
Dopo il disastro conclamato di Al Servizio Segreto di Sua Maestà, che delude non solo i fan di 007 ma anche i produttori (che si erano abituati a ben altri incassi per i film della saga), per Cubby Broccoli e Harry Saltzman si presenta una sfida assai ardua: trovare un nuovo James Bond. I produttori sono convinti che il nuovo 007 debba essere un po’ meno inglese e più americano per tornare a soddisfare i gusti del pubblico. Sostituiscono dunque lo sceneggiatore Richard Maibaum, che aveva già scritto una prima bozza del copione partendo dal romanzo Diamonds are Forever di Ian Fleming, con il giovane americano (ma con un stile di scrittura sufficientemente british) Tom Mankiewicz. Cercano un americano anche per interpretare Bond, ma purtroppo Adam West, già sotto contratto per il telefilm Batman, non è disponibile; accetta l’offerta invece John Gavin (l’amante di Janet Leigh nel film Psycho di Alfred Hitchcock), che viene scritturato per interpretare l’agente segreto più famoso del mondo.
La United Artists vorrebbe riavere Sean Connery, ma Broccoli e Saltzman non intendono implorare l’attore scozzese: inviano quindi la bellissima Ursula Andress, che era stata sua partner in Licenza di Uccidere ed è rimasta in ottimi rapporti con Connery, a farlo in loro vece. Connery si prende una settimana per decidere e infine accetta il compenso stratosferico di 1.200.000 dollari, che devolverà interamente in beneficenza allo Scottish International Trust, il fondo per l’educazione scozzese istituito da lui stesso tre anni prima. I produttori, nel congedare John Gavin, insistono per pagargli ugualmente il compenso stabilito e lui si fa da parte con grande eleganza (a differenza del suo predecessore George Lazenby). L’idea di americanizzare James Bond viene così accantonata, ci si accontenta di adeguarlo un tantino ai tempi, facendolo smettere di fumare. È dunque ufficiale: Sean Connery interpreterà James Bond ancora una volta!

Una Cascata di Diamanti non è certo il film di 007 migliore tra quelli interpretati da Sean Connery (personalmente lo considero anzi il peggiore), ma si tratta comunque di un livello qualitativo infinitamente superiore rispetto al precedente Al Servizio Segreto di Sua Maestà con George Lazenby, come anche pubblico e critica decreteranno. Per quanto mi riguarda, se penso all’ultimo film di Sean Connery come 007 mi viene in mente piuttosto Mai Dire Mai, che però non fa parte della saga ufficiale di Bond e ne è piuttosto una riuscitissima parodia. Senza arrivare alla presa in giro, ma i produttori capiscono che, dopo il finale tragico del film precedente i fan di 007 hanno ora bisogno di umorismo e leggerezza più che mai.
Non resta dunque che scegliere il regista: i produttori decidono di andare sul sicuro e di richiamare Guy Hamilton, considerando il suo Goldfinger il film meglio riuscito (nonché il più redditizio) della saga; seguendo lo stesso ragionamento per interpretare la canzone del film, Diamonds are Forever, viene chiamata ancora una volta la talentuosa Shirley Bassey.
La trama del romanzo di Fleming è piuttosto complicata (prevede ad esempio uno scontro finale tra Bond e il fratello gemello di Blofeld) e non convince i produttori, che chiedono a Tom Mankiewicz di discostarsene liberamente. Lo spunto per la nuova trama proviene dalla fonte più inaspettata: un sogno di Cubby Broccoli. Il produttore sogna infatti di osservare il lussuoso attico dell’amico Howard Hughes (eccentrico regista e magnate di Hollywood) dalla finestra e di scorgervi quello che crede di essere l’amico ma è in realtà una persona totalmente diversa. Mankiewicz inizia subito a lavorare su un copione in cui compare un ricco ingegnere stramboide (Willard Whyte, interpretato dal musicista country Jimmy Dean che Connery chiama “the noisy American”) e, nel finale, James Bond si ritrova ad affrontare non uno ma diversi Blofeld, tutti magistralmente interpretati da Charles Gray, che era già apparso in un film di 007 (Si Vive Solo Due Volte) nei panni di Dikko Henderson.

