Addio ad Angela Lansbury

Goodbye Little Yellow Bird

Non ho bisogno degli Analytics per sapere con certezza che Angela Lansbury è il personaggio più citato in assoluto su Cinemuffin. Non solo articoli e recensioni a lei dedicati, ma molto spesso ha fatto capolino a sorpresa in contenuti che sembravano non avere assolutamente nulla a che fare con lei. Ma non poteva essere diversamente, visto che Angela è stata una figura sempre presente nella mia vita, sin da quando ero piccolissima e guardavo la Signora in Giallo sicura che, ad ogni episodio, una o due persone venissero realmente uccise. Poco più tardi mi venne spiegato delle finte morti e delle pistole a salve: in poche parole, della magia dello schermo. L’immancabile risata finale di Jessica Fletcher e la voce della sua storica doppiatrice Alina Moradei risuonano ancora oggi in casa mia ogni giorno, all’ora di pranzo, e ancora oggi gli episodi di Murder, She  Wrote, seppure visti mille volte, mi offrono sorprese inaspettate. Non molto tempo dopo la mia scoperta del sangue finto arrivò quello che divenne, ed è ancora oggi, un grande classico di casa Verdurin: Pomi d’Ottone e Manici di Scopa. Solo molto più tardi, con l’arrivo dei dvd, potei ascoltarlo in lingua originale, con tutte le canzoni interpretate da Angela, comprese quelle poi tagliate dalla versione che conoscevo del film (compresa l’imbarazzante, nella traduzione italiana, “L’età del Non-mi-cucchi”). Allo stesso modo riuscii finalmente ad ascoltare la voce originale di Angela nel capolavoro Disney La Bella e la Bestia, grazie all’arrivo dei dvd. In quel periodo avevo imparato a scaricare le canzoni da Internet e creare i miei cd personalizzati e venivo presa in giro perchè, in ogni singola compilation che realizzavo, Tale as Old as Time cantata dalla teiera Mrs. Brick (Mrs. Potts in originale) era presente: una sorta di marchio di fabbrica. Venne poi la grande sorpresa di vedere Angela da giovane in molti film: Gran Premio, in cui interpretava la sorella maggiore di Elizabeth Taylor, ma soprattutto I Tre Moschettieri, in cui nei panni della regina di Francia, Angela spediva Gene Kelly e compagni in missione per recuperare i gioielli che avrebbero potuto provocare una guerra tra Francia e Inghilterra a causa della sua liason con il duca di Buckingham. E che dire poi dei suoi molti ruoli in film gialli, come quelli tratti dalle opere della mia amatissima Agatha Christie, o della signora scomparsa e miracolosamente da me ritrovata decenni dopo grazie al catalogo di Prime Video? Per non citare la versione teatrale del musical di Stephen Sondheim Sweeney Todd, in cui Angela interpretava Mrs. Lovett (ruolo ripreso da Helena Bonham Carter nella versione cinematografica di Tim Burton): il costume della cuoca, celebre per le sue speciali “torte di carne”, con tanto di scarafaggi e mattarello insanguinato, è in cantina pronto ad essere indossato per Halloween.

Angela Lansbury ha sempre fatto parte della mia vita e dei miei sogni, e continuerà a farne parte per sempre (i miei due romanzi gialli nel cassetto lo provano: ho sempre desiderato essere come Jessica Fletcher. Vedovanza a parte).

Grazie di tutto Angela.

Buon viaggio Angela

Dark Shadows

Anno: 2012

Regia: Tim Burton

Interpreti: Johnny Depp, Eva Green, Helena Bonham Carter, Michelle Pfeiffer, Cloë Grace Moretz, Christopher Lee, Alice Cooper

Dove trovarlo: Netflix

Il giovane rampollo di una ricca famiglia del Maine, Barnabas Collins(Johnny Depp), innamoratosi della bella Josette (Bella Heathcote) respinge l’ex amante Angelique; peccato per lui che Angelique (Eva Green) sia una potente strega, che per vendicarsi di lui spinge al suicidio Josette e poi trasforma Barnabas in un vampiro, seppellendolo infine in una bara perché possa vivere in eterna oscurità e solitudine. Barnabas però viene liberato due secoli dopo e decide di riprendere a gestire gli affari della bizzarra e disfunzionale famiglia Collins; ma anche Angelique è ancora viva e ancora più potente, e non ha accantonato il suo desiderio di vendetta…

