Q – Qual è il tuo Batman preferito?

Batman in difficoltà per liberarsi della bomba senza ferire i civili

Il primo numero del mensile della rivista di cinema Ciak lo acquistai nell’agosto del 2001. Ricordo che in copertina c’era un’immagine dell’allora giovanissimo Daniel Radcliffe/Harry Potter, la cui saga cinematografica iniziava allora con il primo episodio, e il numero proponeva, come fa tutt’ora nel mese di agosto, un’anticipazione dei film che sarebbero usciti nelle sale nei mesi successivi. Trovai in quella rivista il giusto compromesso tra approfondimento culturale e vanesio glamour: da allora, non ne ho mai perso un numero. Dapprima li acquistavo in edicola, poi ho scoperto la comodità dell’abbonamento. Da brava grafomane, oltre a leggere avidamente ogni numero da cima a fondo (saltando giusto qualche articolo sul cinema italiano), ho anche sempre approfittato di ogni occasione per dire, o meglio scrivere, la mia. Su ogni numero infatti si potevano trovare (col passare del tempo sempre meno, devo dire) diversi inviti ai lettori ad inviare le proprie idee, recensioni e valutazioni, e io naturalmente ne approfittavo il più possibile. Questa mia partecipazione in una percentuale piuttosto alta di casi mi ha anche dato delle soddisfazioni: una recensione pubblicata (come racconterò più avanti) e premiata con il blu-ray del film Stanno tutti bene (che confesso di non aver ancora mai guardato…), un intervento premiato con i biglietti per l’anteprima a Milano di Kick-Ass 2 (cui non mi è stato possibile assistere), uno premiato con la partecipazione gratuita ad una lezione di comicità (anche di questo parlerò in seguito). Forte di questi riconoscimenti ho anche inviato il mio curriculum, diverse volte, ma ahimè non sono mai stata presa in considerazione… Una grande soddisfazione però l’ho avuta: un bel regalo per mio figlio. Quando Ciak propose ai suoi lettori di scrivere per dire quale fosse, tra i tanti attori che lo hanno interpretato, il loro Batman preferito e perché, non ho avuto esitazioni. Devo aver già detto che uno dei miei film di supereroi preferiti è Il Cavaliere Oscuro, ma questo non ha nulla a che fare con la presenza di Christian Bale, che è certamente un ottimo professionista ma che non mi ha mai, per così dire, rubato il cuore. Di quel film, oltre all’ottima sceneggiatura, amo soprattutto le interpretazioni di Heath Ledger e di Aaron Eckart. George Clooney? Beh, confesso di aver avuto una cotta per lui per molti anni e di aver visto moltissimi dei suoi film (compreso Il Ritorno dei Pomodori Assassini, che è esilarante e che tutti dovrebbero vedere), ma non posso non riconoscere che Batman & Robin è un film divertente ma piuttosto cretinotto. Con Tim Burton ci sono cresciuta, di lui amo moltissimo moltissime cose (al primo posto il musical Sweeney Todd), ma sinceramente i suoi Batman mi lasciano indifferente, non sono né divertenti né graffianti, nonostante il cast sempre stellare. Il Batman crepuscolare di Ben Affleck (e del suo panino alla Nutella) non era ancora arrivato nelle sale. Dunque non c’era che una risposta: Adam West (che per coincidenza morì pochi mesi più tardi). Famoso soprattutto per la serie televisiva (che guardavo da piccolissima e di cui non ho che ricordi vaghi), fu tuttavia anche protagonista nei panni dell’uomo pipistrello di un lungometraggio che fu riproposto per un certo periodo da Netflix. A guardare quel film oggi, la prima cosa che colpisce è l’ingenuità generale del tutto, dai costumi alle battute di spirito agli escamotages di trama, ma quando l’ho visto sono rimasta colpita da una cosa: Batman non aveva mai dubbi. Oggigiorno siamo abituati a supereroi più umani, pieni di esitazioni, incertezze, rimorsi, che spesso mollano tutto (magari solo per un po’) o che elucubrano all’infinito su profonde questioni morali. Adam West invece non elucubrava mai, sapeva sempre esattamente cosa fare, il nero era nero e il bianco bianco, il cattivo cattivo e gli innocenti venivano salvati, sempre e comunque. Questo mi ha fatto pensare a come debba essere cambiato il mondo, in poche decine di anni, se perfino i supereroi sembrano aver perso ogni certezza e ogni speranza di poter davvero trionfare sul male: in fondo il cinema, come ogni forma d’arte, non è che uno specchio dell’animo umano, dei suoi bisogni, delle sue paure, dei suoi sogni. Questo scrissi a Ciak, ed il mio intervento fu premiato con il blu-ray di Lego Batman, che tutta orgogliosa regalai a mio figlio. E vorrei tanto poter donare ai miei figli un mondo meno simile alla Gotham di Christopher Nolan, in cui Batman si accolla volontariamente l’odio di tutti e fugge, e più simile a quello di Adam West, dove un delfino di passaggio decide spontaneamente di immolarsi per salvare Batman e Robin da un siluro esplosivo…

