Wicked

Anno: 2024

Regia: Jon M. Chu

Interpreti: Cynthia Erivo, Ariana Grande, Jonathan Bailey, Michelle Yeoh, Jeff Goldblum

La malvagia strega dell’Ovest è morta! In tutto il regno di Oz i Mastichini e tutti i popoli festeggiano. Si rallegra anche la Strega Buona Glinda (Ariana Grande), che però ricorda anche come lei e Elphaba, la cattiva strega dell’Ovest (Cynthia Erivo) in gioventù fossero state grandi amiche, nonostante Elphaba fosse evitata e derisa da tutti per via della sua pelle completamente verde. Elphaba e Glinda si sono conosciute giovanissime all’Università di Stregoneria Shiz. Elphaba in realtà era arrivata lì solamente per accompagnare la sorella, ma la Professoressa di Stregoneria Morrible (Michelle Yeoh), riconoscendo immediatamente in lei un altissimo potenziale magico, le aveva permesso di restare per studiare la magia. Inizialmente Elphaba e Glinda si detestano: troppo noiosa, seria e solitaria la prima, troppo frivola e mondana la seconda. Col tempo però tra loro nasce un’amicizia fortissima, e quando finalmente a Elphaba viene concesso di incontrare di persona il famoso e potentissimo mago di Oz (Jeff Goldblum), che si dice sia in grado di esaudire ogni desiderio del cuore, l’amica l’accompagna. Ma il Mago non è affatto come le ragazze se lo aspettavano…

Ho avuto l’incredibile fortuna di vedere Wicked in lingua originale al cinema ed è un’esperienza che consiglio di cuore.  Avverto però che chi non è un grande appassionato di musical potrebbe essere recalcitrante ad entrare in sala dopo aver sbirciato la durata del film: 160 minuti. Se poi dovesse trovare comunque la voglia di sedersi in poltrona, potrebbe volersi alzare immediatamente dopo la schermata del titolo che recita: Wicked – Parte 1.

Il film di Jon M. Chu infatti è la trasposizione della prima metà dell’omonimo spettacolo di Broadway, che a sua volta è stato tratto da un romanzo, Strega – Cronache del Regno di Oz in Rivolta (Wicked – The Life and Times of the Wicked Witch of the West), scritto nel 1995 da Gregory Maguire basandosi sui personaggi e l’ambientazione del classico Il Meraviglioso Mago di Oz (The Wonderful Wizard of Oz), scritto da L. Frank Baum nel 1900. Tutti questi nomi e titoli possono far girare un po’ la testa, ma è giusto contestualizzare questo film che ha ricevuto ben 10 nomination agli Oscar 2025, compresa quella come miglior film. Ecco, non mi spingo certo a dire che Wicked è il film migliore dell’anno, ma come amante dei musical l’ho apprezzato moltissimo e sono stata piacevolmente sorpresa dal talento recitativo e canoro di tutti gli interpreti, dalle due meravigliose protagoniste (entrambe nominate, Cynthia Erivo come attrice protagonista e Ariana Grande come attrice non protagonista) fino ai ruoli secondari. Ad esempio, a dare la voce al Professor Dillamond nella versione originale è Peter Dinklage. Mentre gli appassionati della serie Glee e dei musical in generale non faticheranno a riconoscere, sul palcoscenico della Città di Smeraldo, Kristin Chenoweth e Idina Menzel (la doppiatrice originale della principessa Elsa di Frozen). Aggiungo poi che il principe affascinante e ribelle Fiyero ha il volto di Jonathan Bailey, protagonista della seconda stagione di Bridgerton: mi si perdonerà se con tutti i vestiti addosso non lo avevo riconosciuto, ma anche lui offre un’ottima prova. Michelle Yeoh è bellissima e terribile nei panni di Madame Morrible. E, naturalmente, Jeff Goldblum è il miglior Mago di Oz che potessimo sperare di vedere (e ascoltare). Una vera e propria parata di stelle, ma tra tutti spicca la splendida Ariana Grande: bellissima, dolce, divertente, e con una voce sensazionale, lascia davvero senza fiato. Il suo personaggio ricorda molto la Elle interpretata da Reese Witherspoon in La Rivincita delle Bionde, sempre solare e vestita di rosa, desiderosa di farsi benvolere da tutti, frivola e svenevole in apparenza ma tosta e determinata. Devo ammettere che la parte ambientata alla Shiz, tra cotte adolescenziali, sfide di popolarità e ribellione giovanile scorre piuttosto lenta, riportando alla mente tanti altri musical ambientati nell’universo giovanile (Grease, High School Musical, Hairspray), ma l’attenzione ritorna desta nella seconda parte. Non tutte le canzoni sono ugualmente memorabili, ma tutte si ascoltano con piacere, mentre tutto ciò che colpisce l’occhio (scenografie, costumi, trucco, coreografie) è coloratissimo e scanzonato, proprio come nel famosissimo musical Il Mago di Oz con Judy Garland, che viene preso a modello e ripetutamente omaggiato (di fatto gli eventi narrati in Wicked sono un prequel di quelli del film del 1939). Il finale, sulle note della meravigliosa canzone Gravity, mette davvero i brividi. Non vedo l’ora di potermi immergere di nuovo in questo mondo rutilante e affascinante per altri 160 minuti.

