
Buongiorno a tutti, sono davvero entusiasta di tornare a pubblicare su Cinemuffin, dopo una lunga, lunghissima vacanza (noblesse oblige)!
Vi invito a guardare, nel cerchietto al centro dell’immagine sulla home page, il nuovo logo originale di Cinemuffin! E’ opera di una carissima amica che non vuole alcun riconoscimento, perciò non posso fare altro che ringraziarla ancora una volta e sperare che questa sua creazione piaccia ai miei lettori quanto piace a me.
Oggi esce nelle sale il venticinquesimo film della saga di 007, No Time To Die, l’ultimo interpretato da Daniel Craig. In attesa di scoprire quale sarà il destino del nostro eroe al servizio di Sua Maestà, noi proseguiamo il nostro viaggio attraverso le sue avventure: per Bond non è tempo di morire, ancora, perciò lasciamo che a morire siano gli altri…
Con Una Cascata di Diamanti Sean Connery ha dismesso, questa volta definitivamente, gli abiti eleganti di James Bond, lasciando ai produttori Harry Saltzman e Albert Broccoli la patata bollente di trovare un nuovo 007. I critici hanno già dichiarato defunto il personaggio creato da Ian Fleming e c’è il serio rischio di scegliere ancora una volta l’attore sbagliato. Il favorito per ottenere la parte sembrerebbe essere il fascinoso Burt Reynolds, ma Cubby Broccoli è irremovibile: James Bond deve essere alto più di un metro e ottanta e deve essere inglese. “Un Bond americano” sentenzia il produttore “sarebbe come un cowboy britannico: ridicolo!”. E Broccoli non aveva nemmeno visto un cowboy italiano…

Sull’attore inglese Roger Moore, famoso per aver interpretato Simon Templar nella serie tv Il Santo e Brett Sinclair nella serie Attenti a quei Due (in coppia con Tony Curtis), Saltzman e Broccoli avevano messo gli occhi già da tempo. Gli era stato offerto il ruolo di 007 in prima battuta per Licenza di Uccidere, ma Moore era già impegnato; lo avevano ricontattato per Al Servizio Segreto di Sua Maestà ma, di nuovo, non era disponibile. Nel frattempo però Roger Moore è diventato amico di Saltzman e Broccoli, con cui si trova sempre al Curzon House Club per giocare d’azzardo; non solo ma aveva anche interpretato James Bond nel 1964 in una divertentissima puntata del telefilm Mainly Millicent, in cui doveva vedersela con una serie di imbranate spie nemiche mentre cercava di bere in tranquillità il suo drink. Ad una telefonata di Saltzman, finalmente Roger Moore accetta di diventare il nuovo James Bond. “Interpretare Bond è come essere una gemma incastonata in un gioiello prezioso”, afferma Moore.

Il “gioiello”, ossia la pregevole e affiatata squadra di attori, tecnici e maestranze che ha lavorato ai film precedenti della saga viene quindi richiamata in blocco per girare Vivi e Lascia Morire, l’ottavo film sull’agente segreto britannico con licenza di uccidere 007. Alla regia torna Guy Hamilton (il “Generale”, come veniva chiamato per la sua organizzazione impeccabile), già artefice del successo di Goldfinger e di Una Cascata di Diamanti, mentre della sceneggiatura viene incaricato Tom Mankiewicz, già autore del copione di Una Cascata di Diamanti. Quando i produttori chiedono a Tom quale dei libri di Fleming vorrebbe portare sul grande schermo lui sceglie Vivi e Lascia Morire, suggestivo per la sua ambientazione nel mondo della magia nera ma problematico in quanto tutti i villains sono personaggi di colore (siamo nel 1973, periodo in cui movimenti per i diritti delle minoranze come i Black Panthers hanno assunto grande rilevanza). Il romanzo, pubblicato nel 1954, risente delle fobie razziali di quegli anni, nonostante Fleming lo avesse scritto con le migliori intenzioni. Mankiewicz ha dunque l’arduo compito di rappresentare questi cattivi come persone sì spietate, ma anche sofisticate e intelligenti, mai ridicole, in grado di tenere testa a Bond sia in determinazione e astuzia che in eleganza.