Non ho dubbi: Dark Shadows, fino ad oggi, è il peggiore film di Tim Burton. Tratto da una serie tv degli anni ‘60, sulla carta il film sembrerebbe avere tutte le carte in regola per essere un nuovo classico burtoniano: atmosfere dark, creature soprannaturali bistrattate e il solito ben rodato cast di tanti successi (Johnny Depp, Helena Bonham Carter e perfino una piccola parte per il mitico Christopher Lee). Cosa manca allora? Per prima cosa, a differenza di tutti i film precedenti del regista, Dark Shadows non è una favola in scala di neri: il protagonista è un personaggio negativo, egoista, edonista e violento, che non ottiene (e non aspira) ad alcuna crescita o redenzione. Non c’è nessuna morale nel finale, nessun viaggio interiore, nessuna acquisizione di consapevolezza per nessun personaggio: il lieto fine ha un sapore amaro perché non è sudato né meritato, e questo lascia lo spettatore insoddisfatto dopo la visione, cosa pressoché inaudita per un’opera di Tim Burton. Manca anche lo spassoso humor nero che da sempre contraddistingue il cinema burtoniano: in Dark Shadows tutti si prendono sempre troppo sul serio, appesantendo la narrazione. Inoltre il film è carico di scene e battute volgari, cosa che non si era mai vista prima e che, a mio avviso, è del tutto gratuita e inappropriata. Sopravvive solamente la critica della società, della sua vacuità e della sua mancanza di valori, che però era stata veicolata già con grande sagacia in tanti film precedenti. Edward Mani di Forbice probabilmente è l’esempio più fulgido di come in passato Tim Burton abbia saputo declinare temi simili con ben altra bravura ed efficacia. Il più recente Sweeney Todd, anch’esso tratto da un soggetto non originale (il musical di Stephen Sondheim), è un’altra prova di come Tim Burton sia stato in grado in passato di dare vita a favole cupe ma anche sagge e divertenti, che hanno i loro pilastri in interpreti validi come appunto Johnny Depp ed Helena Bonham Carter. Riassumendo, sconsiglio decisamente la visione, soprattutto a chi, come me, è da sempre un estimatore del cinema di Tim Burton: è preferibile recuperare i suoi classici successi e tenersi ben alla larga di Dark Shadows.

Voto: 1 Muffin ipocalorico

Y – Goodbye Little Yellow Bird

So bene di aver già parlato diverse volte in questo blog di Angela Lansbury, di Agatha Christie e di film gialli, ma poichè oggi Cinemuffin compie 2 anni ritengo giusto festeggiare parlando di qualcosa che mi sta molto a cuore, e naturalmente con una montagna di muffin al cioccolato.

