007 – Una Cascata di Diamanti

Dopo il disastro conclamato di Al Servizio Segreto di Sua Maestà, che delude non solo i fan di 007 ma anche i produttori (che si erano abituati a ben altri incassi per i film della saga), per Cubby Broccoli e Harry Saltzman si presenta una sfida assai ardua: trovare un nuovo James Bond. I produttori sono convinti che il nuovo 007 debba essere un po’ meno inglese e più americano per tornare a soddisfare i gusti del pubblico. Sostituiscono dunque lo sceneggiatore Richard Maibaum, che aveva già scritto una prima bozza del copione partendo dal romanzo Diamonds are Forever di Ian Fleming, con il giovane americano (ma con un stile di scrittura sufficientemente british) Tom Mankiewicz. Cercano un americano anche per interpretare Bond, ma purtroppo Adam West, già sotto contratto per il telefilm Batman, non è disponibile; accetta l’offerta invece John Gavin (l’amante di Janet Leigh nel film Psycho di Alfred Hitchcock), che viene scritturato per interpretare l’agente segreto più famoso del mondo.

La United Artists vorrebbe riavere Sean Connery, ma Broccoli e Saltzman non intendono implorare l’attore scozzese: inviano quindi la bellissima Ursula Andress, che era stata sua partner in Licenza di Uccidere ed è rimasta in ottimi rapporti con Connery, a farlo in loro vece. Connery si prende una settimana per decidere e infine accetta il compenso stratosferico di 1.200.000 dollari, che devolverà interamente in beneficenza allo Scottish International Trust, il fondo per l’educazione scozzese istituito da lui stesso tre anni prima. I produttori, nel congedare John Gavin, insistono per pagargli ugualmente il compenso stabilito e lui si fa da parte con grande eleganza (a differenza del suo predecessore George Lazenby). L’idea di americanizzare James Bond viene così accantonata, ci si accontenta di adeguarlo un tantino ai tempi, facendolo smettere di fumare. È dunque ufficiale: Sean Connery interpreterà James Bond ancora una volta!

Una Cascata di Diamanti non è certo il film di 007 migliore tra quelli interpretati da Sean Connery (personalmente lo considero anzi il peggiore), ma si tratta comunque di un livello qualitativo infinitamente superiore rispetto al precedente Al Servizio Segreto di Sua Maestà con George Lazenby, come anche pubblico e critica decreteranno. Per quanto mi riguarda, se penso all’ultimo film di Sean Connery come 007 mi viene in mente piuttosto Mai Dire Mai, che però non fa parte della saga ufficiale di Bond e ne è piuttosto una riuscitissima parodia. Senza arrivare alla presa in giro, ma i produttori capiscono che, dopo il finale tragico del film precedente i fan di 007 hanno ora bisogno di umorismo e leggerezza più che mai.

Non resta dunque che scegliere il regista: i produttori decidono di andare sul sicuro e di richiamare Guy Hamilton, considerando il suo Goldfinger il film meglio riuscito (nonché il più redditizio) della saga; seguendo lo stesso ragionamento per interpretare la canzone del film, Diamonds are Forever, viene chiamata ancora una volta la talentuosa Shirley Bassey

La trama del romanzo di Fleming è piuttosto complicata (prevede ad esempio uno scontro finale tra Bond e il fratello gemello di Blofeld) e non convince i produttori, che chiedono a Tom Mankiewicz di discostarsene liberamente. Lo spunto per la nuova trama proviene dalla fonte più inaspettata: un sogno di Cubby Broccoli. Il produttore sogna infatti di osservare il lussuoso attico dell’amico Howard Hughes (eccentrico regista e magnate di Hollywood) dalla finestra e di scorgervi quello che crede di essere l’amico ma è in realtà una persona totalmente diversa. Mankiewicz inizia subito a lavorare su un copione in cui compare un ricco ingegnere stramboide (Willard Whyte, interpretato dal musicista country Jimmy Dean che Connery chiama “the noisy American”) e, nel finale, James Bond si ritrova ad affrontare non uno ma diversi Blofeld, tutti magistralmente interpretati da Charles Gray, che era già apparso in un film di 007 (Si Vive Solo Due Volte) nei panni di Dikko Henderson.

Charles Gray è Ernst Stavro Blofeld

Una Cascata di Diamanti sarà l’ultimo film in cui compare il villain Ernst Stavro Blofeld (eccezion fatta per la spassosissima scena iniziale di Solo per i tuoi Occhi) fino al  2015, in cui il personaggio ritornerà in Spectre con le sembianze di Christoph Waltz. Per le scenografie si decide di andare sul sicuro con Ken Adam, mentre purtroppo viene modificato il comparto effetti speciali, dove l’inglese premio Oscar John Stears vine sostituito dagli americani Leslie Hillman e Whitey McMahon, con risultati a mio parere molto meno efficaci, soprattutto per quanto riguarda gli effetti visivi delle esplosioni. Le mancanze dell’effettistica vengono però bilanciate dalla bravura degli stuntmen, ancora una volta guidati dai veterani Bob Simmons e George Leech. Nei ruoli ormai consolidati di M, Q e Miss Moneypenny tornano ancora una volta Bernard Lee, Desmond Llewelyn e Lois Maxwell, quest’ultima con un look decisamente diverso dal solito: non essendoci alcuna scena ambientata nello studio del capo di 007, M, questa volta la segretaria compare ad Amsterdam con la divisa di agente delle dogana. Per indossare invece i succinti panni della nuova Bond-girl Tiffany Case viene scelta l’americana Jill St. John; in seconda posizione troviamo invece Lana Wood (sorella minore di Natalie) nel ruolo di Plenty O’Toole.

La scelta è più difficile per i ruoli dei killer omosessuali, apparentemente innocui ma in realtà spietati, Mr. Kidd e Mr. Wint: la scelta cade sul musicista Putter Smith e sull’attore Bruce Glover (anche se i produttori avrebbero voluto Peter Lorre in questo ruolo). Questi personaggi sono molto delicati in quanto, tra l’omosessualità e la forte violenza, si muovono sul filo della censura, ma si rivelano una scelta felice: c’è infatti bisogno di un nuovo antagonista per 007, qualcuno di veramente temibile (per sottolineare la grandezza di 007) ma di originale, come appunto i due ometti all’apparenza inoffensivi che James Bond fa l’erorre di non prendere sul serio.