Roger Moore ha invece il difficile compito di sostituire Sean Connery nel ruolo che lo ha consacrato come star. Per quanto riguarda il sofisticato guardaroba di Bond, Moore si affida al sarto Cyril Castle di Londra, dopo che i produttori gli hanno imposto di dimagrire (cosa non difficile a farsi, visto che le scene fisiche presenti nel copione costringono l’attore a fare mezz’ora di nuoto e mezz’ora di esercizio fisico intenso ogni mattina) e di tagliarsi i capelli. Più difficile è riuscire a non imitare mai Sean Connery: lo 007 di Roger Moore ad esempio non ordina più il celeberrimo Vodka Martini ma un Bourbon senza ghiaccio. Moore sceglie, per interpretare Bond, di rifarsi al personaggio dei romanzi di Fleming, al quale non piaceva uccidere: un Bond meno violento (soprattutto verso le donne), più raffinato (non a caso Fleming avrebbe voluto David Niven nei suoi panni ed era inorridito per l’accento scozzese di Connery), meno spietato e soprattutto ancora più ironico e sarcastico, come regista e sceneggiatore sapranno ben sottolineare.
“Buongiorno, sono Roger Moore e sono il tizio in fondo alla canna della pistola”: così Sir Roger Moore apre il suo commento al film Live and Let Die, a sua detta il secondo preferito tra quelli da lui interpretati (scopriremo più avanti quale sia il primo).
Le regole della saga sono ormai consolidate: il film si apre con i titoli ideati da Maurice Binder (la sagoma di Bond che cammina di profilo per poi girarsi e sparare verso lo spettatore), una scena iniziale molto ironica che introduce l’ambientazione della storia, la sigla e a seguire il film. Guy Hamilton sa bene di doversi muovere all’interno di queste regole ma, al tempo stesso, di dover sorprendere gli spettatori che ormai le conoscono così bene.

Hamilton ci racconta come nasce un film di James Bond: “Ci si barrica in uno studio con tante sigarette e dopo tre settimane la trama è definita e divisa in tre parti. Il vero problema è decidere dove collocare 007: non può essere nei vicoli lerci o nei luoghi di villeggiatura in cui vanno tutti, questo si vede in tv ogni sera”.
La scena di apertura è ambientata al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite di New York. Nell’edificio non è permesso fare riprese, perciò gli interni devono essere ricostruiti in studio. Il regista visita quindi il palazzo insieme allo scenografo che lo dovrà ricreare, e i due riescono a sottrarre una planimetria dell’edificio, utilizzata per una riparazione all’impianto elettrico e lasciata poi incustodita… ecco una cosa che non si vede spesso in tv!
A Hamilton viene l’idea di girare il film a New Orleans, perché lì: “… c’è il jazz, e poi non ci sono mai stato”. Ma cosa offre di particolare New Orleans? Non si può inscenare un Mardi Gras perchè era già stato mostrato il Junkanoo in Thunderball. Però a New Orleans ci sono anche i funerali jazz: l’idea perfetta per la scena di apertura, con un agente segreto che scopre di star assistendo, suo malgrado, al suo stesso funerale. La bara utilizzata per la scena è autentica, è stato però rimosso il fondo e sono state aggiunte due maniglie cui lo stuntman si può attaccare con le mani e i piedi. La Olympia Brass Band è un’autentica banda specializzata in cortei per funerali jazz. Nessuno può scegliere di avere un funerale jazz: se te lo sei meritato, lo decide per te la gente dopo la tua dipartita, sostenendone anche il costo. Evidentemente l’agente Hamilton (interpretato da Robert Dix) se l’era proprio meritato…

I servizi segreti inglesi, dopo la misteriosa scomparsa dell’agente Hamilton, si rivolgono ovviamente al loro migliore agente con licenza di uccidere. per la prima volta ci è permesso vedere la dimora di James Bond, mentre il suo capo M (ancora interpretato da Bernard Lee) interrompe il suo incontro amoroso con un’avvenente collega di origini italiane (interpretata da Madeline Smith, suggerita da Roger Moore con cui aveva lavorato in Attenti a Quei Due). Mentre 007 mette a dura prova la pazienza di M con una macchina per il cappuccino incredibilmente sofisticata e complicata da usare, Miss Caruso riesce a nascondersi in un armadio e Bond riesce a farla franca, anche grazie alla complicità dell’inossidabile Miss Moneypenny (Lois Maxwell, che era stata allieva, insieme a Roger Moore, della Royal Academy of Dramatic Arts e aveva partecipato ad alcune puntate del telefilm Il Santo). L’orologio digitale con quadrante illuminato che Bond riceve in dotazione per la missione era una novità tecnologica in quegli anni; inoltre è un chiaro esempio del product placement (ciascun membro della troupe ne riceve uno in regalo) che ormai è prassi dei film di 007, insieme allo Champagne Bollinger (non più dunque Dom Perignon). Una volta rimasti soli (Moneypenny, che ha riconosciuto Miss Caruso, nella versione originale lo saluta con un “Ciao bello!”) Bond può riprendere da dove si era interrotto con Miss Caruso: usa quindi il suo nuovo orologio magnetico per tirare giù la zip dell’abito della ragazza. Detto così sembra facile… In realtà, per realizzare questo trucco, un tecnico era accucciato ai piedi di Madeline e tirava l’estremità inferiore della cerniera lampo, mentre un secondo uomo stava appeso sopra di lei e, con una canna da pesca e una lenza sottilissima, agganciava la zip dell’abito. Al segnale stabilito, l’attrice tratteneva il fiato per permettere al pescatore volante di far scendere “magneticamente” la zip… altro che effetti digitali! Lo sceneggiatore Tom Mankiewicz ci tiene molto a mostrare sempre in anticipo (possibilmente con una buona dose di ironia) allo spettatore come funzionano i gadget di cui Bond sarà, anche in questo film, ampiamente fornito, nonostante manchi il personaggio di Q (è il capo M in persona ad equipaggiare 007 questa volta, e direttamente a casa sua).