Una Cascata di Diamanti sarà l’ultimo film in cui compare il villain Ernst Stavro Blofeld (eccezion fatta per la spassosissima scena iniziale di Solo per i tuoi Occhi) fino al 2015, in cui il personaggio ritornerà in Spectre con le sembianze di Christoph Waltz. Per le scenografie si decide di andare sul sicuro con Ken Adam, mentre purtroppo viene modificato il comparto effetti speciali, dove l’inglese premio Oscar John Stears vine sostituito dagli americani Leslie Hillman e Whitey McMahon, con risultati a mio parere molto meno efficaci, soprattutto per quanto riguarda gli effetti visivi delle esplosioni. Le mancanze dell’effettistica vengono però bilanciate dalla bravura degli stuntmen, ancora una volta guidati dai veterani Bob Simmons e George Leech. Nei ruoli ormai consolidati di M, Q e Miss Moneypenny tornano ancora una volta Bernard Lee, Desmond Llewelyn e Lois Maxwell, quest’ultima con un look decisamente diverso dal solito: non essendoci alcuna scena ambientata nello studio del capo di 007, M, questa volta la segretaria compare ad Amsterdam con la divisa di agente delle dogana. Per indossare invece i succinti panni della nuova Bond-girl Tiffany Case viene scelta l’americana Jill St. John; in seconda posizione troviamo invece Lana Wood (sorella minore di Natalie) nel ruolo di Plenty O’Toole.
La scelta è più difficile per i ruoli dei killer omosessuali, apparentemente innocui ma in realtà spietati, Mr. Kidd e Mr. Wint: la scelta cade sul musicista Putter Smith e sull’attore Bruce Glover (anche se i produttori avrebbero voluto Peter Lorre in questo ruolo). Questi personaggi sono molto delicati in quanto, tra l’omosessualità e la forte violenza, si muovono sul filo della censura, ma si rivelano una scelta felice: c’è infatti bisogno di un nuovo antagonista per 007, qualcuno di veramente temibile (per sottolineare la grandezza di 007) ma di originale, come appunto i due ometti all’apparenza inoffensivi che James Bond fa l’erorre di non prendere sul serio.

Il 5 Aprile 1971 iniziano, nel deserto del Nevada (che nel film è quello del Sud Africa), le riprese di Agente 007: Una Cascata di Diamanti. La prima scena girata è quella dell’omicidio del dentista commesso da Wint e Kidd con uno scorpione velenoso infilato nella giacca. Viene girata anche una scena alternativa in cui lo scorpione viene messo nella bocca della vittima, poi scartata perché troppo violenta.
La prima scena girata da Sean Connery invece è quella dell’inseguimento nel centro di Las Vegas: Cubby Broccoli, grazie alle sue conoscenze influenti, riesce a ottenere la chiusura delle strade della città per ben cinque notti consecutive. La grande comodità di girare di notte a Las Vegas, è che non servono riflettori per illuminare il set. Ma non tutto si rivela così semplice: non è possibile allontanare i curiosi dal set (infatti sullo sfondo si possono ben vedere i capannelli di fan sui marciapiedi) e questo diventerà un grosso problema per la scena in cui l’auto di Bond, per infilarsi in un vicolo strettissimo, viaggia su due sole ruote. L’acrobazia di sollevare la macchina sulle ruote di destra riesce al primo colpo allo stuntman Joei Chitwood (che riceve un applauso estemporaneo dalla folla): peccato però che la ripresa dell’auto che esce dal vicolo sia inutilizzabile a causa della gente e dei poliziotti accalcati ai lati del set. La scena deve essere girata nuovamente in giugno, negli studi Pinewood: gli stuntman americani non sono più disponibili e vengono chiamati degli stuntman francesi… ma per errore la scena viene girata con l’automobile che esce dal vicolo sulle ruote sinistre! Il pasticcio viene rimediato girando una scena di raccordo nell’interno dell’auto in cui Bond dice a Tiffany di “reggersi forte” perché sta per cambiare l’inclinazione della macchina: sarebbe una cosa senza senso e quasi impossibile da fare, ma nonostante questo, dopo il montaggio, la scena in qualche modo funziona.