Il 5 Aprile 1971 iniziano, nel deserto del Nevada (che nel film è quello del Sud Africa), le riprese di Agente 007: Una Cascata di Diamanti. La prima scena girata è quella dell’omicidio del dentista commesso da Wint e Kidd con uno scorpione velenoso infilato nella giacca. Viene girata anche una scena alternativa in cui lo scorpione viene messo nella bocca della vittima, poi scartata perché troppo violenta.

La prima scena girata da Sean Connery invece è quella dell’inseguimento nel centro di Las Vegas: Cubby Broccoli, grazie alle sue conoscenze influenti, riesce a ottenere la chiusura delle strade della città per ben cinque notti consecutive. La grande comodità di girare di notte a Las Vegas, è che non servono riflettori per illuminare il set. Ma non tutto si rivela così semplice: non è possibile allontanare i curiosi dal set (infatti sullo sfondo si possono ben vedere i capannelli di fan sui marciapiedi) e questo diventerà un grosso problema per la scena in cui l’auto di Bond, per infilarsi in un vicolo strettissimo, viaggia su due sole ruote. L’acrobazia di sollevare la macchina sulle ruote di destra riesce al primo colpo allo stuntman Joei Chitwood (che riceve un applauso estemporaneo dalla folla): peccato però che la ripresa dell’auto che esce dal vicolo sia inutilizzabile a causa della gente e dei poliziotti accalcati ai lati del set. La scena deve essere girata nuovamente in giugno, negli studi Pinewood: gli stuntman americani non sono più disponibili e vengono chiamati degli stuntman francesi… ma per errore la scena viene girata con l’automobile che esce dal vicolo sulle ruote sinistre! Il pasticcio viene rimediato girando una scena di raccordo nell’interno dell’auto in cui Bond dice a Tiffany di “reggersi forte” perché sta per cambiare l’inclinazione della macchina: sarebbe una cosa senza senso e quasi impossibile da fare, ma nonostante questo, dopo il montaggio, la scena in qualche modo funziona.

Abbiamo parlato delle prime scene girate, ma analizziamo invece la scena che, come da tradizione, precede i titoli di testa e la sigla. La sequenza ha lo scopo di agganciarsi alla trama del film precedente, in cui la moglie di Bond è stata uccisa da Blofeld, sottolineando però il fatto che il mitico Sean Connery sia tornato nei panni di 007. Assistiamo dunque a diversi interrogatori molto poco garbati di Bond, di cui ancora non vediamo il volto, che sconvolto dalla morte di Tracy desidera vendetta nei confronti del Numero Uno della Spectre. Inizialmente, proprio come avveniva in Licenza di Uccidere, non vediamo il viso di Bond ma solo le sue spalle, mani e braccia, in un crescendo di tensione fino alla scoperta del covo segreto di Blofeld, in cui, dopo una dura lotta, assistiamo (apparentemente) alla morte del cattivo. Girare questa scena è stato molto difficile per gli stuntman: in prima battuta, per ricreare il fango terapeutico utilizzato dal chirurgo plastico, viene usato del purè di patate, che però, dopo alcune ore, inizia a marcire e diffondere un odore insopportabile. Si appronta dunque una nuova miscela, che però ha il difetto di bruciare gli occhi e produrre eruzioni cutanee ai cascatori… altro che trattamento di bellezza!

Subito dopo la sigla, Hamilton decide di inserire l’unica scena poco divertente del film, quella in cui viene spiegato al pubblico ciò che ha bisogno di sapere sui diamanti per poter seguire poi la storia (analogamente a quanto fatto per l’oro di Goldfinger); una volta sbrigata questa formalità, il film può procedere a ritmo sostenuto con le classiche scene d’azione e la stessa ironia di sempre. Non manca comunque una punta di ironia, anche se semi-involontaria: lo sceneggiatore Tom Mankiewicz inserisce infatti una sagace osservazione di Bond sull’annata dello Sherry, non sapendo che, per questo liquore, non esiste l’annata! Per sua fortuna l’avvocato di Broccoli, che invece è un esperto del settore, si trova a passare sul set in quel momento e gli fa notare l’inesattezza: questo scambio diventa la nuova battuta del film.

L’idea iniziale di girare gli interni agli Universal Studios di Los Angeles viene abbandonata in favore dei cari vecchi Studi Pinewood di Londra, dove Ken Adam realizza tutti i set, mentre gli esterni ambientati ad Amsterdam vengono girati nella città olandese in appena un weekend. Per velocizzare le riprese, Guy Hamilton ha l’idea di promettere a tutti la serata libera ad Amsterdam a lavoro ultimato, e come racconta lui stesso: “Mai lavorato così in fretta con una troupe!”.

Come in tutti i film di Bond che si rispettino, anche in Una Cascata di Diamanti non possono mancare i combattimenti corpo a corpo. Tuttavia, poiché il regista pensa che “non ci sia nulla di più noioso che guardare due tizi che si menano”, bisogna rendere accattivanti gli scontri fisici, come ad esempio quello (girato a Pinewood) tra 007 e Peter Franks, interpretato dall’inglese Joe Robinson, che era stato l’insegnante di judo di Sean Connery. Hamilton decide che lo scontro tra questi due atleti grandi e grossi deve avvenire in uno spazio davvero angusto: un ascensore. La coreografia del combattimento viene pianificata con molta cura da Bob Simmons, ma in quel set ristretto non c’è spazio per gli stuntman (le inquadrature sono troppo ravvicinate) e i due attori devono cavarsela da soli. Nessun problema per Sean Connery, che si diverte molto a girare queste scene e non fa mai storie quando deve picchiare o farsi picchiare: l’attore aggiunge anche qualche tocco personale alla coreografia (come aveva fatto anche per i dialoghi del copione) e il risultato è una scena molto efficace con la tipica chiusura ironica: oltre due settimane di prove per una scena di due minuti appena.