Una volta sbrigato l’”affare italiano” Bond può partire per i Caraibi per svolgere la sua missione, ma si ritrova subito coinvolto in un inseguimento automobilistico (girato a New York una domenica mattina all’alba) con cui il regista si è divertito molto. Guy Hamilton aveva infatti fatto salire alcuni pezzi grossi arrivati dalla casa di produzione (la United Artists) per assistere alle riprese, su una delle macchine che dovevano essere tamponate durante la scena: i poveretti ne escono tremanti e bianchi come lenzuola, ma illesi. Nonostante questo scherzo, la United Artists resterà un’ottima casa di produzione per il franchise di Bond, continuando a lasciare grande libertà ai registi. Tuttavia Guy Hamilton non può giustificare lo spostamento della troupe a New Orleans solo per la scena del funerale jazz, perciò inizia ad esplorare i dintorni alla ricerca di ispirazione per nuove scene, ispirazione che non tarda ad arrivare quando, dall’elicottero, il regista scopre una villa nascosta dalle alte canne che circondano i canali e decide di ambientare lì la scena, ideata sul momento, dell’inseguimento in barca e del matrimonio all’aperto, le cui riprese iniziano il 16 ottobre 1972. Due barche pilotate da stuntmen escono dal canale e attraversano il prato schiantandosi però contro un albero; una delle due si squarcia e i piloti sono feriti, quindi il regista ferma le riprese fino al giorno successivo. durante la notte, però, il canale straripa, allagando la location. Hamilton passa quindi ad un’altra scena, ma il vento freddo acutizza i calcoli renali di cui soffre da anni Roger Moore, che deve essere ricoverato d’urgenza. In ospedale, quando gli viene chiesto il suo indirizzo di casa, Moore non ricorda il numero civico; quando l’infermiere gli domanda: “Ma come fa il postino a trovarla?” lui risponde: “Sono famoso, idiota!”. Forse anche per questo, l’attore viene dimesso in fretta dall’ospedale e può tornare a girare, ma ormai ha iniziato a diffondersi l’idea che sul film gravi una terribile maledizione voodoo.

Di voodoo è intrisa la Giamaica, dove Ian Fleming si ritirava per scrivere i libri di 007, e conseguentemente ne è intriso il suo romanzo. Mankiewicz lo inserisce a piene mani anche nella sceneggiatura, mescolandone assieme tutti gli aspetti più evocativi (tarocchi, rituali, il personaggio del non-morto Baron Samedi) senza però temere di giocare con essi (sul retro delle carte dei tarocchi vediamo il logo di 007 o facendo indossare a Bond il mantello della sacerdotessa). Alcune cose però spaventano davvero, come ad esempio i serpenti vivi che vengono utilizzati in diverse scene. Durante il rituale voodoo (girato, anche se non sembra, in studio a Pinewood) l’attore sviene veramente alla vista del rettile. Lo stesso Moore è spaventato da alligatori e serpenti (nella scena del serpente in bagno i piedi sono infatti quelli della controfigura), così come la segretaria di edizione Elaine Shreyeck, che spesso abbandona frettolosamente il set lasciando che siano gli altri a sbrigare le sue incombenze. Perfino Geoffrey Holder, l’attore (ma anche ballerino e coreografo) che interpreta Baron Samedi, è terrorizzato dai serpenti, tanto che per il rituale voodoo se ne deve utilizzare anche uno finto da fargli tenere in mano. quando poi arriva il momento di girare la scena in cui Baron Samedi cade nella bara piena di serpenti vivi, Holder non ne vuole sapere. Accade però che, quel giorno, in visita sul set ci sia la Principessa Alexandra… Per non fare la figura del fifone davanti ad un’altezza reale, Holder si getta nella bara, con Hamilton che si affretta ad imprimere l’evento su pellicola. Per esorcizzare la paura alcuni membri del cast si rivolgono agli stregoni per farsi leggere il futuro: a Roger Moore viene predetto che avrà un figlio (e guarda caso il suo terzogenito, Christian, nato nel 1973, sembra essere stato concepito proprio in quel periodo…) e che sarà un filantropo (Sir Moore sarà per più di vent’anni Goodwill Ambassador per l’Unicef, seguendo l’esempio dell’amica Audrey Hepburn). Meno esatta si rivela invece la predizione per l’attrice Jane Seymour, cui viene detto che si sposerà tre volte: in quel momento Jane è sposata con il regista Richard Attenborough, ma dopo di lui avrà altri tre mariti, per un totale di quattro.