Lo Chiamavano Jeeg Robot

Anno: 2015

Regia: Gabriele Mainetti

Interpreti: Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli, Luca Marinelli

Dove trovarlo: Raiplay

Enzo Ceccotti è uno spiantato di mezz’età senza famiglia né amici che sbarca appena il lunario con piccoli reati e si nutre esclusivamente di budini e film porno. Ma tutto cambia quando, per sfuggire sia alla polizia che a un paio di criminali, decide di gettarsi nel Tevere proprio nel punto in cui si trovano alcuni bidoni di scorie chimiche. Quando riemerge, Enzo si rende lentamente conto di aver acquisito una forza sovrumana, che decide subito di sfruttare per i suoi intenti criminali, fino a che non si ritrova a dover badare a Alessia, giovane con disturbi mentali il cui padre è stato ucciso durante un’operazione criminosa andata male. A complicare ulteriormente le cose c’è poi lo Zingaro, che intende scoprire ad ogni costo l’origine dei suoi superpoteri.

Non guardo quasi mai film italiani, ma per questo ho seguito il consiglio del mio critico cinematografico di fiducia (non Mereghetti, non Morandini, bensì il mio papà) cui il film è piaciuto. E per fortuna l’ho fatto, perchè partivo con molte riserve e invece il film mi è piaciuto moltissimo. La forza di Lo Chiamavano Jeeg Robot non è certamente nella trama, che è il classico racconto della nascita di un supereroe come ne abbiamo visti tanti, ma nei personaggi, nel linguaggio e negli attori. Enzo è il tipico misantropo che riscopre di avere sentimenti e una coscienza, ma Claudio Santamaria lo interpreta molto bene, senza mai strafare, e gli presta la sua voce profonda come già aveva fatto in passato con Batman, sia per la trilogia di Christopher Nolan che, in chiave autoparodica, per il Batman di Lego. A dare forza al protagonista è in realtà il suo rapporto con il personaggio di Alessia, splendidamente interpretata da Ilenia Pastorelli, bella e infantile, appassionata e profondamente traumatizzata, che riesce a far emergere tutto il buono che era sepolto in lui. Un bell’applauso lo merita senza dubbio Luca Marinelli per il suo Zingaro, la cui ossessione di rivivere il momento di gloria televisiva avuto tanti anni prima grazie al programma Buona Domenica lo trasforma in un supercattivo davvero efficace, un’ottima nemesi per l’oscuro e silenzioso Enzo. Anche se l’idea di un supereroe che parla in romanesco sulla carta può far sorridere, nel film si rivela invece una scelta efficace: lontano dalle forzature che forse un italiano troppo patinato avrebbe rivelato, l’uso del dialetto da parte dei personaggi contribuisce invece al realismo. Gli effetti speciali, molto lontani dall iperrealismo della CGI americana, sono tuttavia sufficienti ai fini della narrazione, e tutto il lavoro registico (montaggio, inquadrature) è ineccepibile. Nella storia e nel finale (con immancabile posa sul Colosseo) tutto è rassicurantemente prevedibile, ma secondo me un film italiano che regala personaggi e scene ben costruite come questo è davvero un gioiellino. Di cui spero nessuno faccia mai un sequel.

Voto: 3 Muffin