Mr. Monk’s Last Case: A Monk Movie

Original title: Mr. Monk’s Last Case

Anno: 2023

Regia: Randy Zisk

Interpreti: Tony Shalhoub, Traylor Howard, Jason Gray-Stanford, Ted Levine, Melora Hardin, Hector Elizondo, James Purefoy, Caitlin McGee, Austin Scott

Dove trovarlo: Netflix

La pandemia di Covid 19 ha reso Adrian Monk (Tony Shalhoub) ancora più introverso e depresso del solito, tanto da smettere di lavorare come detective e meditare segretamente il suicidio pe rpotersi finalmente ricongiungere alla moglie Trudy (Melora Hardin). A distoglierlo dai suoi piani sarà la morte di Griffin (Austin Scott), fidanzato di Molly, la figlia di Trudy, a pochi giorni dalle nozze. Quello che inizialmente sembra un tragico incidente si rivela ben presto essere un omicidio, su cui il Signor Monk non può on indagare.

Operazione di pura nostalgia canaglia, senza dubbio. Eppure, chi come me ha adorato la serie Monk, andata in onda per 8 stagione dal 2002 al 2009, ritroverà con piacere tutti i personaggi principali: il capitano di polizia Stottlemeyer (Ted Levine) divenuto guardia di sicurezza privata; il tenente di polizia Randy Disher (Jason Gray-Stanford) divenuto sceriffo e sposato con Sharona, ex assistente di Monk; Natalie Teeger (Traylor Howard) ex assistente e amica di Monk; il Dottor Bell (Hector Elizondo) storico psichiatra di Adrian; Trudy (Melora Hardin) che spesso appare a Monk in sogno o come allucinazione. E naturalmente lui, Adrian Monk, il detective privato geniale ma pieno di fobie e manie di vario genere (germi, altezza, uccelli, disordine, spazi angusti, serpenti, l’elenco è lunghissimo) che per tante puntate ci ha divertito e stupito per la sua sagacia. Il film non ha un caso particolarmente interessante o misterioso da risolvere, ma offre comunque alcune scene divertenti, momenti di tenerezza e di commozione e una buona conclusione.

Vedere Mr. Monk’s Last Case ha senso solamente per chi conosce bene la serie e i suoi personaggi e desidera vivere un’ultima avventura con il detective più strambo e geniale di San Francisco.

Voto: 3 Muffin

Il Lato Positivo

Titolo Originale: Silver Linings Playbook

Regia: David O’Russell

Interpreti: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Jacki Weaver, Julia Stiles, Chris Tucker

Dove trovarlo: Prime Video

Pat (Bradley Cooper) dopo essere stato dimesso dall’istituto per malattie mentali tenta di riprendersi la propria vita, il proprio lavoro e soprattutto la sua ex moglie. L’incontro con Tiffany (Jennifer Lawrence), una ragazza bellissima ma emotivamente molto instabile, rende le cose più complicate del previsto.

Ero davvero convinta che Il Lato Positivo fosse un film drammatico, che raccontasse  problematiche legate alla malattia mentale e la difficoltà per chi ne è affetto nello stringere relazioni umane. Come mi sbagliavo…

All’inizio sembrava davvero il racconto realistico e intenso delle difficoltà incontrate da un uomo che ha avuto un collasso emotivo e deve rimettere insieme i cocci della propria vita. 

Ma non c’è voluto molto perché il film prendesse tutta un’altra piega, diventando una marmellata appiccicaticcia di storia d’amore banale e insulsa, condita con personaggi secondari imbarazzanti e avvenimenti che non stanno nè in cielo nè in terra.

So che il film è l’adattamento del libro L’Orlo Argenteo delle Nuvole di Matthew Quick, ma non avendolo letto non posso né incolpare né assolvere lo scrittore per questo disastro cinematografico; posso invece dare la colpa al regista, David O’Russell, che nonostante avesse in mano un gran cast non ne ha fatta una giusta. Non voglio bollarlo in maniera definitiva, di diretto da lui posso parlare solamente di Three Kings, l’unico film con George Clooney di cui non sono riuscita ad arrivare alla fine. E ho detto tutto.

Credo che Bradley Cooper sia un attore di grande talento, ma questo personaggio così poco coerente non gli dà certo la possibilità di esprimersi.

Anche la splendida e brava Jennifer Lawrence non può far nulla, imprigionata in un interesse sentimentale quadrato e prevedibile.

Robert De Niro poi sembra una caricatura per quanto il suo personaggio è forzato e le sue battute ripetitive: a tratti, nelle scene in cui si parla di scommesse sportive, sembra di assistere a un delirio improvvisato senza costrutto. E l’arrivo di Chris Tucker, nel ruolo di un amico rilasciato anche lui dallo stesso istituto per malattie mentali, non fa che peggiorare le cose già malmesse.