Prima di lasciare New Orleans non resta che girare, finalmente, l’inseguimento in barca. Durante le prove, il motoscafo di Roger Moore rimane all’improvviso senza benzina e si arresta bruscamente, catapultando in avanti l’attore che batte violentemente il viso e una gamba: fortunatamente Roger può girare la scena anche se zoppica vistosamente e le riprese continuano. Hamilton e Mankiewicz hanno immaginato che l’imbarcazione di Bond faccia un lunghissimo salto, ma nessuno stuntman riesce ad eseguirlo. Il problema viene dunque sottoposto agli allievi della facoltà di ingegneria locale, i quali riescono a calcolare esattamente la giusta velocità e inclinazione della rampa: grazie a loro, lo stuntman Jerry Comeaux (che ha insegnato a Moore a pilotare il motoscafo) riesce a saltare oltre 35 metri, stabilendo un nuovo record e portando a casa la scena al primo ciak. Nonostante alcune altre barche rovesciate, la scena avrà grande successo e diventerà una delle più famose della saga, anche grazie al divertentissimo personaggio dello Sceriffo Pepper (interpretato dal newyorkese Clifton James che indossa un’imbottitura per la pancia e imita impeccabilmente l’accento del sud) affiancato da molti veri poliziotti (coinvolti dal regista per assicurarsi la collaborazione delle forze dell’ordine locali). Quando sembra ormai tutto concluso, Roger Moore viene richiamato frettolosamente per nuove riprese in barca: alla sua controfigura mancava un pollice! A chiudere l’inseguimento viene inquadrato ironicamente il cartello “Make Boating Safe and Fun” e divertentissimo è il contrasto tra lo sceriffo Pepper, paonazzo e agitatissimo, e un flemmatico Bond che si aggiusta la cravatta. Portato finalmente a termine l’inseguimento in barca, è tempo di partire, con più di due tonnellate di attrezzatura (ma finalmente liberi dalle zanzare), per la Giamaica.

In fase di pre-produzione il regista, esplorando l’isola, si è imbattuto in un luogo davvero singolare: un allevamento di alligatori che aveva appeso all’ingresso il cartello “Trespassers will be eaten” (“I trasgressori verranno divorati”). Incuriosito era entrato ed aveva conosciuto il proprietario, Ross Kananga, un indiano Seminole il cui padre, anch’egli allevatore, era stato divorato da uno dei suoi alligatori. Lui stesso, da bambino, era rimasto per venti minuti con la testa incastrata tra le fauci di un coccodrillo. Hamilton decide immediatamente che quella deve diventare una location del film. Vengono realizzati un’isoletta al centro del laghetto e un ponticello retrattile per la scena in cui i cattivi cercano di uccidere Bond lasciandolo in balìa degli alligatori. Ross però li avvisa che, se si avvicinano con del cibo vero, verranno sicuramente mangiati, così vengono messe in acqua diverse reti da pollaio a protezione degli attori. Per Harris è difficilissimo afferrare la carne con il suo uncino (arma non convenzionale che lui stesso aveva voluto) e il pollo, rimasto per ore sotto il sole, è ormai rancido: per tenere buoni gli animali non resta che sacrificare il pranzo della troupe. Ciononostante, il dialogo tra Bond e Tee-Hee (interpretato da Julius Harris), che doveva durare quasi un minuto finisce per durare circa venti secondi, tanta è la fretta dei due attori di mettersi al riparo (Moore, come già detto, ha la fobia dei rettili). Lo sceneggiatore sta ancora cercando un modo per far scappare Bond dall’isolotto (l’idea iniziale della barca è esclusa, se ne sono viste già tante durante l’inseguimento) quando lo stesso Kananga propone che 007 potrebbe camminare sugli alligatori e che la scena potrebbe girarla lui stesso. Kananga indossa quindi le eleganti scarpe in pelle di coccodrillo (!) di Roger Moore e tenta di girare la scena. La suola liscia lo fa scivolare e cadere in acqua. Al secondo tentativo, dopo aver applicato dei tacchetti alle scarpe, ormai gli animali hanno capito cosa succede e tentano di assaggiare Kananga, mordendo per fortuna solamente una scarpa. Con gli alligatori strettamente legati, Kananga continua a tentare, e al quinto tentativo la camminata riesce; a Roger Moore non serve che ripeterla… su alligatori di plastica! Per omaggiare la fantasia e il coraggio di Ross Kananga, Tom decide di dare al villain del film il suo nome.

