La Stanza Accanto

Titolo originale: The Room Next Door

Anno: 2024

Regia: Pedro Almodóvar

Interpreti: Tilda Swinton, Julianne Moore, John Turturro

Ingrid (Julianne Moore) è una scrittrice di successo, mentre Martha (Tilda Swinton) una reporter di guerra. Grandi amiche in gioventù, si ritrovano molti anni dopo, quando a Martha, affetta da un tumore incurabile, non restano che pochi mesi di vita. A questo punto Martha fa alla vecchia amica una proposta sconvolgente: restarle accanto per alcuni giorni fino a che lei non assumerà una pillola, procuratasi illegalmente poichè l’eutanasia è un reato, per suicidarsi…

Il trailer del film mi aveva conquistata, trovavo l’idea di partenza (derivata dal romanzo Attraverso la Vita di Sigrid Nunez) estremamente affascinante e terribile, ed ero arrivata al cinema con già in mano un fazzoletto, pronta ad essere sconvolta, scandalizzata, disperata… Ma non è accaduto nulla di tutto questo. La Stanza Accanto non è che una messinscena leccata, colorata, patinata e ovattata della morte, che esclude ogni emozione, ogni sentimento, ogni dibattito. Non voglio certo negare il talento delle attrici protagoniste: Tilda Swinton in particolare è una scelta perfetta, visto che sembra davvero sul punto di morire ad ogni inquadratura; Julianne Moore, all’opposto, dovrebbe rappresentare la vita e la gioia di vivere, in connubio con la paura della morte, ma purtroppo non riesce a trasmettere nulla di tutto questo. Ma la colpa non è tutta sua, semplicemente la trasmissione di emozioni verso lo spettatore non è affatto contemplata, fin dall’inizio. Tutto il film è costituito di dialoghi algidi, pacati, ragionevoli, anche con i personaggi minori (il cinico scrittore John Turturro, il personal trainer, il poliziotto). Nessuno si altera, si sfoga, si arrabbia, si ribella, si dispera. Il regista Pedro Almódovar si concentra esclusivamente sul mostrare opere d’arte, architetture avanguardistiche, colorazioni sfacciate di abiti e arredamento: un contorno elegante ma non funzionale e non veicolante alcun messaggio.

Il film è pieno zeppo di libri infilati ovunque (libri, librerie, scrittori…) ma non ne ha la profondità nè lo spessore. La citazione portante dal racconto The Dead (I Morti, se per caso fin qui non fossimo stati sufficientemente didascalici) di James Joyce è insignificante, oltre che vergognosamente scolastica, ma rende bene l’idea del gelo emotivo che riempie lo schermo in ogni momento. Anzi, se vogliamo trovarlo un messaggio c’è: la morte non è poi così tremenda se puoi affrontarla in una casa lussuosa, piena di fonti di intrattenimento, opere d’arte e oggetti di design, con accanto un’amica che può tranquillamente lasciare il lavoro per settimane, e scegliere liberamente il momento in cui morire grazie ad una pillola senza dubbio costosissima. Ma temo che non tutti coloro che, purtroppo, sono condannati a morte da una malattia incurabile, possano concedersi questi lussi. L’empatia con questi personaggi così freddi, algidi, insensibili, non è proprio possibile. Dal film vincitore del Leone d’Oro 2024 a Venezia mi aspettavo molto, ma molto di più. Una delusione.

Voto: 1 Muffin Ipocalorico

Okja

Titolo: Okja

Anno: 2017

Regista: Bong Joon Ho

Cast: Seo-hyun Ahn, Paul Dano, Jake Gyllenhaal, Tilda Swinton

La multinazionale Mirando crea in laboratorio alcuni esemplari di una nuova specie, il Superpig, e li affida a diversi allevatori in vari paesi del mondo che ne curino la crescita, poichè non saranno pronti per la macellazione prima di dieci anni. Ma allo scadere del tempo la giovane Mija tenterà di impedire che le portino via Okja, cui è affezionata come a un animale domestico.

Due anni prima di Parasite, che gli varrà l’Oscar come miglior film straniero (la prima statuetta in questa categoria per un film coreano), Bong Joon Ho realizza questa favola (non adatta ai bambini) che racconta di una grande amicizia, nata tra la piccola Mija, orfana di genitori, e il Superpig Okja, tanto grande quanto intelligente ed affettuosa. Questa formula universalmente efficace è il vero punto di forza del film, che dà il meglio di sé proprio nella prima parte, quando mostra la vita serena di Mija e Okja, per poi perdersi un po’ nei cambiamenti di ritmo e di tono. Le scene in cui vediamo il gruppo animalista in azione sono in stile action postmoderno, mentre quelle ambientate ai vertici della Mirando sono una farsa che però non riesce a divertire, nonostante l’impiego di attori di grande talento come Tilda Swinton (qui in un doppio ruolo) e Jake Gyllenhaal. A salvare tutto però ci sono una creatura capace di grande affetto ma non eccessivamente umanizzata e una ragazza la cui ostinazione va ben al di là di ogni utopia politica o filosofia dietetica (è stato detto che il film è un manifesto vegano, ma credo sia solo una lettura superficiale nonché un tentativo maldestro di strumentalizzazione). Da applauso la protagonista, la giovanissima Seo-hyun Ahn, troppo gigioni e sopra le righe Tilda Swinton e Jake Gyllenhaal, convincente il capo degli animalisti Paul Dano. Adeguati alla favola che raccontano, anche se non perfetti, gli effetti speciali. Menzione speciale per il personaggio del nonno mentecatto e per la sua scelta di consolare la nipote per la perdita dell’amica di una vita regalandole un maiale d’oro massiccio, subito dopo averle chiesto “Chi ti manca di più, mamma o papà?”.

Voto: 3 Muffin