In Una Cascata di Diamanti incontriamo ancora una volta l’agente CIA Felix Leiter, sempre un fedele alleato di Bond, interpretato da Norman Burton (che segue Jack Lord, Cec Linder e Rick Van Nutter). Nella scena all’aeroporto, quando Felix esamina la bara e domanda a 007 dove siano nascosti i diamanti, Bond gli risponde: “Alimentary, Watson” (“Alimentare, Watson”), parafrasando Sherlock Holmes: Cubby Broccoli in realtà desiderava eliminare questa battuta dal copione, sostenendo che nessuno l’avrebbe capita. Quando, alla prima del film, sente che il pubblico in sala ride di gusto, commenta: “Bella forza, saranno tutti dottori!”

Per il set della camera mortuaria di Las Vegas Ken Adam sceglie uno stile molto kitsch e ironico (ben rappresentato dalla vetrata a forma di diamante) e decide che, come tutti i congegni che compaiono nei film di 007, anche il pannello di controllo del forno crematorio deve essere pieno di leve e pulsanti appariscenti. La scena in cui Bond è imprigionato nella bara e sta per essere cremato è la tipica situazione dei film di 007 in cui il protagonista sembra non avere via di scampo e il pubblico ha pochi secondi per cercare di capire come riuscirà a cavarsela: anche se sono scene brevissime, a volte sono necessari mesi per idearne una che funzioni. Ironia della sorte, quella di 007 imprigionato nella cassa da morto è anche l’ultimissima scena girata da Sean Connery nei panni di James Bond, venerdì 13 agosto (neanche a farlo apposta) 1971.

Per girare le scene ambientate nei casinò e gli inseguimenti d’auto, la troupe si ferma per ben sei settimane a Las Vegas: serve tanto tempo perché è possibile effettuare le riprese all’interno dei casinò solamente tra le tre e le sei del mattino dei giorni feriali. Attori e maestranze smettono di dormire, impegnati come sono a girare durante il giorno e giocare d’azzardo di notte. Lo sceneggiatore Tom Mankiewicz perde un intero mese di paga. E non si salva neppure chi non gioca: Cubby e Dana Broccoli vengono derubati mentre dormono tranquilli nella loro suite. Ma questo non è un grosso problema per il produttore, che ha sempre a disposizione un budget di riserva che lui chiama “supporto morale”: in questo caso decide di spenderlo per dare una suite anche allo sceneggiatore, per il quale era stata prevista invece una sistemazione più semplice. Per ringraziarlo Tom voleva dare ai trapezisti del Circus Circus il nome di “Flying Broccoli” in omaggio al produttore, che però glielo vieta categoricamente.

Il direttore del Circus Circus concede il suo casinò per le riprese in cambio di una piccola parte nel film: quella dello “scienziato pazzo” che introduce il numero della donna-scimmia. Viene girata anche una scena con una donna in costume da sirena che suona l’arpa galleggiando su una conchiglia all’interno del ristorante, ma viene poi esclusa dal montaggio finale, insieme a un cameo di Sammy Davis Jr. al casinò. Per girare la scena in cui Q utilizza uno dei suoi congegni per sbancare le slot machine viene chiesto a un tecnico di impostare le macchina in modo tale che ogni tentativo sia vincente… immagino che quell’uomo sia diventato d’un tratto molto popolare!

L’hotel Whyte House, da cui l’eccentrico milionario Willard Whyte non esce mai (proprio come faceva Howard Hughes nel suo Desert Inn) è il realtà l’hotel Hilton: nei campi lunghi gli edifici adiacenti vengono nascosti da un fondale per farlo spiccare di più.

A Las Vegas entra in scena la bella Plenty O’Toole: dopo “Pussy Galore” (“Gnocca a Volontà”) un altro nome evocativo, come lo stesso Bond non manca di notare, in quanto “Plenty” significa “abbondanza”. Inizialmente il ruolo doveva andare a Jill St. John, ma il regista cambia idea e lo assegna a Lana Wood, bellissima ma piccola di statura, che per recitare accanto a Sean Connery è costretta a salire su una cassetta di frutta; la scelta si rivela cruciale quando viene girata la morte di Plenty (nella casa di Kirk Douglas a Palm Springs): la ragazza viene trovata morta nella piscina e Lana ha davvero i piedi legati ad un peso posto sul fondo. Nessuno si è accorto però che il fondale della piscina è inclinato e con passare del tempo il peso scivola verso la parte più profonda: presto Lana non è più in grado di tirare fuori la testa dall’acqua per respirare. Per fortuna l’attrice è un’ottima nuotatrice e apneista, e riesce a non andare nel panico mentre le viene prestato tempestivamente soccorso. Nonostante la sua bravura però per il tuffo in piscina dal terrazzo viene chiamata una cascatrice, Patty Elder; allo stesso modo Sean Connery, anche lui abile nuotatore, viene sostituito da un tuffatore professionista quando 007 deve buttarsi in acqua da oltre venti metri.

Gli autori dei film di 007 sono da sempre attenti alle ultime novità tecnologiche ma anche alle mode del momento. La chirurgia plastica, che ha un ruolo centrale del film, era diventata di gran moda alla fine degli anni ‘60, così come lo erano i letti ad acqua come quello della suite d’albergo di Bond (in cui Ken Adam ha l’idea geniale di inserire anche dei pesci vivi); allo stesso modo, l’ascensore esterno o le tessere magnetiche, come quelle che garantiscono l’accesso al laboratorio, erano delle novità assolute. Bond riesce a introdursi nel laboratorio segreto della Spectre grazie all’aiuto inconsapevole del Dottor Hergersheimer: questo suggestivo cognome altro non è che la parola usata da Guy Hamilton per indicare un “Pinco Pallino” qualsiasi: lo sceneggiatore decide di usarla come nome per uno dei personaggi del film. 

Una delle scene più memorabili del film è senza dubbio la fuga di 007 a bordo del Moon Buggy, il veicolo lunare realizzato da Ken Adam basandosi sul modello reale ma, per volere del regista, con aggiunta di bracci e altre parti mobili per renderlo più grottesco; Adam ha dotato lo strambo veicolo di ruote a sezione conica come l’originale, ma purtroppo queste non resistono all’ambiente ostile del deserto del Nevada e si rompono durante le riprese. Vengono sostituite con dei più classici pneumatici Honda per poter terminare la scena.