In Giamaica Guy Hamilton trova un’altra location importantissima: un ponte su cui si possa schiantare un autobus a due piani. L’idea gli era venuta, come spesso gli accadeva, guardano la televisione e scoprendo che esiste a Londra una scuola per autisti di bus a due piani. Detto, fatto: essendo la Giamaica un’ex colonia britannica, il regista non ha problemi a trovare (a 500 sterline)un vecchio bus a due piani con cui poter provare la scena (che verrà poi girata negli Studi Pinewood con una ricostruzione di quello stesso ponte). I primi tentativi sono un disastro: prima crolla il ponte (prontamente ricostruito e rinforzato), poi il secondo piano dell’autobus non ne vuole sapere di staccarsi, fino a che i tecnici degli effetti speciali non realizzano degli appositi binari su cui possa scorrere dopo l’impatto. Grazie a questo accorgimento tecnico e alla sapiente guida di Maurice Patchett, autista e istruttore ingaggiato per l’occasione non solo per guidare ma per insegnare a Roger Moore come fare un testacoda sul bagnato con un bus di due piani senza schiantarsi, la scena è un successo. L’unica a lamentarsi è la protagonista femminile Jane Seymour, rimasta a bordo del bus per tutto il tempo (testacoda e schianti compresi).

Per scegliere l’attrice Jane Seymour (la futura Signora del West) per il ruolo dell’indovina Solitaire ai produttori è bastato vederla per un momento con i capelli sciolti: la sua bellezza ha fatto il resto. Poiché Jane è al suo primo ruolo cinematografico importante, Roger Moore la soprannomina subito Baby Bernardt e non manca di farle scherzi di ogni genere sul set. Girando il dialogo sulla barca, ad esempio, Roger fa ridere così tanto Jane che lei non riesce più a recitare la sue battute: Hamilton è costretto a riprenderle in un secondo momento mentre lei le recita all’elettricista e risolvere poi col montaggio. Jane è anche un’ottima ballerina, e spesso viene sgridata dal regista perché, durante le pause, prova le coreografie insieme ai ballerini, scompigliandosi i capelli e rovinando il trucco ogni volta.

Più difficile è invece trovare l’attrice giusta per il ruolo dell’agente Rosie, poiché in Giamaica non esiste ancora un’industria del cinema, così i produttori fanno venire Gloria Hendry da New York. La povera Gloria si trova spesso in imbarazzo nel girare le scene romantiche con Roger Moore poiché sua moglie, l’attrice italiana Luisa Mattioli, è sempre presente sul set. Roger, come sempre, stempera la sua tensione con battute spiritose: “Con tutto l’aglio che mangi, Gloria, sei fortunata che io sia sposato con un’italiana e ci sia abituato!”. Nella scena in cui Rosie viene uccisa, però, Gloria deve preoccuparsi di ben altro: le formiche infatti, attirate dallo zucchero presente nel sangue finto, iniziano a camminare su tutto il suo corpo mentre giace a terra!

Oltre alle formiche, anche la troupe deve rimanere spesso affamata: oltre a dover cedere il proprio pranzo agli alligatori, come abbiamo visto, in un’occasione la nave della marina che portava i viveri si allontana all’improvviso per inseguire degli spacciatori; o ancora, il produttore Harry Saltzman, male interpretando i complimenti di Roger Moore, si convince di aver speso troppi soldi per il cibo e taglia i viveri alla troupe. Ma sono solo episodi sporadici: in realtà Saltzman e Cubby Broccoli, come sempre, ci tengono a far sentire tutti i membri di cast e troupe a proprio agio e i pasti, consumati rigorosamente tutti assieme, sono sempre ricchi e generosi; tanto che Yaphet Kotto, l’attore che interpreta Kananga, al termine delle riprese continua a vivere per tre anni nel lusso “James Bondish”, stregato da quell’esperienza, prima di comprendere di non poterselo permettere.

A Roger Moore, in ogni caso, la voglia di mangiare passa quando scopre che l’aviatore Bill Bennet (pioniere della tecnologia del deltaplano) gli deve insegnare a manovrare il deltaplano: Moore ha paura dell’altezza, e anche se quando gira il deltaplano è in realtà appeso ad una gru lui non si sente affatto tranquillo, anche perché il manovratore della gru non gli sembra affidabile.
Il 9 dicembre sono tutti pronti per tornare a Londra e girare gli interni negli studi Pinewood, che Roger Moore conosce molto bene per averci girato Attenti a Quei Due e che per tutti sono ormai divenuti un luogo familiare e rassicurante, scevro degli incidenti che possono capitare girando altrove. Ad esempio, girando ad Harlem, la troupe si era vista cacciare via in malo modo da una gang del posto. Poco lontano, gli addetti alla location decidono di tagliare alcuni vecchi cavi per farli penzolare e dare agli edifici abbandonati del vicolo un aspetto ancora più trasandato, quando arrivano dei funzionari della compagnia telefonica infuriati: quei cavi telefonici erano funzionanti e gli edifici abitati!