Per un attimo si spera nel rapporto conflittuale col fratello, migliore di Pat in ogni cosa e portato a vantarsene, ma non è che una bolla di sapone.

La scena poi della gara di ballo, cui assistono amici, parenti, lo psichiatra, i vicini di casa e la ex moglie, è davvero grottesca e imbarazzante.

Il finale, intuibile già dal minuto due, non merita nemmeno che ci spenda parole.

Un’enorme delusione. Non c’è proprio nessun lato positivo in questo film, non saprei dare una buona ragione per guardarlo, se non forse l’avvenenza di Jennifer Lawrence.

E a pensarci bene credo che sia anche irrispettoso nei confronti di chi soffre davvero di malattie mentali o condizioni psicologiche particolari e a causa di queste non riesce a integrarsi nella società e a stabilire relazioni affettive stabili: ma come, basta perdere qualche chilo e passare di là perchè la bellissima vicina di casa perda la testa per te e l’amore trionfi, perchè farne tanti drammi? Mi sembra che questo film sminuisca problemi che invece sono enormi e difficilissimi da gestire, per il singolo e per la società, e che meriterebbero si essere trattati con più sensibilità e rispetto.

Voto: 1 Muffin ipocalorico

The Old Guard 2

Regia: Victoria Mahoney

Interpreti: Charlize Theron, Kiki Layne, Matthias Schoenaerts, Luca Marinelli, Marwen Kenzari, Veronica Ngo, Henry Golding, Uma Thurman, Chiwetel Ejiofor

Dove trovarlo: Netflix

L’ex immortale Andromaca (Charlize Theron) scopre che in giro c’è un’altra immortale, ancora più vecchia di lei, estremamente potente e con cattive intenzioni.

Avete presente come sono i bambini quando non hanno voglia di fare i compiti e cercano di tirarla in lungo per far arrivare l’ora della merenda? Prima cade la matita, poi devono andare in bagno, fanno la punta alla matita e intanto cade la gomma, poi hanno sete, eccetera eccetera. 

Ecco, The Old Guard 2 è esattamente così: quasi due ore di nulla boccheggiante per traghettare il povero spettatore verso l’evitabilissimo terzo capitolo. Ammetto che del primo film non ricordavo praticamente nulla se non che era stato un film d’azione passabile e non particolarmente fastidioso da vedere, per dire quale impatto avesse avuto su di me. A mia discolpa, il sequel arriva a ben cinque anni di distanza; il terzo capitolo non ha ancora una data di uscita, ma di sicuro per allora avrò già dimenticato di nuovo ogni cosa. Non che ci sia molto da dimenticare, visto che la storia è ridicolmente semplice, e infatti il film arranca faticosamente per riempire queste due ore di elucubrazioni inutili, lontane rimembranze, discorsi triti e ritriti, e soprattutto combattimenti corpo e corpo sempre, ovunque e con chiunque. Perfino gli sgherri del nemico, anziché sparare, come viene detto “cercano il corpo a corpo”. Tutto per rubare minuti preziosi alle nostre vite e giustificare un’ingiustificabile chiusura della trilogia.

Noioso, superfluo, magari non dannoso ma di sicuro nemmeno interessante.

Voto: 1/2 Muffin Ipocalorico (l’altra metà arriverà con la terza parte visto che la storia non si conclude affatto)

Mid-Century Modern

L’improvvisa morte di un loro carissimo amico fa decidere ai tre amici omosessuali Bunny (Nathan Lane), Arthur (Nathan Lee Graham) e Jerry (Matt Bomer) di andare a vivere tutti assieme in una lussuosa villa di Palm Springs per non essere mai più soli.

“Mid-Century Modern” è un termine che si usa per indicare l’arredamento lineare e modernista diffuso in particolare negli Stati Uniti tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70 e ritornato oggi di gran moda. Questo stile architettonico e decorativo elegante e minimale ha attecchito in particolar modo nella ricca Palm Springs, in California, in cui sono presenti moltissime ville in stile Mid-Modern Century. Da questo deriva il titolo di questa serie tv di una sola stagione, in tutto dieci episodi, disponibile su Disney Plus.

Non posso dire che Mid-Modern Century sia una serie per tutti: Disney Plus avverte che il contenuto contiene “discriminazioni”, ma non saprei dire se si riferisca agli omosessuali, ritratti in modo assai sguaiato e appariscente, oppure agli uomini eterosessuali, che invece sono del tutto assenti dalla narrazione e in più occasioni derisi e scherniti.