Voto: 4 Muffin

La Stanza Accanto

Titolo originale: The Room Next Door

Anno: 2024

Regia: Pedro Almodóvar

Interpreti: Tilda Swinton, Julianne Moore, John Turturro

Ingrid (Julianne Moore) è una scrittrice di successo, mentre Martha (Tilda Swinton) una reporter di guerra. Grandi amiche in gioventù, si ritrovano molti anni dopo, quando a Martha, affetta da un tumore incurabile, non restano che pochi mesi di vita. A questo punto Martha fa alla vecchia amica una proposta sconvolgente: restarle accanto per alcuni giorni fino a che lei non assumerà una pillola, procuratasi illegalmente poichè l’eutanasia è un reato, per suicidarsi…

Il trailer del film mi aveva conquistata, trovavo l’idea di partenza (derivata dal romanzo Attraverso la Vita di Sigrid Nunez) estremamente affascinante e terribile, ed ero arrivata al cinema con già in mano un fazzoletto, pronta ad essere sconvolta, scandalizzata, disperata… Ma non è accaduto nulla di tutto questo. La Stanza Accanto non è che una messinscena leccata, colorata, patinata e ovattata della morte, che esclude ogni emozione, ogni sentimento, ogni dibattito. Non voglio certo negare il talento delle attrici protagoniste: Tilda Swinton in particolare è una scelta perfetta, visto che sembra davvero sul punto di morire ad ogni inquadratura; Julianne Moore, all’opposto, dovrebbe rappresentare la vita e la gioia di vivere, in connubio con la paura della morte, ma purtroppo non riesce a trasmettere nulla di tutto questo. Ma la colpa non è tutta sua, semplicemente la trasmissione di emozioni verso lo spettatore non è affatto contemplata, fin dall’inizio. Tutto il film è costituito di dialoghi algidi, pacati, ragionevoli, anche con i personaggi minori (il cinico scrittore John Turturro, il personal trainer, il poliziotto). Nessuno si altera, si sfoga, si arrabbia, si ribella, si dispera. Il regista Pedro Almódovar si concentra esclusivamente sul mostrare opere d’arte, architetture avanguardistiche, colorazioni sfacciate di abiti e arredamento: un contorno elegante ma non funzionale e non veicolante alcun messaggio.

Il film è pieno zeppo di libri infilati ovunque (libri, librerie, scrittori…) ma non ne ha la profondità nè lo spessore. La citazione portante dal racconto The Dead (I Morti, se per caso fin qui non fossimo stati sufficientemente didascalici) di James Joyce è insignificante, oltre che vergognosamente scolastica, ma rende bene l’idea del gelo emotivo che riempie lo schermo in ogni momento. Anzi, se vogliamo trovarlo un messaggio c’è: la morte non è poi così tremenda se puoi affrontarla in una casa lussuosa, piena di fonti di intrattenimento, opere d’arte e oggetti di design, con accanto un’amica che può tranquillamente lasciare il lavoro per settimane, e scegliere liberamente il momento in cui morire grazie ad una pillola senza dubbio costosissima. Ma temo che non tutti coloro che, purtroppo, sono condannati a morte da una malattia incurabile, possano concedersi questi lussi. L’empatia con questi personaggi così freddi, algidi, insensibili, non è proprio possibile. Dal film vincitore del Leone d’Oro 2024 a Venezia mi aspettavo molto, ma molto di più. Una delusione.