Esattamente come i combattimenti, anche le scene di inseguimento nei film rischiano sempre di diventare noiose: ecco perché Hamilton pensa di ambientarne una in un parcheggio, elaborandone lo sviluppo con l’utilizzo di diversi modellini. Qui il regista può dare sfogo a tutta la sua antipatia per le auto americane, facendo sfasciare tutte le oltre ottanta automobili messe a disposizione gratuitamente dalla Ford per il film. Girando la scena al distributore di benzina, invece, una donna che sta passando in auto si distrae per guardare Sean Connery e tampona l’auto davanti, rallentando le riprese: quando si dice fascino pericoloso…

Dopo aver visto la scena del film in cui Bond utilizza una sparachiodi da arrampicata per introdursi dall’esterno nell’attico di Whyte, diverse associazioni di scalatori scrivono alla United Artists per chiedere dove poterne acquistare una: ma questo aggeggio nella realtà non esiste (i chiodi infissi in quel modo non potrebbero mai reggere il peso di un uomo). Proprio come gli speranzosi scalatori, dopo la sua impresa Bond vede le sue speranze finire…nel gabinetto. A questo punto del copione Tom aveva inserito una lunga spiegazione da parte di Blofeld su come funzionasse il sintetizzatore vocale, ma l’attore Charles Gray suggerisce di sostituirla con una semplice frase: “Non so come funziona, ma il principio è molto semplice”. Come in tutti i film di Bond, non bisogna mai spiegare troppo…

Ken Adam si è potuto sbizzarrire nel creare il set dell’attico di Whyte, lussuoso ma anche avveniristico, pieno d’acciaio e di modellini dei suoi progetti. Al contrario la casa in cui Bond affronta Bambi e Thumper non è un set, ma una vera abitazione di Palm Springs, costruita attorno ad un blocco di roccia, cui non viene aggiunto nulla se non il trapezio necessario per la scena di lotta. L’idea per questo strano combattimento è venuto al regista guardando  le acrobazie compiuta dalle atlete delle Olimpiadi: spetta poi a Bob Simmons coreografare il tutto e creare una delle scene più memorabili della saga di Bond.

Non è facile per Guy Hamilton trovare una location adeguata per lo scontro finale: serve infatti una piattaforma petrolifera dismessa ma sicura (in quanto verranno utilizzati esplosivi ed effetti pirotecnici) e non troppo difficile da raggiungere. Per sua fortuna in quegli anni l’azienda petrolifera Shell versa in cattive acque: Hamilton riesce così ad affittare una vecchia piattaforma, poco lontano dalla costa della California, per una cifra modesta. Ogni giorno, per raggiungere il set, attori e troupe devono volare per quindici minuti su degli elicotteri privi di portelloni. Prima di girare la grande esplosione finale, il regista decide di fare un’ultima prova generale della scena, ma l’aiuto regista fraintende e ordina di azionare tutti gli esplosivi. Per fortuna il cameraman Jim Gavin ha la prontezza di azionare la telecamera e riprendere tutto dall’elicottero su cui si trova. Vengono girate anche scene con i sub che si tuffano dagli elicotteri e raggiungono la piattaforma a nuoto, ma sono poi scartate per non far risultare la scena troppo lunga (ne restano però delle immagini nelle locandine). La scena in cui Bond raggiunge la piattaforma dentro uno strano pallone (ispirata al regista, ancora una volta, da un filmato visto in televisione), viene girata successivamente negli studi Pinewood, insieme alla scena finale a bordo della nava da crociera.

Putter Smith accetta coraggiosamente di lasciarsi incendiare le braccia, ma viene poi sostituito da George Leech per il finale della scena, così come lo stuntman Gerry Crampton sostituisce Bruce Glover per il salto in mare (per cui viene utilizzato un trampolino), anche se in realtà la scena viene grata in studio e non c’è acqua ma solo tessuto increspato a simulare l’effetto delle onde. Ken Adam progetta ben due sottomarini per la fuga di Blofeld, uno in fibra di vetro (per il costo di 30.000 dollari) e uno più resistente pieno di cemento per la demolizione della sala controllo. La scena, inizialmente prevista, di inseguimento di Blofeld nella salina non viene mai girata per indisponibilità della location californiana. Nonostante sia molto elaborata e tecnicamente complicata, la scena dell’attacco alla piattaforma viene girata a tempo di record grazie alla sagacia dei produttori, che negano a Guy Hamilton e Sean Connery il permesso di recarsi negli splendidi campi da golf della California fino a che la scena non sarà ultimata. A volte non serve altro che il giusto incentivo…

Venerdì 13 agosto 1971, alle ore 16.00, Sean Connery ha appena finito di girare la sua ultima scena nei panni di 007, e tutti i suoi amici e colleghi sanno che questa volta si tratta di un addio definitivo. I produttori avranno modo di consolarsi con gli incassi e il successo del film (anche se non è certo uno dei migliori, anzi), ma il futuro appare incerto: che ne sarà di James Bond? Dopo il fallimento catastrofico di George Lazenby sembra chiaro che sostituire Sean Connery non è possibile… È forse la fine di 007? 