Il ristorante Fillet of Soul è in realtà una lavanderia, e quando, in una scena, Bond e Felix ci devono entrare, trovano la porta chiusa: tutta la troupe si mette in cerca del proprietario per farsi aprire.
Nel locale vediamo esibirsi la cantante BJ Arnau: per la prima volta in un film di Bond la canzone dei titoli di testa (in questo caso Live and Let Die, cantata da Paul McCartney con i suoi Wings) viene introdotta nella finzione del film; restando collegati ai Beatles, la colonna sonora del film è realizzata da George Martin, produttore del quartetto di Liverpool.
Curioso, se si pensa che, in Goldfinger, 007 affermava di non poter ascoltare i Beatles senza tappi nelle orecchie…

Negli studi Pinewood c’è tutto quello che serve ma c’è anche molto freddo: Roger Moore e Jane Seymour devono girare le scene d’amore indossando calzettoni da calcio sotto le lenzuola!
I set realizzati da Syd Cain sono senza dubbio meno monumentali di quelli di Ken Adam, ma non per questo meno efficaci. In alcuni casi però non è nemmeno necessario realizzarli: il responsabile degli effetti speciali Derek Meddings realizza delle miniature della piantagione di oppio da far esplodere, con grande sollievo di Hamilton che si era trovato in ritardo sulla tabella di marcia.

Altri effetti speciali invece, come il trucco di Mr. Big, il corpo esplosivo di Kananga e la finta testa di Baron Samedi (realizzata in ceramica) sono opera di Rick Baker.
I bossoli piani di gas esplosivo invece sono veri: in quel periodo venivano testati sugli squali.
Come da tradizione, dopo un apparente lieto fine non manca mai un ultimo scontro, che questa volta si svolge a bordo di un treno e vede Bond affrontare Tee Hee e il suo braccio d’acciaio. Gli attori non possono usare controfigure (impossibile replicare il braccio robotico) e Moore deve prestare la massima attenzione al congegno delicatissimo del braccio, che tanti problemi ha dato durante le riprese a Julius Harris, che faticava ad azionarlo mentre parlava e che maneggiava gli oggetti con goffaggine, guadagnandosi l’epiteto di “Butter-Hand” (Mano di Burro) improvvisato da Roger Moore.

Alla première, che avviene il 5 luglio 1973 all’Odeon di Leichester Square di Londra, anche questa nuova fatica di questo nuovo Bond, nonostante tutti i timori, non manca di sbancare il botteghino, decretando la bontà della scelta di Roger Moore.
“Il mio nome è Roger Moore e sono il tizio che interpretava Bond”: così si chiude il commento audio e così noi ci salutiamo, per oggi, in attesa di occuparci di una nuova avventura del nostro agente segreto britannico del cuore.