Voto: 1 Muffin Ipocalorico

Still Life

Anno: 2013

Regia: Uberto Pasolini

Interpreti: Eddie Marsan, Joanne Froggatt

Dove trovarlo: Raiplay

John May (Eddie Marsan) è un grigio e anonimo impiegato comunale in un paesino dell’Inghilterra, ma il suo lavoro, che lui svolge con incredibile dedizione e scrupolosità, è davvero peculiare: John è incaricato di rintracciare familiari e conoscenti delle persone decedute che apparentemente non hanno famiglia né amici. Il compito di John è dunque organizzare il funerale e la sepoltura dei defunti e spulciare poi tra le loro cose alla ricerca di indizi per trovare amici e parenti, qualora ce ne siano. Quando John viene licenziato, dopo vent’anni di servizio, perchè la nuova amministrazione desidera “tagliare i rami secchi”, ottiene il permesso di chiudere l’ultimo caso e si impone di riuscire a rintracciare la famiglia del defunto Billy Stoke.

Nonostante la connessione pessima di Raiplay, per cui il film si interrompeva spesso e volentieri, ho davvero adorato questo film, un’autentica boccata d’aria per gli amanti del cinema per come riesce a mettere in scena in maniera impeccabile una vicenda tanto comune quanto unica. Quanti di noi pensano forse di essere come John May? Mentre a tutti noi capita sicuramente molto spesso di incontrare qualche John May, persone all’apparenza insignificanti ma che celano in sé un amore per il prossimo incondizionato e una cognizione del senso e del valore della vita umana insospettabilmente profonda. La regia di Uberto Pasolini, sorretta da una fotografia e una colonna sonora impeccabili, rappresenta lo svolgimento di una vicenda apparentemente semplice e quasi noiosa, in cui però ogni inquadratura, ogni gesto e ogni oggetto stabilisce un preciso e inatteso richiamo con un evento apparentemente remoto. Le metafore sono chiare e potenti, senza venire però mai urlate in faccia allo spettatore, piuttosto sono suggerite da collegamenti tra dettagli nelle immagini, e le parole sono significative perché misurate e mai sprecate. Il protagonista Eddie Marsan ci regala una prova straordinaria, affiancato da una sempre splendida e bravissima Joanne Froggatt (conosciuta nella serie Downton Abbey). 

L’impressione guardando il film è che potrebbe bastare un battito di ciglia per perdere un dettaglio fondamentale per comprendere dinamiche e legami: così come è nella vita.

Consiglio con il cuore la visione di Still Life (giustamente non tradotto in italiano perchè in inglese l’espressione ha una doppia valenza, “Vita Immobile” ma anche “Ancora Vita”), una coccola per l’anima con un sapore, che emerge nel perfetto finale, che mi piace definire “zavattiniano”.

Voto: 4 Muffin

Verso l’Abisso Fischiettando

In genere non ascolto la radio, perchè tutti i deejay e i presentatori, con le loro volgarità e il loro incessante blaterare senza senso, mi irritano parecchio. C’è però una trasmissione radio che invece amo molto e che seguo più che volentieri, per quanto posso, visto che va in onda in orario lavorativo (ma le registrazioni delle puntate sono sempre disponibili su Raiplay Sound): mi riferisco a Il Ruggito del Coniglio, in onda su Rai Radiodue dal lunedì al venerdì dalle 07.45 alle 10.30. Si tratta di una classica trasmissione contenitore, che oltre a trasmettere della musica che per lo più incontra i miei gusti, intrattiene il pubblico con dissertazioni comiche sui fatti del giorno, imitazioni, personaggi, ospiti e molto altro. I due storici conduttori del Ruggito del Coniglio, Marco Presta e Antonello Dose, sono molto simpatici, affiatati tra loro e quasi per nulla volgari: questo rende l’ascolto della loro trasmissione molto piacevole.

Quando ho saputo che i due presentatori hanno anche scritto dei libri, mi sono molto incuriosita e ho deciso di provarne uno, per iniziare. Babbo Natale quest’anno mi ha portato Verso l’Abisso Fischiettando di Marco Presta, libro uscito nel 2024 edito da Einaudi.

Non credo proprio che sarà l’ultimo libro di Marco Presta che leggerò, perchè mi è piaciuto moltissimo!