La mia sfrenata passione per i misteri, le indagini e i delitti trova le sue radici nei primissimi anni della mia infanzia. In casa mia si guardava sempre La Signora in Giallo, il telefilm degli anni ’80 e ’90 in cui la scrittrice del Maine Jessica Fletcher, interpretata dalla megagalattica Angela Lansbury, risolveva uno o più omicidi in ogni puntata. All’epoca credevo ancora che tutto ciò che vedevo in televisione fosse reale, e mi stupivo del fatto che, per realizzare quella trasmissione, dovessero ammazzare quantomeno una persona per puntata. Murder She Wrote è ancora oggi un classico imprescindibile in casa mia (il mio figlio più piccolo lo chiama “La Signora Gialla”), nonostante io conosca ormai ogni puntata a memoria provo un gran gusto nel rivederle e trovo sempre qualche nuova chicca, ad esempio la partecipazione di qualche attore famoso (come Leslie Nielsen, James Coburn, George Clooney, Neil Patrick Harris, Brian Cranston, Ricardo Montalban….) che prima non conoscevo (o non era famoso) o qualche riferimento che in passato non avevo saputo cogliere. Per fare un esempio, in una puntata Jessica Fletcher si reca a teatro a vedere uno spettacolo di Steven Sondheim, celebre autore di musical per il quale Angela Lansbury aveva interpretato Mrs. Lovett nella rappresentazione teatrale del suo Sweeney Todd (nel ruolo che poi sarà di Helena Bonham Carter nella versione cinematografica di Tim Burton). Tutto questo ovviamente non mi aveva detto nulla finchè ero piccola, ma poi, quando mi sono appassionata ai musical, mi sono procurata quella versione teatrale di Sweeney Todd, ben sapendo che Angela Lansbury, oltre che una grande attrice, è anche una talentuosissima cantante. La sua Tale as Old as Time, dal film Disney La Bella e la Bestia, in cui dava la voce alla teiera Mrs. Brick, è da sempre uno dei classici dei miei cd home made. Poi le canzoni di Pomi d’Ottone e Manici di Scopa, interpretato sempre da lei. E anche nella Signora in Giallo in alcune occasioni avevo sentito Angela cantare, di solito quando, anziché Jessica Fletcher, interpretava la cugina irlandese Emma, che di mestiere appunto cantava in teatro canzonette orecchiabili come la squisita Goodbye Little Yellow Bird. Insomma, come si capisce Angela Lansbury/Jessica Fletcher è sempre stata una figura iconica per me, l’incarnazione di ciò che avrei voluto diventare da grande: una famosa scrittrice di gialli che con la sua intelligenza contribuisce a sgominare il crimine anche nella realtà. Fu credo più che naturale che io, da adolescente, mi appassionassi ai gialli di Agatha Christie. Lessi anche altri autori, naturalmente, ma nessuno mi dava la stessa soddisfazione. Odiavo Conan Doyle, per esempio, perchè nei gialli di Sherlock Holmes non è mai possibile indovinare il colpevole, mentre in quelli della Christie ci riuscivo (quasi) sempre. Questa grande passione per i gialli sfociò naturalmente anche nell’amore per le parodie cinematografiche dello stesso genere, e ne trovai due particolarmente ben fatte: Invito a Cena con Delitto, del 1976, con David Niven, Maggie Smith, Peter Falk, Peter Sellers, Eileen Brennan, Elsa Lanchester e Truman Capote, e Signori il Delitto è Servito del 1985, con Tim Curry, Christopher Lloyd, Madeline Kahn, Leslie Ann Warren e Eileen Brennan (sì, la stessa attrice in entrambi i film). Ho elencato il cast delle due pellicole per far capire come, già solo da questo, una cinefila come me potesse andare in brodo di giuggiole. I film erano entrambi esilaranti, e li condivisi (a ripetizione) con gli amici, finchè divennero classici del gruppo, citati in continuazione e sviscerati in ogni loro aspetto. Tra i due ci colpiva di più Signori il Delitto è Servito, in originale Clue, ispirato al famoso gioco da tavolo Cluedo, perchè qui la soluzione finale del delitto (nelle sue diverse versioni, per di più) aveva un senso. Iniziai quindi a domandarmi: e se lo organizzassi io un gioco con un delitto da risolvere? Le escape room e le cene con delitto che fioriscono oggi non esistevano ancora, perciò dovetti fare tutto da me. Ci riflettei molto a lungo, poi elaborai una formula e proposi l’idea ai miei amici, che ne furono entusiasti. Era deciso: avremmo fatto un Murder Poo (espressione del film Invito a cena con delitto, che in italiano era diventata “Assassino Party”)! Il giorno di Halloween ci facemmo accompagnare (eravamo ancora tutti minorenni) nella casa di campagna della mia famiglia, che per l’occasione era tutta per noi. Avevo assegnato anticipatamente i personaggi, in modo che ciascuno potesse prepararsi il costume: io ero la cameriera, poi c’erano il cuoco, il maggiordomo, il cugino debosciato, la governante, il giardiniere e l’amica di nobile famiglia. Tutti i personaggi, di cui avevo già scritto la storia, avevano un movente per l’assassinio del ricco e tiranno padrone di casa. A questo punto avremmo estratto a sorte i ruoli di assassino e di complice (dunque anche io, che avevo organizzato il tutto, potevo partecipare, ma non solo, potevo anche essere l’assassina!). Ciascuno doveva avere con sé un’arma, utilizzata per il delitto e utilizzabile, in caso di necessità, anche per altri omicidi) e un oggetto peculiare che doveva essere lasciato sul luogo del delitto. Spettava all’abilità dei giocatori, tutti investigatori tranne assassino e complice, trovare il legame tra l’oggetto e il colpevole. Regole molto semplici, tutto dipendeva ora dalla nostra interpretazione e dalla nostra sagacia. Il gioco fu divertentissimo, assassino e complice stavano decisamente facendola franca ma purtroppo il cadavere del giardiniere, che avevano dovuto togliere di mezzo per non essere smascherati, si rivelò inopportunamente loquace… ciononostante fu un’esperienza meravigliosa, di cui ancora oggi parliamo con piacere e che resta unica, perchè non siamo mai riusciti a ripeterla. Ho organizzato successivamente altre cacce all’assassino o cacce al tesoro, ma nessuna è stata un’immersione così totale e completa, da parte di tutti i partecipanti, in quel mondo di delitti raffinati e garbati che è il mio.