bentornata^^
“un Bond […] più raffinato”, è sempre stata la mia visione del bond di moore; uno dei miei preferiti
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Grazie, sono felicissima di essere finalmente riuscita a pubblicare dopo tanto (troppo) tempo!
Anche io prediligo il Bond di Moore, il giusto mix di ironia ed eleganza.
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Ma il mio preferito è connery l’icona
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Una recensione veramente impeccabile e molto approfondita! Non solo hai parlato perfettamente della nascita di quest’opera e di ciò che mostra, ma lo hai fatto mettendoci grande passione ed energia ed è qualcosa che ho visto dalla prima all’ultima parola. Ottimo lavoro!
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Ti ringrazio! Per me questi non sono solo film, sono legati a moltissimi ricordi della mia infanzia e adoloscenza, perciò, anche se cerco di offrire sempre articoli approfonditi ed equilibrati, alla fine sono sempre i sentimenti ad avere la meglio 🙂
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Non c’è nulla di male in ciò. È una buona cosa mostrare cosa si prova per una determinata pellicola. Io lo feci tempo fa con Lasciami Entrare, il film che mi fece innamorare del cinema.
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Welcome back! I like the new logo and this detailed review, the stories of Ross Kanaga and the alligator farm are wonderful. I would never have guessed such a place actually existed.
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Thank you very much, it’s so good to be finally back! Sometimes reality is crazier than imagination: Ross Kananga could have been a wonderful movie character, but was actually a real, incredible person.
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Complimenti, è stato interessantissimo! Ho visto pochissimi film di James Bond (3, credo: Licenza di Uccidere, Il Mondo non Basta e Casino Royale) e so ancora meno della loro storia produttiva, mi recupererò anche l’era di Sean Connery. Gli effetti speciali realizzati prima dell’avvento del digitale erano davvero speciali, oggi nessuno dovrebbe ingegnarsi così tanto per la scena della cerniera; però anche qui si vedeva la mente dietro ai film, nell’ingegno al lavoro per trovare soluzioni creative e praticabili con i mezzi a disposizione, cosa che oggi si sta perdendo, purtroppo.
La storia dei cavi telefonici mi ha fatto ridere tantissimo!
Ma quindi la domanda è obbligatoria: qual è il miglior James Bond?
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Vero, trucchi che oggi sarebbero realizzati senza alcuna difficoltà con effetti speciali digitali all’epoca richiedevano soluzioni ingegnose e a volte quasi folli.
Il miglior James Bond? Io tra tutti preferisco proprio Roger Moore: stile, eleganza, ironia, non gli manca nulla, nemmeno una certa dose di sensibilità (verso il genere femminile quantomeno) che al Bond di Connery mancava del tutto. Se però devo scegliere un film preferito tra tutti, allora dico Goldfinger: ingegnoso e divertente con molte sequenze divenute iconiche.
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Applausi a scena aperta per il graditissimo e attesissimo ritorno della rubrica bondiana, che in questo periodo poi è di stretta attualità ^_^
Mado’, ma questi film di Bond sono pieni di incidenti e jettature varie: possibile che i produttori non dotassero la troupe di acqua benedetta e cornetti vari? 😀
Non ricordo niente di ciò che citi quindi prendo atto di non aver mai visto questo episodio di Bond, ricordo solo la camminata sui coccodrilli che me lo fece bollare come “da tenersi alla larga”. Non credo che lo recupererò: mi basta la tua bella ricostruzione dietro le quinte 😉
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Quando decidi di girare un film con un deltaplano, degli alligatori, degli esplosivi, dei motoscafi e dei serpenti, qualche incidente mi sembra quasi inevitabile… E ne ho anche omessi alcuni (per motivi di spazio, ahimè, devo sempre rinunciare a qualcosa), come la frana che ha colpito la roulotte di Roger Moore mentre lui era in bagno… In questa saga i dietro le quinte sono interessanti quanto i film!
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Ma guarda, commento una vecchia recensione di Bond e poco dopo ritorna Madame, è già tempo di regali? 😉
Tanto divertente quanto interessante il pezzo, quasi più un viaggio produttivo fatto di curiosità e pettegolezzi che una recensione del film, e non mi dispiace siccome trovo Vivi e lascia morire un film tutto sommato noiosetto e senza troppo mordente. Senza togliere nulla agli sforzi e alle sfortune quasi fantozziane della troupe, che diversamente da oggi dove c’è il computer a fare da paracadute, operavano alla “piccolo chimico”, cioè provavano l’improbabile anche a costo di farsi male, e a forza di tentativi riuscivano nell’impresa.
Purtroppo nonostante il peso della mentalità dell’epoca il libro di Fleming batte ancora la sceneggiatura di Manckiewicz 1-0 (farà di meglio col prossimo, in mia opinione uno dei film più sottovalutati della saga), col suo romanticismo oscuro e la sfacciataggine della trama. All’inizio per dire, M spara a Bond tutto un pippone sul traffico dei dobloni, materia più da Ministero della Cultura che dell’MI6, ma si vede che Fleming allora era in fissa coi pirati e deve essersi detto qualcosa tipo “io scrivo quello che mi pare e gli altri si attaccano”.
