Pietà

Titolo originale: Pietà

Anno: 2012

Regia: Kim Ki-duk

Interpreti: Cho Min-soo, Lee Jung-jin

Dove trovarlo: Raiplay

Il giovane Kang-do vive una vita squallida e solitaria lavorando come “recuperatore di crediti” per gli strozzini in una zona di Seul povera e sporca, privo di interessi e di affetti, compiacendosi nella violenza che perpetra sui creditori disperati. Un giorno Kang-do si accorge di una donna sconosciuta che lo segue ovunque. Lui la scaccia e la insulta ma lei persevera, anzi inizia a fargli dei favori (procurandogli ad esempio del cibo) ed entra persino in casa sua tentando di ripulirla. Kang-do diventa sempre più aggressivo, finché la donna non gli rivela di essere la madre che lo ha abbandonato poco dopo la sua nascita, tornata per rimediare al suo errore. L’ostilità e la diffidenza del ragazzo si dissipano presto e i due cercano di stabilire un rapporto e tentare di recuperare il tempo perduto. Kang-do non se ne accorge, accecato dalla gioia di sentirsi per la prima volta amato, ma la madre sembra nascondere un oscuro segreto…

L’improvvisa morte del celebre regista coreano Kim Ki-duk a causa del Covid-19, che ho tanto amato in gioventù, mi ha spinto a recuperare questo suo film, disponibile su Raiplay, un po’ più recente rispetto a L’Arco, ultimo film del regista che avevo visto e che non mi era piaciuto a causa del simbolismo confuso e della morbosità della situazione narrata. In Pietà invece ho ritrovato quello che mi ha sempre affascinata di questo grande regista: un racconto lucido e molto sentito dei sentimenti umani, che sopravvivono anche nella miseria e nella violenza più atroce, e anzi in alcuni casi germogliano in esse. I film di Kim Ki-duk infatti trasmettono sempre la fiducia nel genere umano e nella sua capacità di amare e aiutare il suo prossimo, anche contro ogni logica e ogni ragione. In questo caso il sentimento protagonista è la pietà, come esplicitato dal manifesto del film ispirato all’omonima scultura di Michelangelo. La visione non è sempre facile, la ben nota violenza che è cifra stilistica dell’autore di certo non lo rende un film per tutti, ma io trovo che il messaggio finale sia ancora una volta positivo e ricco di speranza, a ripagare tutti i turbamenti dello spettatore. Sembra incredibile la rapidità con cui Kang-ho passa dalla violenza fisica verso una donna sconosciuta che crede bugiarda all’abbandono totale al suo affetto e al desiderio di rivivere l’infanzia perduta accanto alla madre: in poche scene il ragazzo passa da spietato mutilatore a bambino felice che gioca con i palloncini e mangia zucchero filato. Tale è il bisogno di affetto, dalla cui mancanza nasceva quella compiaciuta violenza che tanti guai continuerà a procurargli, perché, proprio come nel film di Tim Burton Sweeney Todd, dalla violenza non può mai derivare la felicità, che nasce invece dai legami empatici tra gli esseri umani, ma solo altra violenza. Unico difetto del film è la scena finale, in cui il titolo “Pietà” viene spiegato dalla protagonista in un monologo didascalico narrativamente poco efficace: avrei preferito un altro modo per far trasparire i suoi contrastanti sentimenti nell’apice della storia. A parte questa piccola pecca il film, anche se non offre una prospettiva nuova rispetto alle altre opere del regista coreano, è efficace, potente, appagante, ma di sicuro questo tipo di cinema non è per tutti. Consigliato a chi già conosce e ama il regista; per chi volesse approcciarsi a Kim Ki-duk per la prima volta consiglio invece Ferro 3, il più divertente e meno violento tra quelli che ho visto nonché il mio preferito.

Voto: 3 Muffin

4 pensieri riguardo “Pietà

    1. Vero, di sicuro un grande artista, criticato per la violenza ma che in realtà trasmetteva sempre un messaggio positivo. Cercherò di vedere altri dei suoi film più recenti, fino ad ora non sono quasi mai stata delusa da lui.

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