Io & Sherlock Holmes – Parte 2

Io & Sherlock Holmes – Parte 2

Dopo la brutta delusione di Gli Irregolari di Baker Street avevo decisamente bisogno di qualcosa dai toni più scanzonati per ridare prestigio al detective più famoso del mondo, Sherlock Holmes. Da molto tempo aveva nella mia lista Netflix il film che faceva proprio al caso mio: Enola Holmes. Parafrasando il titolo del film comico con Gene Wilder del 1975, si potrebbe dire che Enola è “la sorella più furba di Sherlock Holmes”. Il personaggio della sorellina minore di Sherlock nasce dalla penna della scrittrice americana Nancy Springer, che la rende protagonista di una serie di gialli per ragazzi, I Misteri di Enola Holmes, pubblicati tra il 2006 e il 2010. Enola è la sorella di Sherlock e Mycroft, molto più giovane anagraficamente ma non per questo meno sveglia e determinata; infatti non si rassegna all’idea di diventare una donna elegante e educata destinata solo a sposare un uomo agiato, preferisce dedicarsi allo studio, lo sport e, all’occasione, risolvere crimini come il fratellone. Enola ha trascorso tutta la sua vita praticamente sola in casa con la madre Eudoria, interpretata da Helena Bonham Carter. Quando Eudoria scompare all’improvviso, i fratelli maggiori ricompaiono per prendersi cura di Enola: nella visione del primogenito, Mycroft, questo si traduce in una severa educazione collegiale. Sherlock sembra un tantino più empatico nei confronti di Enola e dei suoi bisogni, ma non osa mettersi in contrasto col fratello. Alla ragazza non resta dunque che prendere in mano il proprio destino, fuggendo e mettendosi alla ricerca della madre per conto proprio. Se si parte dalla consapevolezza del fatto che si tratta di un film pensato anche per un pubblico giovane (cui oggi ci si riferisce come young adult), Enola Holmes è un buon intrattenimento che mette in campo attori bravi e simpatici, come la protagonista Millie Bobby Brown, divenuta famosa come Undici nella serie Stranger Things, che qui si destreggia tra enigmi, crinoline e risse nei vicoli di Londra. Ho solamente trovato piuttosto fastidiosa la scelta del regista Harry Bradbeer di far rivolgere spesso Enola direttamente allo spettatore guardando in macchina; se era molto divertente quando lo faceva Amélie Poulain, qui invece finisce per rallentare una narrazione che già non è sempre scoppiettante nel ritmo (forse il film avrebbe beneficiato di un minutaggio leggermente ridotto).

Confesso però che il motivo di maggior interesse per me è incarnato da Henry Cavill, senza dubbio lo Sherlock Holmes più attraente di sempre (mentre il Dottor Watson più affascinante è senza dubbio la splendida Lucy Liu della serie Elementary). Curiosità: dopo l’uscita del film lo scorso anno la Conan Doyle Estate, che attualmente detiene i diritti delle opere dello scrittore, ha intentato causa a Netflix (casa produttrice di Enola Holmes) accusandola di raffigurare Sherlock Holmes come “un personaggio che prova emozioni”. La causa è stata però archiviata nel dicembre 2020, e Netflix sta già preparando un sequel: nuove emozioni anche per Sherlock, dunque. E più Henry Cavill per noi. 

La visione di Enola Holmes mi ha molto rinfrancata, ma sentivo di aver bisogno di un altro pizzico di Sherlock per ritornare al pieno equilibrio. Ancora una volta, come l’autista Ambrogio che tirava fuori i cioccolatini dal cruscotto, è giunta in mio aiuto la piattaforma Netflix con un nuovo titolo più che calzante: Holmes & Watson.

Certo le premesse non erano delle migliori: del regista Etan Cohen a essere sinceri avevo solo brutti ricordi, sia nel ruolo di regista che di sceneggiatore (il terribile Men in Black 3 ma soprattutto il tremendo Tropic Thunder). Inoltre, a parte il suo ruolo di Mugatu nel primo Zoolander (del secondo preferisco non parlare), ho una grandissima antipatia anche per Will Ferrell, che qui interpreta Sherlock Holmes; sull’altro piatto della bilancia però c’era John C. Reilly, attore di grande talento (anche canoro come dimostra Chicago) e comico straordinario, nel ruolo di Watson.