Molto meno interessante la storia del film, la classica “agente ucciso, mandiamo 007 a investigare” mischiata alla blacksploitation, che devo dire però non essere affatto invecchiata male nella rappresentazione dei villain di colore. Manckiewicz dirà che “James Bond non vince perché è bianco e i cattivi neri, vince perché è James Bond e loro i cattivi”. Tutt’altra atmosfera aleggiava in America all’epoca: durante il famoso inseguimento in autostrada uno degli autisti di colore doveva continuamente uscire e poi rientrare per fare più take possibili, e in uno di questi momenti fuori venne visto con la sua auto con targa oppurtunamente tolta da un poliziotto, che ovviamente lo accusò di averla rubata e lo portò in prigione. Dovette andare Cubby a scarcerare il poveretto nel pomeriggio…
Solo parole positive ovviamente per gli stunt e per il nostro fifone preferito Roger Moore, davvero in parte e dall’aspetto giovanile nonostante fosse più vecchio di Connery! Ma anche il compianto Yaphet Kotto e mangiato (questa la rubo, avvisata) e l’affascinante Jane Seymour, che tra l’altro rischiò di morire sul set: quando Bond la salva e scendono dall’ascensore nascosto nella lapide la piattaforma, molto alta, tremava tanto che sarebbe caduta giù se Moore non l’avesse prontamente afferrata per i capelli, facendola ricadere indietro e beccandosi una gomitata “nella parte più delicata della sua anatomia” 😉
Breve ma bella presenza anche del Felix di David Hedison: ritornerà incredibilmente nello stesso ruolo per Vendetta Privata con Timothy Dalton, e verrà sottoposto alla tortura dello squalo che appare proprio nel libro di Vivi e lascia morire! Bocciati invece per me Tee Hee col suo farlocco e plasticosissimo braccio, e Clifton James che gli si vuole bene, ma inserire una macchietta sudista per far ridere gli americani è semplicemente stupido e infantile 🙂 paradossalmente è più simpatico nell’Uomo dalla pistola d’oro, dove sembra davvero fuor d’acqua, in vacanza in Thailiandia.
Ps Cobby destinava la bara di serpenti a chiunque gli dicesse che Moonraker era “science fiction” e non “science fact” (questa forse la capisco solo io e Madame)
Ottimo pezzo come sempre, ci sentiamo alla prossima! 🙂 Intanto buon ritorno Madame.
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Come te, non ritengo che questo sia tra i migliori film di 007, ma resta molto divertente e, per me, una boccata d’aria fresca dopo i due precedenti. La storia produttiva e i dietro le quinte sono interessanti come (se non di più) i film stessi; mi dispiace lasciare fuori ogni volta qualcosa, come gli aneddoti che citi tu, ma il materiale è infinito (3 commenti audio!).
Ti autorizzo ad usare “Yaphet Kotto e mangiato” 🙂
Grazie mille, a presto!
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Gran post! Poi questo è uno dei miei preferiti, la corsa sui coccodrilli è stata omaggiata anche in uno negli ultimi 007 ma questo titolo l odoro, per anni il mondo dell’immaginario ha pescato a piene mani da qui per rappresentare New Orleans 😉 Cheers
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Grazie! Non posso dire che sia il mio preferito ma di certo questo è un film che resta impresso tra quelli di 007 🙂
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Bentornata, e il logo mi piace, anche se i primi due film non mi piacciono granché, il terzo invece tanto 😉
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Grazie! I tre film sono vecchie locandine di ciak che ho messo in fila e fotografato, perchè meglio di così le mie doti artistiche non possono, mi riferivo in realtà al muffin rosa, forse nella versione mobile non si vede (forse solo in alto, piccolissimo?). Comunque anche io ho adorato Operazione Uncle, divertentissimo secondo me!
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Lo vidi per la prima volta al Cinema, fu mio nonno che mi ha trasmesso l’amore per per il grande schermo a portarmi a vederlo, quindi per me-non me ne vogliano i fans di Connery e di tutti gli altri, so che perfino Lazemby ha i suoi apprezzatori- ma per me ripeto l’unico vero Bond rimane Moore. tra parentesi, a quanto pare anche Lois “Moneypenny” Maxwell interrogata su quale fosse il “suo” di 007 preferito rispose senza problemi: Roger Moore. Connery anche sul set con gli altri attori aveva atteggiamenti-almeno all’inizio da macho alfa mentre Moore era più rilassato e compagnone. Inoltre i due da giovani avevano avuto anche un breve flirt (sempre secondo le dichiarazioni della Maxwell) ed erano rimasti in buoni rapporti.
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Anche io, se interrogata su quale sia il mio Bond preferito, rispondo senza esitazione: Roger Moore. E’ bellissimo leggere che anche tu, come me, hai ricordi personali legati alla saga di 007: questo rende difficilissimo fare una recensione obiettiva, ma di certo riempie di entusiasmo nel momento in cui si va a scrivere 🙂
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E finalmente Madame è tornata 😀.
Devo averlo già detto che con il Bond di Moore ho un legame particolare perché LA Spia Che Mi Amava è stato il primo film della saga che ho visto e considero tuttora uno dei top della serie. Di questo adoro più di tutto la canzone di Paul McCartney & The Wings, ma secondo me il personaggio deve ancora aggiustare il tiro perché forse Roger non voleva rifare Simon e Brett, ma cercare di dare una sua identità all’agente segreto però trattenendo quella caratteristica che invece è propria di Moore, cioè le espressioni del viso e le battutine che stemperano momenti anche drammatici; infatti poi con l’arrivo di antagonisti come Squalo si trova l’esatto equilibrio tra azione e ironia. Rimane indubbio che Goldfinger è un cult.
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Concordo, anche per me si vede che questo è il primo di Moore come 007 e lui è ancora un po’ nervoso, trattenuto: andrà sempre meglio nei film successivi, che infatti mi piacciono di più. Infatti non vedo l’ora! 🙂
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