R – Reno, Jean, L’Immortale

Papà Verdurin è sempre stato un grande appassionato di cinema (ma non solo), e sicuramente il mio amore per la settima arte è dovuto in parte a lui, che fin da piccolissima, anziché mostrarmi i soliti cartoni animati, mi intratteneva con i classici di Chaplin, Capra e perfino Sergio Leone (il che gli è costato anche qualche tirata d’orecchie da parte di mia madre). Innamorato dei classici, è rimasto però sempre anche uno spettatore vorace e curioso delle novità. Cascasse il mondo, ogni martedì, ovunque si trovi, lui rintraccia l’edicola più vicina e si procura il settimanale con i programmi tv, dedicandosi poi a studiarli con minuziosa dedizione; basandosi poi sui giudizi dei critici e i voti in stelline, cerchia con la penna tutti i film che ha intenzione di vedere. Di norma poi, di questi, non ne vede che una minima parte, distratto da altri impegni, o più facilmente dagli eventi sportivi. Una sera, dopo cena, io e lui ci ritrovammo sul divano a decidere cosa guardare. Mio fratello disertava sempre questo genere di visioni, preferendo vedere film e serie tv nella privacy della sua stanza. Io invece adoravo quelle serate di cinema in famiglia (mia madre era presente a spizzichi, spesso vedeva solo qualche pezzo del film, o si metteva vicino a noi a leggere, e quasi sempre andava a dormire prima della fine del film). Quella sera mio padre mi prospettò la visione del film L’Immortale, presentato dal suo “libercolo dei programmi” (come lo chiama lui) come un “bellissimo noir francese”. Protagonista, se c’è bisogno di dirlo, l’onnipresente Jean Reno. Così, sulla fiducia, decidemmo di guardarlo, ritrovandoci un banalissimo thriller ingenuo e sanguinolento con dialoghi (pochi) addirittura ridicoli (con tanto di “in fondo io e te siamo uguali!” nel finale…), in cui Jean Reno sopravviveva miracolosamente ad un tentativo di omicidio e si vendicava naturalmente con grande violenza. Il giorno dopo mia madre ci chiese com’era il film: io e mio padre ci guardammo a scoppiammo a ridere. Da allora, in casa mia, l’espressione “un bel noir francese” indica un brutto film che non vale la pena di vedere (con buona pace dei veri bei noir francesi, che non ho dubbi possano esistere).