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007 – Si Vive Solo Due Volte

Nonostante il fenomeno 007 sia ormai inarrestabile e i problemi di soldi dei primi film non siano che un lontano ricordo, per la prima volta sul set di un film di 007 si respira un’aria non del tutto serena: Sean Connery, il cui contratto è in scadenza, ha già annunciato che quello sarà il suo ultimo film nei panni dell’agente segreto britannico; la troupe e il cast sono costantemente assediati da curiosi e giornalisti; il pubblico, ormai assuefatto alle scene spettacolari dei film di James Bond, si aspetta sempre di più, e le sequenze d’azione diventano sempre più ardite e pericolose…

Il quinto film della saga di 007, Si Vive Solo Due Volte, si basa sul romanzo scritto da Ian Fleming ma se ne discosta molto a partire dalla trama, che nel libro era strettamente collegata a quella della precedente avventura di Bond, Al Servizio Segreto di Sua Maestà, che però come abbiamo visto non era ancora stato portato sugli schermi a causa di diatribe legali legate ai diritti. L’unica cosa certa è che 007 si dovrà scontrare ancora una volta con l’organizzazione criminale internazionale Spectre e con il suo Numero Uno, Ernst Stavro Blofeld (di cui fino ad ora il pubblico ha potuto vedere solamente le mani) e che il teatro di questo scontro epocale sarà il Giappone. Proprio come Fleming, che vi si era recato per cercare ispirazione per il suo romanzo, durante la fase di pre-produzione i produttori, Harry Saltzman e Albert Broccoli, partono per il Giappone insieme allo scenografo Ken Adam e al nuovo regista, l’inglese Lewis Gilbert (regista di molti film di guerra e dalla commedia di successo Alfie con Michael Caine), alla ricerca di location adatte per il film. A Cubby Broccoli è stata assegnata la suite numero 1007, che sembra di buon auspicio… Invece il castello medievale in cui Blofeld dovrebbe risiedere, circondato da un giardino popolato di animali feroci e piante esotiche velenose, sembra impossibile da trovare. Produttori, scenografo e regista noleggiano due elicotteri e iniziano a setacciare il Giappone, ricoprendone due terzi volando sette ore al giorno con scarso entusiasmo da parte di Gilbert, che non ama volare ed è impaurito dal fatto che il pilota sia piuttosto anziano e abbia le mani tremanti; nel tentativo di allentare la tensione il pilota si volta verso il regista ed esclama: “Io kamikaze!” A dispetto di tutto, il “kamikaze si rivelerà un ottimo pilota. Dopo tre settimane di ricerche in elicottero i nostri stanno per darsi per vinti, finché non si trovano a sorvolare la zona vulcanica a nord di Kyushu. Qui Ken Adam rimane affascinato da un vulcano, il monte Shinmoe, nel cui cratere si è formato un lago e azzarda un’ipotesi: “E se il cattivo anziché in un castello avesse il suo covo segreto dentro un vulcano?”. L’idea piace moltissimo e Adam inizia subito a realizzare schizzi e bozzetti del set del vulcano, che dovrà essere realizzato negli studi Pinewood di Londra. “Quanto costerà?” chiedono i produttori. Lo scenografo, che non ne ha idea, decide di sparare una cifra folle: “Un milione di dollari”. “Ok” risponde Broccoli “se puoi farlo per un milione va bene”. “Sapevo” ammette Adam “che se il set del vulcano non avesse funzionato non avrei mai più lavorato nel cinema”. No pressure here.

Ken Adam sul set in costruzione

È ormai chiaro che la trama del romanzo dovrà essere modificata consistentemente prima di essere adattata per il film e il compito di sceneggiare Si Vive Solo Due Volte viene inaspettatamente assegnato a uno scrittore di libri per bambini che non ha alcuna esperienza di sceneggiatura ma era stato grande amico di Ian Fleming: Roald Dahl, che qualche anno prima ha pubblicato La Fabbrica di Cioccolato. A dimostrazione del fatto che i fan di Bond altro non sono che eterni bambini…

Una importante innovazione rispetto al romanzo è quella di introdurre nel film una tematica attualissima come la corsa allo spazio, che si stava svolgendo proprio in quegli anni tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Lo spettatore più attento potrebbe però accorgersi di come, verso la fine del film, siano stati invertiti i filmati dei lanci del razzo americano e di quello sovietico. 

Mentre passeggiano per Tokyo, Saltzman, Broccoli e Gilbert si imbattono in Peter Hunt, il montatore dei precedenti film di Bond, che si trova lì in vacanza. Hunt è contrariato per la scelta di Gilbert come regista: “Mi avevate detto che il prossimo film lo potevo dirigere io!” si lamenta coi produttori. “Facciamo così, dirigi la seconda unità per Si Vive Solo Due Volte e il prossimo lo dirigi tutto tu!” Hunt accetta ma pretende che questa volta l’accordo sia messo per iscritto. Fidarsi è bene… Il giorno in cui i produttori avrebbero dovuto lasciare il Giappone vengono invece chiamati per visionare un filmato di un vero addestramento ninja e decidono di rimandare la partenza. L’aereo su cui sarebbero dovuti salire si schianta e tutti i passeggeri e l’equipaggio perdono la vita. Si adatta perfettamente alla situazione l’haiku che Ian Fleming, che si era appena ripreso da un grave infarto, aveva scelto di usare come incipit del romanzo Si Vive Solo Due Volte:

Si vive solo due volte:

Una volta quando nasci

E una volta quando guardi la morte negli occhi.  

Bashō,

Poeta giapponese,

1643-94

Le riprese iniziano il 4 luglio 1966 e la prima scena girata è… la morte di 007! Gilbert e Dahl decidono infatti di fare, per la sequenza che precede i titoli di testa, qualcosa di diverso dalla solita scena d’azione, puntando invece su un’atmosfera più misteriosa. 

Se la morte di 007 ha spiazzato gli spettatori, il compito di rassicurarli spetta alla sigla di apertura. John Barry è ancora una volta autore della colonna sonora del film e della canzone You Only Live Twice, il cui testo è scritto da Leslie Bricusse e che viene interpretata da Nancy Sinatra, figlia di Frank e amica di Barry e Bricusse. La cantante ricorda di essere stata così nervosa nello studio di registrazione, in presenza di un’ottantina di musicisti dal vivo, che la prima volta le è uscita dalla bocca una voce stridula “come quella di Minnie”. La versione della canzone che ascoltiamo oggi nel film è stata assemblata poi da Barry con parti prese da venticinque diverse registrazioni.