Abbiamo parlato delle prime scene girate, ma analizziamo invece la scena che, come da tradizione, precede i titoli di testa e la sigla. La sequenza ha lo scopo di agganciarsi alla trama del film precedente, in cui la moglie di Bond è stata uccisa da Blofeld, sottolineando però il fatto che il mitico Sean Connery sia tornato nei panni di 007. Assistiamo dunque a diversi interrogatori molto poco garbati di Bond, di cui ancora non vediamo il volto, che sconvolto dalla morte di Tracy desidera vendetta nei confronti del Numero Uno della Spectre. Inizialmente, proprio come avveniva in Licenza di Uccidere, non vediamo il viso di Bond ma solo le sue spalle, mani e braccia, in un crescendo di tensione fino alla scoperta del covo segreto di Blofeld, in cui, dopo una dura lotta, assistiamo (apparentemente) alla morte del cattivo. Girare questa scena è stato molto difficile per gli stuntman: in prima battuta, per ricreare il fango terapeutico utilizzato dal chirurgo plastico, viene usato del purè di patate, che però, dopo alcune ore, inizia a marcire e diffondere un odore insopportabile. Si appronta dunque una nuova miscela, che però ha il difetto di bruciare gli occhi e produrre eruzioni cutanee ai cascatori… altro che trattamento di bellezza!
Subito dopo la sigla, Hamilton decide di inserire l’unica scena poco divertente del film, quella in cui viene spiegato al pubblico ciò che ha bisogno di sapere sui diamanti per poter seguire poi la storia (analogamente a quanto fatto per l’oro di Goldfinger); una volta sbrigata questa formalità, il film può procedere a ritmo sostenuto con le classiche scene d’azione e la stessa ironia di sempre. Non manca comunque una punta di ironia, anche se semi-involontaria: lo sceneggiatore Tom Mankiewicz inserisce infatti una sagace osservazione di Bond sull’annata dello Sherry, non sapendo che, per questo liquore, non esiste l’annata! Per sua fortuna l’avvocato di Broccoli, che invece è un esperto del settore, si trova a passare sul set in quel momento e gli fa notare l’inesattezza: questo scambio diventa la nuova battuta del film.
L’idea iniziale di girare gli interni agli Universal Studios di Los Angeles viene abbandonata in favore dei cari vecchi Studi Pinewood di Londra, dove Ken Adam realizza tutti i set, mentre gli esterni ambientati ad Amsterdam vengono girati nella città olandese in appena un weekend. Per velocizzare le riprese, Guy Hamilton ha l’idea di promettere a tutti la serata libera ad Amsterdam a lavoro ultimato, e come racconta lui stesso: “Mai lavorato così in fretta con una troupe!”.
Come in tutti i film di Bond che si rispettino, anche in Una Cascata di Diamanti non possono mancare i combattimenti corpo a corpo. Tuttavia, poiché il regista pensa che “non ci sia nulla di più noioso che guardare due tizi che si menano”, bisogna rendere accattivanti gli scontri fisici, come ad esempio quello (girato a Pinewood) tra 007 e Peter Franks, interpretato dall’inglese Joe Robinson, che era stato l’insegnante di judo di Sean Connery. Hamilton decide che lo scontro tra questi due atleti grandi e grossi deve avvenire in uno spazio davvero angusto: un ascensore. La coreografia del combattimento viene pianificata con molta cura da Bob Simmons, ma in quel set ristretto non c’è spazio per gli stuntman (le inquadrature sono troppo ravvicinate) e i due attori devono cavarsela da soli. Nessun problema per Sean Connery, che si diverte molto a girare queste scene e non fa mai storie quando deve picchiare o farsi picchiare: l’attore aggiunge anche qualche tocco personale alla coreografia (come aveva fatto anche per i dialoghi del copione) e il risultato è una scena molto efficace con la tipica chiusura ironica: oltre due settimane di prove per una scena di due minuti appena.