La trama è semplice ma molto accattivante: il protagonista, Enrico, ex maestro di scuola che vive a Roma, è arrivato senza particolari sforzi a compiere 133 anni, godendo di buona salute e conducendo una vita modesta e normalissima. Un numero sempre crescente di persone, però, non vede affatto di buon occhio questa sua inspiegata longevità: alcuni lo accusano di essere un robot o un alieno, altri di essere il frutto di un esperimento genetico di qualche potenza straniera, altri ancora sono convinti che si addirittura in combutta con il demonio in persona… Per proteggere l’incolpevole Enrico da questi atteggiamenti ostili, che sfociano talvolta nella violenza, lo Stato italiano gli ha assegnato una scorta armata e un presidio permanente di forze di polizia. Ma Enrico non sembra proprio avere alcuna intenzione di morire, e questo suscita reazioni inattese e innesca situazioni impreviste.

Il libro è molto scorrevole e si legge in fretta ma con grande piacere, godendo sia delle vicende del vetusto Enrico che della narrazione sciolta e acuta. Verso l’Abisso Fischiettando è prima di tutto un intrattenimento piacevole e divertente, pur contenendo riflessioni interessanti e qualche situazione emotivamente intensa. Tuttavia, se ci si vuole fermare un momento a riflettere, si troveranno molteplici spunti davvero interessanti. E soprattutto, ci si rende subito conto che la possibilità di un’insurrezione mondiale di fronte a un’anomalia biologica del genere non è un risvolto così assurdo, basandosi su ciò che la natura umana ha fino ad oggi dimostrato di essere e di poter diventare.

Una lettura distensiva (ma non troppo), consigliata davvero per tutti.

Berlinguer – La Grande Ambizione

Anno: 2024

Regia: Andrea Segre

Interpreti: Elio Germano, Paolo Pierobon, Roberto Citran, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabresi

Racconto dei principali avvenimenti della vita privata e politica di Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano negli anni ‘70.

Premettendo che né la politica né la storia italiana hanno mai suscitato in me particolare interesse, al di là dei doverosi studi scolastici, e che il cinema italiano contemporaneo in generale riesce difficilmente a farmi sussultare in qualunque modo, Berlinguer – La grande ambizione resta comunque un film insulso e noioso. A partire dalla schermata iniziale che spiega come si tratti di un film basato su fatti e documenti, fino a che gli sceneggiatori (Marco Pettenello e lo stesso regista, Andrea Segre) non hanno ritenuto meglio inventare e romanzare. Ma quindi, a che pro realizzare un film noioso come un brutto documentario e fasullo come una storia inventata? Avrei preferito di gran lunga un vero e proprio documentario, con autentiche interviste e spezzoni di telegiornali dell’epoca, o in alternativa un racconto appassionato di un determinato aspetto della persona Enrico Berlinguer, al di là del leader politico che tutti conosciamo. Cosa ci offre invece Andrea Segre? Un’agiografia di un Berlinguer che sa sempre cosa dire e cosa fare, che non teme nulla, che affronta qualunque leader politico italiano e straniero a testa alta, che ama stare con i figli, ricorda sempre l’anniversario della moglie, beve solo latte e fa anche ginnastica. Un superuomo, in definitiva, senza mai un’esitazione e senza alcun difetto che possa renderlo umano e suscitare nello spettatore empatia nei suoi confronti. Sono sicura che Elio Germano ce l’abbia messa tutta nella sua interpretazione, ma non gli serviva alcuno sforzo per svettare sugli altri membri del cast, alcuni incapaci (i ragazzi che interpretano i figli in particolare) e altri molto bravi ma relegati al ruolo di tappezzeria, una moltitudine di grigi uomini politici che fanno da sfondo (o da contraltare, come nei casi di Giulio Andreotti e Aldo Moro, molto ben interpretati rispettivamente da Paolo Pierobon e Roberto Citran) alla stella scintillante di Berlinguer.

Se a questo grosso difetto nell’impostazione di base si aggiungono una regia ballerina, un montaggio arbitrario e una colonna sonora composta solamente da rumori molesti, ecco che il piatto è servito: noia con contorno di fastidio. 

Potrebbe essere recuperato magari dalle scuole per mostrarlo agli alunni e dare loro un’idea di quel periodo cruciale per la storia italiana, ammesso e non concesso che arrivino davvero a studiarlo.

Voto: 1 Muffin