La cantante Nancy Sinatra

Per le immagini che fanno da sfondo ai titoli di testa ci si affida ancora una volta a Maurice Binder, il creatore dell’ormai celeberrima sequenza di apertura con Bond che cammina poi spara verso lo spettatore (per la quale Binder non finì mai di rammaricarsi per aver accettato il pagamento anziché la commissione) che prosegue la tradizione di utilizzare silhouettes di ragazze. “Se c’è qualcosa da censurare nei film di Bond, sono proprio i titoli di testa!” secondo Roger Moore. La figlia del produttore Harry Saltzman racconta di come, quando Binder faceva i provini per le ragazze dei titoli di testa, dagli uomini Pinewood sparissero improvvisamente tutti gli uomini, richiamati da quell’evento… In questo ambiente prevalentemente maschile, la presenza di un’addetta al montaggio donna come Thelma Connell faceva inevitabilmente scalpore, ma Gilbert non se ne preoccupa e la vuole con sé al pari di altri collaboratori come il direttore della fotografia Freddie Young, tre due volte premio Oscar per tre film di David Lean: Lawrence d’Arabia (1962), Il Dottor Zivago (1965) e La Figlia di Ryan (1970). Gilbert invita sul set il collega Lean, il quale accorre incuriosito con l’intenzione di fermarsi un’oretta, ma finisce poi per rimanere l’intera giornata di riprese, incantato, come tutti, dal fascino di una produzione così monumentale (Si Vive Solo Due Volte in quel momento è la più grande produzione del cinema inglese). Nonostante la sua imponenza (ben cinque unità di ripresa dislocate in vari paesi del mondo) però il nuovo regista non si sente intimorito, anzi, dichiara che dirigere un film di 007 è molto facile perché il lavoro in realtà è già tutto pronto: per le scene d’azione il cast tecnico si occupa quasi di tutto, la parte più difficile per il regista è girare i dialoghi; secondo Gilbert il pubblico di 007 non è interessato all’infanzia del personaggio o ai suoi problemi psicologici: quello che interessa al pubblico è l’azione condita di ironia.

Immagini dei titoli di testa creati da Maurice Binder

La finta morte di James Bond viene girata a Pinewood, il funerale sulla HMS Tenby al largo di Gibilterra e il recupero del “cadavere” invece alle Bahamas, utilizzando un modellino di sottomarino. La difficoltà sta nel trovare il giusto peso per il corpo del “defunto” Bond in modo che il fagotto non galleggi ma non sia nemmeno troppo difficile da sollevare e infilare nel sottomarino. Una volta a bordo del sottomarino il redivivo 007 incontra per la prima volta Miss Moneypenny (Lois Maxwell) e il capo M (Bernard Lee) in un ufficio esterno temporaneo. La segretaria, anche se indossa una regolamentare divisa della Marina Britannica, ha i capelli decisamente troppo lunghi per il regolamento di bordo, che consentirebbero di portarli al massimo fino a dieci centimetri sopra le spalline. Ma il nostro James non sembra preoccuparsene…

Lois Maxwell interpreta ancora Miss Moneypenny

Per poter girare in Giappone è necessario utilizzare attori giapponesi. Gilbert sceglie per il ruolo di “Tigre” Tanaka, collega di Bond, l’attore Tetsuro Tamba con cui ha già collaborato in La Settima Alba e che, oltre ad essere un esperto karateka, parla molto bene l’inglese, e fungerà da collegamento con gli attori e i tecnici del luogo. Nessuna ragazza giapponese invece conosce l‘inglese, perciò Gilbert ne selezione due e decide di portarle in Inghilterra per un corso di lingua intensivo; Akiko Wakabayashi impara in fretta, mentre la collega Mie Hama continua ad avere problemi con la lingua: Gilbert non ha altra scelta che dire a Tamba di chiederle di tornare a casa. L’attore esegue, ma la ragazza risponde che in questo caso si getterà dalla finestra dell’hotel. Gilbert non può fare altro che rivedere la sua scelta e tenere Mie nel cast, scambiandole però il ruolo con Akiko visto che Aki ha molte più battute della futura signora Bond Kissy

Mie Hama, Sean Connery e Akiko Wakabayashi

Il regista Lewis Gilbert, oltre a non amare gli elicotteri (come abbiamo visto) o la barche, non riesce ad abituarsi all’abitudine giapponese di togliersi le scarpe per entrare negli ambienti, che vale anche per i teatri di posa nonostante questi non abbiano pavimento: gli attori giapponesi infatti recitano stando seduti a terra, come si fa normalmente nelle case, e dunque è necessario posizionare le macchine da presa ad un livello più basso del terreno, vale a dire in un buco per terra, in modo da riprendere i volti alla giusta altezza. Per aiutare il regista in difficoltà, i produttori assumono prontamente un locale nel ruolo di “ragazzo delle scarpe” per dire al regista quando è il momento giusto di togliere o di rimettere le scarpe.

Il “ragazzo delle scarpe” suggerisce certamente di toglierle, insieme a tutto il resto, quando Lewis e Sean Connery si recano ad un bagno termale locale, in cui si ritrovano al centro di tutte le attenzioni: le donne, abituate agli uomini glabri, vorrebbero toccare i loro corpi villosi, mentre gli uomini li fulminano con sguardi gelosi. 

Molti dei personaggi che vediamo nel film non erano presenti nel libro: l’agente Spectre Mr. Osato, la spia Aki e la bella e letale Helga, per il cui ruolo si cerca inizialmente un’attrice alta e bionda mentre la scelta finale cade su Karin Dor, che deve quindi tingere i capelli scuri e portare tacchi alti per avere un aspetto più “nordico”. Il primo giorno di riprese, Karin si allontana dal set per un momento e vede un’enorme lampada cadere proprio nel punto in cui si trovava un attimo prima. Per fortuna nessun ferito e le riprese non si fermano, anche perché come sempre i tempi sono stretti: la data d’uscita è già stata fissata. Karin non ha mai visto un film di 007 (!) e quando vede dal vivo Sean Connery pensa che non sia poi così affascinante, salvo ricredersi immediatamente nel momento in cui lo vede recitare: anche se ormai il suo parrucchino è fin troppo evidente, Connery mantiene comunque tutto il suo fascino, nonostante sia molto infastidito dall’invadenza dei giornalisti. Un reporter giapponese ha perfino tentato di fotografarlo dalla finestra mentre era in bagno. I produttori, per tenere Sean lontano dai giornalisti, assumono ben sedici guardie del corpo locali. Risultato? Non appena Connery si avvicina ai suoi angeli custodi questi estraggono dalle tasche le macchina fotografiche! E sul set la situazione non migliora: giornalisti e curiosi circondano sempre la zone delle riprese e il regista è costretto a chiedere più volte il silenzio. La polizia istituisce dei posti di blocco che però vengono puntualmente aggirati: sembra impossibile contenere i fan giapponesi, così Gilbert decide di sfruttare la cosa a suo vantaggio: viene organizzato un vero incontro di sumo nello stadio di Tokyo per girare l’incontro tra Bond e Aki, e i tecnici del suono riescono a registrare dal vivo il clamore della folla autentica di ottomila persone, che viene poi usato per il sonoro del film.