Non appartenendo a nessuna delle due categorie, posso solo dire che questa serie, prodotta tra gli altri da quel Ryan Murphy che ha regalato al mondo la meravigliosa serie Glee, mi ha divertito moltissimo.

Mid-Modern Century è un prodotto leggero, una sitcom divertente senza pretese con l’unico intento di divertire, e con me la formula ha funzionato in pieno.

Il mattatore è senza dubbio Nathan Lane, star indiscussa del cinema e del teatro, attore e cantante di grande talento e dalla simpatia irrefrenabile.

Al suo fianco un esilarante Nathan Lee Graham e un divertente quanto affascinante Matt Bomer; il terzetto di attori e personaggi è molto ben calibrato e affiatato, e dà vita a dialoghi, battute e siparietti davvero spassosi (non potrò mai più riempire un portapillole senza cantare il Cell Block Tango di Chicago).

Affiancano i tre protagonisti alcuni altri volti noti della tv (Jesse Tyler Ferguson, Richard Kind) e, nei panni di Sybil, la madre di Bunny, la talentuosa attrice e cantante Linda Lavin, scomparsa durante le riprese (forse per questo motivo la serie non ha avuto un maggior numero di puntate o una seconda stagione).

Se amate i musical, le piume di struzzo e le paillettes, questa serie fa sicuramente per voi, ma in caso contrario non credo che la trovereste di vostro gradimento.

Non credo serva aggiungere altro

Only Murders in the Building – Stagione 4

Nella puntata conclusiva delle terza stagione avevamo visto Saz Pataki (Jane Lynch) venire uccisa da un colpo di fucile (Steve Martin). La quarta stagione si apre quindi con la preoccupazione di Charles per l’amica scomparsa, ma soprattutto con l’invito per lui e i suoi due colleghi di podcast Oliver (Martin Short) e Mabel (Selena Gomez) a recarsi ad Hollywood, dove la Paramount ha intenzione di girare un film tratto proprio dal loro podcast Only Murders in the Building.
Arrivati alla quarta stagione (che Disney Plus aveva tentato di farmi vedere un episodio alla settimana alcuni mesi orsono)  non si può negare che la formula indagine + star + siparietti comici nostalgici inizi a non funzionare più così bene. Il delitto da risolvere continua a rimanere tutto sommato marginale rispetto alle vicissitudini dei protagonisti, sempre più surreali e sconclusionate. La parata di stelle a ricoprire ruoli grandi e piccoli (Meryl Streep, Paul Rudd, Eugene Levy, Zach Galifianakis, Eva Longoria, Melissa McCarthy) non aiuta a recuperare la verve delle prime stagioni e la serie procede in modo faticoso e farraginoso per i dieci episodi. Personalmente, l’unico volto famoso che ho visto davvero volentieri, anche se per pochi minuti, è stato quello di Ron Howard. Tutte le altre celebrità interpretano ruoli sopra le righe, parodistici e sconclusionati, che non aiutano una storia già di per sé poco chiara, raccontata a forza di flashback nel tentativo di tappare i buchi, che però fallisce, così come anche la velleità di trovare un filo conduttore a partire dalla primissima stagione. Non si ride, non ci si emoziona, non ci si incuriosisce in questa sarabanda di scene surreali, slapstick e ingiustificate che ha chiaramente deragliato dai binari. Anche i riferimenti al teatro che tanto amavo sono quasi del tutto scomparsi. Restano molte citazioni cinematografiche (imprescindibili visto che la stagione è ambientata nel mondo del cinema) didascaliche e fini e sé stesse. Sono arrivata alla fine con grande fatica e rimasta quasi dispiaciuta per il finale di questa quarta stagione che ne annuncia inequivocabilmente anche una quinta in arrivo: non era meglio finirla qui? Anzi, meglio ancora, una stagione fa?

Eva Longoria / Selena Gomez; Eugene Levy / Steve Martin; Martin Short / Zach Galifianakis

Stanley Tucci in Italy

L’autobiografia di Stanley Tucci mi aveva lasciato, oltre all’acquolina in bocca, anche una gran curiosità riguardo la serie tv Stanley Tucci: Searching for Italy, che finalmente ora è disponibile (anche se solo la prima stagione per ora) su Disney Plus.

In cinque puntate il celebre attore americano di origini calabresi esplora altrettante regioni italiane (Toscana, Trentino, Lombardia, Abruzzo, Lazio) alla ricerca, oltre che dei paesaggi e luoghi più suggestivi, anche della cucina più tradizionale e dei piatti invece più insoliti e particolari.

