The Adam Project

Anno: 2022

Regia: Shawn Levy

Interpreti: Ryan Reynolds, Walker Scobell, Mark Ruffalo, Zoe Saldana, Jennifer Garner, Catherine Keener

Dove trovarlo: Netflix

Il piccolo Adam (Walker Scobell) è orfano di padre, così quando la mamma (Jennifer Garner) esce per andare al lavoro o a un appuntamento lui rimane solo in casa. Una notte Adam sente degli strani rumori in giardino e improvvisamente un estraneo entra in casa; lo sconosciuto (Ryan Reynolds) non sembra però avere intenzioni ostili, anche se stranamente sembra conoscere benissimo Adam, la sua casa e la sua famiglia. Questo perché, spiega l’estraneo, lui non è altri che lo stesso Adam, venuto dal futuro, che ha bisogno dell’aiuto della versione più giovane di se stesso per sventare una terribile minaccia per il mondo intero…

Il genere fantascienza nella sua espressione più alta, a lungo (e a torto) considerato “minore”, ha da sempre posto grandi sfide ai suoi realizzatori, sempre alla ricerca delle soluzioni visive e tecnologiche più sorprendenti, e ai suoi fruitori, sempre coinvolti in dilemmi morali e quesiti intellettuali e filosofici da risolvere contestualmente alla visione. Ecco perché oggi, con una così corposa serie di illustri antecedenti e una tecnologia ormai consolidata per gli effetti speciali, quando esce un nuovo film appartenente al genere fantascientifico la prima domanda che ci si pone è: “Perché?” Le risposte sono varie e ciascuna a suo modo valida: “Per lanciare un messaggio” (Midnight Sky); “Per vendere le t-shirt” (Star Wars); “Per ridere!” (Galaxy Quest). In ogni caso una risposta va trovata. Nel caso di The Adam Project la risposta è: “Per ricordarti di abbracciare la mamma”.

Questo film infatti, che ha dalla sua parte un cast di forte richiamo (compresa una ritrovata Catherine Keener cui il ringiovanimento in CGI non rende giustizia) e dei buoni effetti speciali, manca tuttavia di una vera ragione d’essere. Non avendo un vero messaggio da lanciare, nè alcuna implicazione filosofica, non rientra neppure nel campo dell’intrattenimento per famiglie a causa dell’eccessiva verbosità e lunghezza di molte scene, della mancanza di solidità e approfondimento nella trama, e soprattutto della melensaggine e melodrammaticità di tutte le dinamiche tra i personaggi nelle diverse coordinate temporali. La rinomata verve di Ryan Reynolds, che aveva funzionato bene nel precedente film diretto da Shawn Levy Free Guy, non è sufficiente a salvare dalla noia di una storia poco appassionante che procede faticosamente verso uno scontatissimo epilogo. Le dinamiche dei viaggi nel tempo, la minaccia del futuro e le necessità di ricorrere all’aiuto della versione più giovane dello stesso protagonista rimangono avvolte nel mistero in una sceneggiatura tanto prolissa nei dialoghi quanto reticente sulle spiegazioni, scientifiche o meno, delle situazioni. Al termine della visione non resta niente se non un senso di fastidio per il tempo perso. E naturalmente un irrazionale ma insopprimibile desiderio di correre ad abbracciare la mamma.

Voto: 1 Muffin