In Una Cascata di Diamanti incontriamo ancora una volta l’agente CIA Felix Leiter, sempre un fedele alleato di Bond, interpretato da Norman Burton (che segue Jack Lord, Cec Linder e Rick Van Nutter). Nella scena all’aeroporto, quando Felix esamina la bara e domanda a 007 dove siano nascosti i diamanti, Bond gli risponde: “Alimentary, Watson” (“Alimentare, Watson”), parafrasando Sherlock Holmes: Cubby Broccoli in realtà desiderava eliminare questa battuta dal copione, sostenendo che nessuno l’avrebbe capita. Quando, alla prima del film, sente che il pubblico in sala ride di gusto, commenta: “Bella forza, saranno tutti dottori!”
Per il set della camera mortuaria di Las Vegas Ken Adam sceglie uno stile molto kitsch e ironico (ben rappresentato dalla vetrata a forma di diamante) e decide che, come tutti i congegni che compaiono nei film di 007, anche il pannello di controllo del forno crematorio deve essere pieno di leve e pulsanti appariscenti. La scena in cui Bond è imprigionato nella bara e sta per essere cremato è la tipica situazione dei film di 007 in cui il protagonista sembra non avere via di scampo e il pubblico ha pochi secondi per cercare di capire come riuscirà a cavarsela: anche se sono scene brevissime, a volte sono necessari mesi per idearne una che funzioni. Ironia della sorte, quella di 007 imprigionato nella cassa da morto è anche l’ultimissima scena girata da Sean Connery nei panni di James Bond, venerdì 13 agosto (neanche a farlo apposta) 1971.

Per girare le scene ambientate nei casinò e gli inseguimenti d’auto, la troupe si ferma per ben sei settimane a Las Vegas: serve tanto tempo perché è possibile effettuare le riprese all’interno dei casinò solamente tra le tre e le sei del mattino dei giorni feriali. Attori e maestranze smettono di dormire, impegnati come sono a girare durante il giorno e giocare d’azzardo di notte. Lo sceneggiatore Tom Mankiewicz perde un intero mese di paga. E non si salva neppure chi non gioca: Cubby e Dana Broccoli vengono derubati mentre dormono tranquilli nella loro suite. Ma questo non è un grosso problema per il produttore, che ha sempre a disposizione un budget di riserva che lui chiama “supporto morale”: in questo caso decide di spenderlo per dare una suite anche allo sceneggiatore, per il quale era stata prevista invece una sistemazione più semplice. Per ringraziarlo Tom voleva dare ai trapezisti del Circus Circus il nome di “Flying Broccoli” in omaggio al produttore, che però glielo vieta categoricamente.

Il direttore del Circus Circus concede il suo casinò per le riprese in cambio di una piccola parte nel film: quella dello “scienziato pazzo” che introduce il numero della donna-scimmia. Viene girata anche una scena con una donna in costume da sirena che suona l’arpa galleggiando su una conchiglia all’interno del ristorante, ma viene poi esclusa dal montaggio finale, insieme a un cameo di Sammy Davis Jr. al casinò. Per girare la scena in cui Q utilizza uno dei suoi congegni per sbancare le slot machine viene chiesto a un tecnico di impostare le macchina in modo tale che ogni tentativo sia vincente… immagino che quell’uomo sia diventato d’un tratto molto popolare!