L’abitazione dell’agente segreto Henderson, interpretato da Charles Gray, viene progettata da Ken Adam con grande cura per essere una commistione tra lo stile orientale e quello britannico, visto che Dikko Henderson vive da anni in Giappone ma non ha mai rinunciato alle sue abitudini, preferendo ad esempio un comodo letto a due piazze al tradizionale tatami giapponese. La caduta di stile consiste invece nell’offrire a Bond un Vodka-Martini che ha appena mescolato e non agitato! L’errore sfugge agli attori e al regista sul set, ma non ai fan che, dopo le prime proiezioni, scrivono numerosi alla United Arstists per lamentarsi dell’errore imperdonabile. Ma ancora prima che i fan si scatenassero la fine di Henderson era stata stabilita, tanto che le pareti della sua casa sono di carta di riso proprio in funzione della messa in atto del suo omicidio: Henderson viene pugnalato alle spalle proprio attraverso la parete; e pensare che per evitare la morte gli sarebbe bastato un salto a sinistra

“It’s just a jump to the left!”

In Si Vive Solo Due Volte il coordinatore degli stuntmen è ancora una volta Bob Simmons, che fa anche da controfigura a Sean Connery che, in quanto star indiscussa, non deve assolutamente infortunarsi. Nonostante questo Connery e Gilbert, entrambi appassionati di calcio, decidono di organizzare una partita amichevole contro una squadra giapponese, nonostante le rimostranze dei produttori, preoccupati per l’incolumità di 007. Dopo pochi minuti dal fischio d’inizio Sean Connery è già steso a terra dolorante, con una caviglia gonfia: fortunatamente 007 zoppica appena per un paio di giorni. Chi invece non si fa problemi a correre rischi è Simmons, che nel girare la scena dell’inseguimento al porto salta da trenta metri di altezza per atterrare su degli scatoloni. Quando il cascatore esegue il salto però dal pubblico si leva un grido di terrore: nella caduta a Simmons si sono abbassati i pantaloni, mettendo in mostra le sue mutande rosse, che da lontano sembravano macchie di sangue…

Come sempre il nostro eroe James Bond non ha paura di intrattenersi nemmeno con le donne più pericolose come la bella Helga. Non solo non ne ha timore, ma ci scherza sopra: “Cosa farei per l’Inghilterra!” dice mentre la spoglia. Una battuta che sarebbe dovuta essere nel film precedente, Thunderball (in riferimento ad un’altra bellezza pericolosa, Fiona Volpe) ma che fu tagliata e quindi riciclata per questa occasione.

Sean Connery e Karin Dor

Per la scena dell’aereo che precipita, il tecnico del suono Norman Wanstall (Oscar per gli effetti sonori di Goldfinger) si rivolge ai produttori: “Mi serve un pilota con un aereo che precipita”. La loro risposta? “Per quando ti serve?”. Grazie ad un pilota coraggioso, Wanstall può quindi procedere a registrare da vivo il rumore di un aereo in picchiata… Sono molti gli uomini senza paura che hanno reso possibile la realizzazione del film. Il Colonnello Wallis, ad esempio, inventore di Little Nellie, il mini-elicottero giallo utilizzato da Bond per cercare la base di lancio della Spectre. Quello fornito a 007 da Q (Desmond Llewelyn), di nuovo in trasferta e in tenuta estiva (anche se meno sgargiante di quella indossata nel film precedente) smontabile e trasportabile è un modellino, ma quello che vediamo volare è reale e funzionante, pilotato dallo stesso Colonnello Wallis nella difficile location montuosa e arricchito dal responsabile effetti speciali John Stears di razzi e mitragliatrici realmente funzionanti. In tutto il Colonnello Wallis, che pilota personalmente Little Nellie, farò più di ottantacinque decolli e atterraggi tra le montagne per un totale di circa quarantasei ore di volo: nel film la battaglia aerea dura sette minuti e mezzo…

La Piccola Nellie

Girare la scena della battaglia aerea si rivela molto più difficile e pericoloso del previsto, tanto che uno degli operatori, Johnny Jordan, rimane gravemente ferito in una collisione tra due elicotteri causata dalle correnti d’aria. Per sua fortuna il pilota del suo mezzo altri non è che il pilota kamikaze di Gilbert, che riesce a far atterrare l’elicottero nonostante sia danneggiato. Jordan viene subito trasportato in ospedale e successivamente i produttori gli garantiscono le migliori cure possibili a Londra, ma nonostante questo il piede dovrà essere amputato. Jordan però si rimette in fretta e torna al lavoro già nel film successivo della saga di Bond. La scena della battaglia aerea verrà poi ultimata in fase di post produzione in Spagna, poiché i giapponesi non permettono il lancio di razzi sopra il parco nazionale.