Diciamo che il programma è interessante all’incirca come una puntata di Melaverde, e che se io non avessi letto nell’autobiografia di Tucci cosa significhi esattamente il cibo per lui e la sua famiglia potrei bollare la serie come “noiosetta”. Oltretutto sembra che io e Stanley abbiamo gusti estremamente diversi: di sicuro non condivido la sua passione per le interiora e le frattaglie di qualunque tipo.

La serie resta carina e con alcune curiosità interessanti sul nostro bel paese, ma se devo essere sincera a “Stanley Tucci che mangia cose” preferisco di gran lunga “James May che prova cose” o “Jeff Goldblum che guarda cose”.

The Hateful Eight

Anno: 2015

Regia: Quentin Tarantino

Interpreti: Kurt Russell, Samuel L. Jackson, Walton Goggins, Michael Madsen, Tim Roth, Jennifer Jason Leigh, Bruce Dern, Channing Tatum

Dove trovarlo: Prime Video

Una tempesta di neve costringe un gruppo di viaggiatori a rifugiarsi in un emporio. Non si tratta però di semplici estranei: ciascuno di loro ha un motivo per trovarsi lì e uno scopo ben preciso, e non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungerlo.

Già la schermata con il titolo del film, che recita “L’Ottavo film di Quentin Tarantino”, ci anticipa che con The Hateful Eight il regista ha tutta l’intenzione di replicare se stesso e gli stilemi che lo hanno reso famoso: violenza, volgarità, dialoghi fiume, utilizzo innovativo della colonna sonora e montaggio imprevedibile. Ma se queste caratteristiche funzionavano benissimo in Le Iene, Pulp Fiction e Kill Bill, adesso invece non sono che stanche ripetizioni di se stesse utilizzate senza una logica. Insomma, se una volta Quentin Tarantino ci sorprendeva e ci faceva divertire, adesso l’unico che si diverte, forse, è proprio lui.

Credo proprio che da un regista così blasonato, un cast così spettacolare e un’idea di base stuzzicante, fosse lecito aspettarsi di più.

Invece The Hateful Eight (Gli Odiosi Otto) non è altro che un compendio di tutto ciò che definisce lo stile “tarantiniano” senza anima, senza divertimento, e a tratti disgustoso in maniera insopportabile per la violenza e la volgarità che mette in scena. E non mi riferisco ai tanti “motherf*cker”, ma alla totale mancanza di sensibilità e buon gusto di certe scene che non esito a definire repellenti.

Ci tengo comunque a salvare tutto il cast, che ha fatto un lavoro eccellente, purtroppo non supportato dalla regia, né dalla sceneggiatura.

Molti sono in questo film i veterani di Tarantino (Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Tim Roth e il recentemente scomparso Michael Madsen), ma chi a mio parere stava una spanna sopra tutti era Walton Goggins, che si conferma un interprete eccezionale.

Ma le ottime interpretazioni non bastano per salvare un film troppo lungo (poco meno di tre ore), reso noioso dalle ripetizioni continue dei dialoghi (perchè lui ha detto a lei prima che arrivasse lui quello che adesso dice a loro) e completamente affossato da una regia scellerata con voce narrante e colonna sonora utilizzate totalmente a casaccio.

Concludo con una nota personale che, a seconda di come la si prende, può essere deprimente oppure spassosa.

Naturalmente, visto il calibro degli attori in gioco, ho voluto vedere il film in lingua originale, ma conoscendo Tarantino e sapendo che sarei stata sommersa di parole ho preferito utilizzare i sottotitoli inglesi forniti da Prime Video. Ma quei sottotitoli avevano qualcosa di strano. Non coincidevano mai con il dialogo recitato, anche se grossomodo ne restituivano in senso generale. C’erano però anche delle frasi assurde, del tutto fuori contesto, che proprio non riuscivo a spiegarmi… Finchè non ho capito: i sottotitoli inglesi di Prime Video non erano una trascrizione dell’audio originale del film, ma una traduzione, probabilmente fatta con l’intelligenza artificiale o comunque con qualche software, dell’audio italiano.

Ed ecco che la battuta “Tutti contro il muro, forza!” viene sottotitolata “Against the wall, strenght!”. Oppure i personaggi, che sono tutti inspiegabilmente stanchi (“tired of”) di qualcosa, in realtà stanno mangiando lo stufato, e i sottotitoli traducono “stufato” con “tired of”, “stanco”.

Se pensate che i sottotitoli prodotti in questa maniera possano essere fonte di risate, è del tutto lecito. In caso contrario, non mi viene in mente nessun motivo per consigliare questo film, anzi suggerirei di starne il più possibile alla larga.

Voto: 1 Muffin Ipocalorico