L’hotel Whyte House, da cui l’eccentrico milionario Willard Whyte non esce mai (proprio come faceva Howard Hughes nel suo Desert Inn) è il realtà l’hotel Hilton: nei campi lunghi gli edifici adiacenti vengono nascosti da un fondale per farlo spiccare di più.
A Las Vegas entra in scena la bella Plenty O’Toole: dopo “Pussy Galore” (“Gnocca a Volontà”) un altro nome evocativo, come lo stesso Bond non manca di notare, in quanto “Plenty” significa “abbondanza”. Inizialmente il ruolo doveva andare a Jill St. John, ma il regista cambia idea e lo assegna a Lana Wood, bellissima ma piccola di statura, che per recitare accanto a Sean Connery è costretta a salire su una cassetta di frutta; la scelta si rivela cruciale quando viene girata la morte di Plenty (nella casa di Kirk Douglas a Palm Springs): la ragazza viene trovata morta nella piscina e Lana ha davvero i piedi legati ad un peso posto sul fondo. Nessuno si è accorto però che il fondale della piscina è inclinato e con passare del tempo il peso scivola verso la parte più profonda: presto Lana non è più in grado di tirare fuori la testa dall’acqua per respirare. Per fortuna l’attrice è un’ottima nuotatrice e apneista, e riesce a non andare nel panico mentre le viene prestato tempestivamente soccorso. Nonostante la sua bravura però per il tuffo in piscina dal terrazzo viene chiamata una cascatrice, Patty Elder; allo stesso modo Sean Connery, anche lui abile nuotatore, viene sostituito da un tuffatore professionista quando 007 deve buttarsi in acqua da oltre venti metri.

Gli autori dei film di 007 sono da sempre attenti alle ultime novità tecnologiche ma anche alle mode del momento. La chirurgia plastica, che ha un ruolo centrale del film, era diventata di gran moda alla fine degli anni ‘60, così come lo erano i letti ad acqua come quello della suite d’albergo di Bond (in cui Ken Adam ha l’idea geniale di inserire anche dei pesci vivi); allo stesso modo, l’ascensore esterno o le tessere magnetiche, come quelle che garantiscono l’accesso al laboratorio, erano delle novità assolute. Bond riesce a introdursi nel laboratorio segreto della Spectre grazie all’aiuto inconsapevole del Dottor Hergersheimer: questo suggestivo cognome altro non è che la parola usata da Guy Hamilton per indicare un “Pinco Pallino” qualsiasi: lo sceneggiatore decide di usarla come nome per uno dei personaggi del film.

Una delle scene più memorabili del film è senza dubbio la fuga di 007 a bordo del Moon Buggy, il veicolo lunare realizzato da Ken Adam basandosi sul modello reale ma, per volere del regista, con aggiunta di bracci e altre parti mobili per renderlo più grottesco; Adam ha dotato lo strambo veicolo di ruote a sezione conica come l’originale, ma purtroppo queste non resistono all’ambiente ostile del deserto del Nevada e si rompono durante le riprese. Vengono sostituite con dei più classici pneumatici Honda per poter terminare la scena.

Esattamente come i combattimenti, anche le scene di inseguimento nei film rischiano sempre di diventare noiose: ecco perché Hamilton pensa di ambientarne una in un parcheggio, elaborandone lo sviluppo con l’utilizzo di diversi modellini. Qui il regista può dare sfogo a tutta la sua antipatia per le auto americane, facendo sfasciare tutte le oltre ottanta automobili messe a disposizione gratuitamente dalla Ford per il film. Girando la scena al distributore di benzina, invece, una donna che sta passando in auto si distrae per guardare Sean Connery e tampona l’auto davanti, rallentando le riprese: quando si dice fascino pericoloso…

Dopo aver visto la scena del film in cui Bond utilizza una sparachiodi da arrampicata per introdursi dall’esterno nell’attico di Whyte, diverse associazioni di scalatori scrivono alla United Artists per chiedere dove poterne acquistare una: ma questo aggeggio nella realtà non esiste (i chiodi infissi in quel modo non potrebbero mai reggere il peso di un uomo). Proprio come gli speranzosi scalatori, dopo la sua impresa Bond vede le sue speranze finire…nel gabinetto. A questo punto del copione Tom aveva inserito una lunga spiegazione da parte di Blofeld su come funzionasse il sintetizzatore vocale, ma l’attore Charles Gray suggerisce di sostituirla con una semplice frase: “Non so come funziona, ma il principio è molto semplice”. Come in tutti i film di Bond, non bisogna mai spiegare troppo…