Lois Maxwell, Mie Hama, Sean Connery, Karin Dor e Akiko Wakabayashi sul set di Ken Adam

Mentre la troupe gira in Giappone, a Pinewood fervono i preparativi per allestire il set del  vulcano ideato da Ken Adam, il più grande e complesso mai realizzato, alto centotrentacinque metri (gli operai avevano chiesto e ottenuto un aumento per lavorare a quell’altezza) che una volta completato è visibile da cinque chilometri di distanza e per il quale è stata adoperata una quantità di acciaio superiore a quella impiegata per costruire l’hotel Hilton di Londra. L’esterno è coperto da teli cerati e per le riprese dall’esterno vengono usati dei fondali dipinti attaccati ad una gru alta quasi cinquanta metri, ma per l’interno è tutto un altro discorso: gli elicotteri decollano veramente all’interno del set, la monorotaia è funzionante e Freddie Young deve usare ogni lampada degli studi per illuminarlo. Il buco del cratere è di vetro e la copertura può scorrere realmente grazie ad un verricello. Tuttavia c’è una cosa che non è possibile fare nel set di Adam: far decollare un razzo spaziale. La scena della partenza del razzo della Spectre viene realizzata sollevando il veicolo con una gigantesca gru; il rumore del decollo è dato da quello di un jet mescolato a quello del vapore. Il razzo che si apre per “ingoiare” gli altri razzi è interamente frutto della fantasia di Ken Adam, anche se un modello molto simile viene realizzato decenni dopo e utilizzato per il recupero e il rilascio di piccoli satelliti.

Il set di Ken Adam

Con un covo così grandioso, anche il villain deve esserlo: eppure l’attore scelto per interpretare Blofeld, di cui finalmente si dovrà vedere il volto, non convince per via di quell’aria bonacciona da Babbo Natale. Dopo cinque giorni di riprese il buon Jan Werich viene mandato a casa e rimpiazzato da Donald Pleasance. Pleasance accetta di buon grado la cicatrice che gli viene applicata alla pelle, nonostante la colla gli renda il volto livido. Chi invece non vede la faccenda di buon grado è il gatto bianco, che Blofeld tiene sempre in braccio. Nonostante sia un gatto-attore professionista, il micio si spaventa per un colpo di pistola a salve e si getta all’interno del condotto della monorotaia, dal quale riemergerà solo due giorni dopo, sotto shock: non lavorerà più nel mondo del cinema.

Per James Bond i produttori vogliono solo il meglio: le ragazze più belle, le scenografie più imponenti, i nemici più spietati. Per le molte scene del film in cui vengono utilizzate le arti marziali vediamo all’opera combattenti professionisti che si servono di autentiche armi tradizionali giapponesi. Per la scena del campo di addestramente ninja viene scelta la suggestiva location del Castello dell’Airone Bianco risalente all’inizio del diciassettesimo secolo. Per evitare danni all’edificio storico, che è anche un santuario, gli scenografi realizzano un secondo muro esterno sul quale i combattenti si allenano nel lancio degli shuriken. Il giorno successivo i quotidiani locali titolano “Via 007 dal Giappone!”: i giornalisti e i fotografi presenti sul set non avevano capito che il muro era posticcio e pensavano che gli attori stessero davvero rovinando il monumento storico. Per la scena dell’assalto finale al covo di Blofeld arriva dal Giappone un’intera squadra di esperti di arti marziali, tra cui anche i ninja autentici, che gli occidentali non avevano mai visto in un film: le arti marziali orientali non arriveranno al cinema in occidente che cinque anni più tardi. Bob Simmons avverte i colleghi di stare attenti con i ninja perché sono tipi molto orgogliosi… eppure, quando arriva il momento di calarsi lungo le funi all’interno del set del vulcano costruito da Ken Adam i ninja, spaventati dall’altezza, si rifiutano (ricordo che il vulcano è alto 137 metri): tocca dunque a Simmons e alla sua squadra di un centinaio di stuntmen calarsi a tutta velocità (utilizzano un flessibile per non bruciarsi le mani, ma nonostante questo accorgimento uno di loro si rompe una caviglia). Per la prima volta vengono anche introdotti i trampolini per le acrobazie degli stuntmen, uno dei quali però, a causa dell’inesperienza, batte violentemente la testa, per fortuna senza conseguenze.

Il matrimonio tra Bond e Kissy

Dopo l’addestramento di arti marziali, le fatiche di 007 non sono certo finite: ora James Bond, che ufficialmente è ancora defunto, deve diventare giapponese per nascondersi in mezzo alla popolazione locale. Per prima cosa è necessario coprire il tatuaggio di Sean Connery: Scotland Forever. Il make-up però non è sufficiente: Bond deve sposare una ragazza del luogo. La scelta ricade sulla bella Kissy, insospettabile agente segreto: al matrimonio di 007, filmato al tempio Nakanoshima, presenziano centoventi comparse oltre ad un gran numero di giornalisti. Per reclamizzare l’evento cinematografico la United Artists aveva precedentemente diffuso uno special tv, Welcome to Japan Mr.Bond, in cui Miss Moneypenny e Q (per la prima volta nella stessa scena) elucubrano sull’identità della fortunata Signora Bond). Per 007 non è certo una passeggiata, anzi, è una passeggiata molto difficile in quanto deve camminare curvo per non spiccare troppo sopra i giapponesi che lo circondano. Come se non bastasse, la bella Kissy, devota alla sua missione, gli nega le gioie della prima notte di nozze. Non c’è dunque da stupirsi se il make-up orientale di Bond scompare misteriosamente prima dello scontro finale con Blofeld: i costumi giapponesi proprio non fanno per lui…

Bondo-san

Al termine dello scontro finale servono degli aerei che lancino dei gommoni di salvataggio a 007, Kissy e agli altri sopravvissuti: ci pensa il Generale Russhon, amico di Cubby Broccoli e da sempre angelo custode di Bond, a dare l’ordine necessario. Russhon aveva anche provveduto a procurare, in modo non del tutto ortodosso, armi e attrezzatura militare per il film. 

La scena in cui il sottomarino emerge da sotto il gommone, interrompendo la luna di miele di Bond, si rivela impossibile da girare, perché la corrente generata dall’emersione spinge via il gommone: a Gilbert viene però l’idea di posizionare il gommone sul sommergibile che, anziché emergere, si immerge. A questo punto non resta che invertire la pellicola in fase di montaggio.

Il resto, come si dice, è storia: Si Vive Solo Due Volte, nonostante tutte le difficoltà e gli incidenti dentro e fuori dal set, fu un enorme successo, ma non fu l’ultimo film di 007. Anzi, a dirla tutta non fu nemmeno l’ultimo film di 007 di Sean Connery… ma di questo parleremo la prossima volta, vi aspetto sempre qui su Cinemuffin per Agente 007 – Al Servizio Segreto di Sua Maestà!