso era il turno di Prime Video. Con mia grande gioia, così ho potuto infatti proseguire la visione della serie The Office, che continuo a trovare esilarante (puntata più e puntata meno) ancora alla nona stagione. Ovviamente guardare The Office implica, oltre a un’overdose di risate e di Steve Carell, anche un abbondante contorno di John Krasinski, che nella sit-com interpreta Jim, uno dei personaggi principali: non certo il più simpatico (anzi, spesso penso che se avessi un collega come lui nella realtà lo vorrei prendere a pugni tutti i giorni) ma di sicuro quello che crea gli scherzi e i raggiri più divertenti, di solito ai danni del collega e arcinemico Dwight.

Fatalità ha poi voluto che, proprio in agosto, sia uscita su Prime Video la quarta (e ultima) stagione della serie spy-action Jack Ryan, che racconta le avventure dell’analista della CIA divenuto agente sul campo creato da Tom Clancy e interpretato, guarda caso, dal nostro altissimo e inflazionatissimo John Krasinski.

Non che io abbia qualcosa contro di lui, anzi, ho avuto modo di apprezzarlo molto come regista per A Quiet Place (mi riferisco al primo, ritengo invece che il seguito fosse pleonastico e meno originale e coinvolgente), ma in questo periodo ho spesso avuto l’impressione di vederlo ovunque. Quando me lo sono ritrovato davanti inaspettatamente anche nel Multiverso della Follia del Doctor Strange ho seriamente pensato per un attimo a un’allucinazione. Poi ho capito che, se sei fantastico, non ci puoi proprio fare niente…

Ho guardato (a tratti dormicchiando, a tratti proprio russando mi dicono) tutte le 4 stagioni di Jack Ryan. Fin dall’inizio l’ho trovato noioso, privo di umorismo (cosa che una bondiana come me non può tollerare in un film di spie), con trame complicate e poco interessanti e personaggi del tutto privi di spessore. Ciononostante, tra un sonnellino e l’altro, sono arrivata in fondo (salvo ovviamente futuri sequel/prequel/spin-off/reboot).

Che cosa poteva accadere però dopo questa krasinskica abbuffata?

Semplice: una notte ho sognato John Krasinski.

Nel sogno io mi trovavo in ufficio (!) con tutti i miei colleghi. A un certo punto uscivamo tutti sul terrazzo per osservare un fenomeno meteorologico stranissimo: il cielo era pieno di nuvole dalle forme più strane, che si muovevano a bassissima quota a grande velocità in tutte le direzioni e, quando incontravano un edificio, un albero, oppure si scontravano tra di loro, si dissolvevano schizzando milioni di goccioline d’acqua tutt’intorno.

Noi eravamo tutti ammaliati e divertiti da quello spettacolo, galvanizzati a guardare le nuvole che si rincorrevano ed entusiasti degli schizzi freschi che spesso ci colpivano.

Ma qualcuno non era altrettanto entusiasta.

In un angolo, Jack Ryan (nel sogno un nostro collega) osservava tutto con espressione indifferente e le mani in tasca. Poi, d’un tratto, decideva di uccidere la nostra gioia infantile con una lunga, monotona, prolissa e dettagliata spiegazione scientifica del fenomeno.

“Non c’è nulla di insolito. Si tratta di cumulonembi i quali, in seguito alla differenza di pressione e alla divergenza delle masse…” bla bla bla. Fine della magia.

Non ho faticato, al risveglio, a capire di aver realizzato nel mio subconscio una fusione (crasi) tra i due personaggi di Krasinski che mi avevano tenuto compagnia per tante ore: Jim Halpert, il collega d’ufficio, e Jack Ryan, l’analista che snocciola dati e teorie socio-politiche senza mai cambiare espressione o tono di voce per un attimo.

Ma la bellezza del cinema (e delle serie tv) è anche questa: a volte, anche dalle cose che sembrano più banali, noiose e insignificanti, può scaturire qualcosa di buffo e bizzarro, come questo strambo sogno.

Into the Woods

Titolo: Into the Woods

Anno: 2014

Regia: Rob Marshall

Cast: Emily Blunt, Anna Kendrick, Meryl Streep, Johnny Depp, Chris Pine, Tracey Ullman, Christine Baranski

Genere: musical

Dove trovarlo: Disney Plus

Cappuccetto Rosso deve portare i dolci alla nonna; Cenerentola si reca sulla tomba della madre per esprimere un desiderio; Jack deve vendere la sua mucca al mercato; il panettiere e sua moglie devono spezzare la maledizione di una strega; il Lupo Cattivo cerca la sua cena. E tutti devono attraversare il bosco. Rob Marshall, veterano del musical cinematografico (Chicago, Nine) realizza questa trasposizione per lo schermo dello spettacolo teatrale di James Lapine e Steven Sondheim con un cast stellare di veterani ed esordienti. L’idea di base di creare una storia unica che metta insieme fiabe diverse è accattivante ma non semplice da realizzare, eppure la trama regge bene fino alla fine, cosa che invece purtroppo non si può dire del ritmo. Il film infatti è diviso, in modo fin troppo netto e didascalico, in due parti: la prima, più divertente e con le canzoni più trascinanti, in cui i personaggi fanno esattamente quello che ci si aspetta; la seconda in cui invece rompono gli schemi, maturano e diventano migliori, anzi, eroi, ma vengono a mancare verve e ironia (tace anche la voce narrante esterna del panettiere). Eccezion fatta per questa morale troppo lunga, il film è molto bello, divertente, quasi tutto cantato (questo potrebbe essere un difetto per chi non ama il genere musical), e riutilizza in modo originale spunti che stanno rischiando in questi anni di diventare abusati. Johnny Depp ritorna al musical, sempre per Steven Sondheim, a sette anni dal meraviglioso Sweeney Todd, e in pochi minuti offre un’interpretazione sopraffina del Lupo Cattivo. La vera rivelazione è Emily Blunt, che si cimenta nel canto per la prima volta con risultati eccellenti (tanto che diventerà la nuova Mary Poppins quattro anni dopo) e regge sulle sue spalle l’intero film, pur avendo un personaggio apparentemente secondario (la moglie del fornaio), cui però riesce a dare tutte le sfumature possibili. Chris Pine ci regala, insieme a Billy Magnussen, la canzone più divertente del film, Agony, cantata dai due principi azzurri: una vera chicca. Meryl Streep, non c’è bisogno di dirlo, interpreta come meglio non si può la Strega Cattiva. Per apprezzarla fino in fondo consiglio gli extra, che Disney Plus offre per molti dei suoi contenuti, con interviste al cast e un numero musicale scritto da Steven Sondheim appositamente per il film ma poi eliminato in fase di montaggio.

Voto: 3 muffin