Ken Adam si è potuto sbizzarrire nel creare il set dell’attico di Whyte, lussuoso ma anche avveniristico, pieno d’acciaio e di modellini dei suoi progetti. Al contrario la casa in cui Bond affronta Bambi e Thumper non è un set, ma una vera abitazione di Palm Springs, costruita attorno ad un blocco di roccia, cui non viene aggiunto nulla se non il trapezio necessario per la scena di lotta. L’idea per questo strano combattimento è venuto al regista guardando le acrobazie compiuta dalle atlete delle Olimpiadi: spetta poi a Bob Simmons coreografare il tutto e creare una delle scene più memorabili della saga di Bond.

Non è facile per Guy Hamilton trovare una location adeguata per lo scontro finale: serve infatti una piattaforma petrolifera dismessa ma sicura (in quanto verranno utilizzati esplosivi ed effetti pirotecnici) e non troppo difficile da raggiungere. Per sua fortuna in quegli anni l’azienda petrolifera Shell versa in cattive acque: Hamilton riesce così ad affittare una vecchia piattaforma, poco lontano dalla costa della California, per una cifra modesta. Ogni giorno, per raggiungere il set, attori e troupe devono volare per quindici minuti su degli elicotteri privi di portelloni. Prima di girare la grande esplosione finale, il regista decide di fare un’ultima prova generale della scena, ma l’aiuto regista fraintende e ordina di azionare tutti gli esplosivi. Per fortuna il cameraman Jim Gavin ha la prontezza di azionare la telecamera e riprendere tutto dall’elicottero su cui si trova. Vengono girate anche scene con i sub che si tuffano dagli elicotteri e raggiungono la piattaforma a nuoto, ma sono poi scartate per non far risultare la scena troppo lunga (ne restano però delle immagini nelle locandine). La scena in cui Bond raggiunge la piattaforma dentro uno strano pallone (ispirata al regista, ancora una volta, da un filmato visto in televisione), viene girata successivamente negli studi Pinewood, insieme alla scena finale a bordo della nava da crociera.

Putter Smith accetta coraggiosamente di lasciarsi incendiare le braccia, ma viene poi sostituito da George Leech per il finale della scena, così come lo stuntman Gerry Crampton sostituisce Bruce Glover per il salto in mare (per cui viene utilizzato un trampolino), anche se in realtà la scena viene grata in studio e non c’è acqua ma solo tessuto increspato a simulare l’effetto delle onde. Ken Adam progetta ben due sottomarini per la fuga di Blofeld, uno in fibra di vetro (per il costo di 30.000 dollari) e uno più resistente pieno di cemento per la demolizione della sala controllo. La scena, inizialmente prevista, di inseguimento di Blofeld nella salina non viene mai girata per indisponibilità della location californiana. Nonostante sia molto elaborata e tecnicamente complicata, la scena dell’attacco alla piattaforma viene girata a tempo di record grazie alla sagacia dei produttori, che negano a Guy Hamilton e Sean Connery il permesso di recarsi negli splendidi campi da golf della California fino a che la scena non sarà ultimata. A volte non serve altro che il giusto incentivo…

Venerdì 13 agosto 1971, alle ore 16.00, Sean Connery ha appena finito di girare la sua ultima scena nei panni di 007, e tutti i suoi amici e colleghi sanno che questa volta si tratta di un addio definitivo. I produttori avranno modo di consolarsi con gli incassi e il successo del film (anche se non è certo uno dei migliori, anzi), ma il futuro appare incerto: che ne sarà di James Bond? Dopo il fallimento catastrofico di George Lazenby sembra chiaro che sostituire Sean Connery non è possibile… È forse la fine di 007?
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