E così mi sono tuffata nella visione di Holmes & Watson (sottotitolo italiano: Due De Menti al Servizio della Regina). Responso? Un grosso sacco di risate! Davvero, a parte alcune scene piuttosto di cattivo gusto ho trovato il film divertentissimo. Cohen, rifacendosi anche all’umorismo di Zucker/Abrahams/Zucker, si è divertito a prendere in giro tutti i clichè su Sherlock, compresi quelli stabiliti in tempi recenti da Guy Ritchie con i suoi due film, sostenuto da una favolosa accoppiata di protagonisti e scrivendo personalmente una buona sceneggiatura (il racconto iniziale del primo incontro tra Holmes e Watson è buffissimo). Ho anche amato ritrovare alcuni volti ben noti nel cast: Hugh Laurie nel ruolo di Mycroft, Ralph Fiennes in quello di Moriarty, il wrestler WWE Braun Strowman in un combattimento davvero singolare. Il momento musical poi mi ha particolarmente deliziato. Lo consiglio a tutti coloro che, sempre con rispetto per Sir Arthur Conan Doyle, desiderano farsi qualche bella risata su Sherlock Holmes e i suoi amici. Per ora, da Baker Street, è tutto!

Un Selfie con Sua Maestà

Sweeney Todd: Il Diabolico Barbiere di Fleet Street

Titolo originale: Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street

Anno: 2007

Regia: Tim Burton

Interpreti: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen, Timothy Spall

Dove trovarlo: a casa mia, in mezzo tra i dvd di Tim Burton e i musical

Benjamin Barker (Johnny Depp) è un barbiere londinese che vive felice con la moglie Lucy e la figlioletta Johanna. Purtroppo per lui però il potente giudice Turpin (Alan Rickman) si invaghisce della bella Lucy e per avere campo libero fa deportare Benjamin con un’accusa fittizia. Molti anni dopo Barker, che ora si fa chiamare Sweeney Todd, ritorna a Londra per cercare la sua famiglia, a scopre che la moglie, dopo essere impazzita, si è avvelenata, mentre la figlia è stata adottata proprio dal giudice Turpin. Ora vive per vendicarsi, e nell’attesa che il giudice entri nel suo negozio per farsi sbarbare si associa con l’intraprendente Mrs. Lovett (Helena Bonham Carter) nel vendere peculiari tortini di carne…

Con l’avvicinarsi della mia festa preferita, Halloween, mi tornano in mente i ricordi delle feste organizzate nel corso degli anni, una delle quali mi ha visto proprio nei panni di Mrs. Lovett, con tanto di mattarello insanguinato, scarafaggi sul tavolo e tortini di carne contrassegnati dai cartellini “poeta”, “pastore” e “frate”. Fin da quando lo vidi al cinema la prima volta ho adorato questo film, e non credo potesse essere diversamente, vista la mia grande passione per i musical e per Tim Burton. A differenza di molte delle opere del regista però Sweeney Todd non è una sua creazione originale, ma la trasposizione cinematografica di un musical teatrale del 1979 di Steven Sondheim (lo stesso di Into the Woods, in cui Johnny Depp ha la parte del lupo cattivo) vincitore di 8 Tony Award di cui uno assegnato all’interprete di Mrs. Lovett, la mitica Angela Lansbury: se vi è possibile reperire la versione teatrale originale ve la consiglio vivamente. Tim Burton non poteva certo restare indifferente di fronte ad un materiale di pregio come questo musical che si sposa perfettamente con la sua produzione per tono e tematiche. Proprio come i classici del regista infatti, Sweeney Todd racconta una favola con morale edificante in veste cupa e con un umorismo macabro all’inglese: a ben pensarci, nonostante il sangue scorra copioso, Sweeney Todd non è certo una celebrazione della violenza, ma anzi un esempio educativo di come la vendetta non porti che all’annichilimento di chi la perpetua. Per il barbiere di Fleet street infatti esiste ancora un possibilità per una vita felice, ma la getta al vento lui stesso reso cieco dal desiderio di uccidere il giudice Turpin. Lungi dall’essere un film per bambini (per carità!), io lo considero un film divertente e con un messaggio positivo, anche se in una veste decisamente gotica. La Londra di Tim Burton infatti è buia, cupa, come lo sono i pensieri del protagonista; le scenografie tetre ma allo stesso tempo cartoonesche hanno fruttato un Oscar per gli scenografi, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Il cast, composto da molti beniamini del regista, è davvero di prim’ordine e si esibisce con grande maestria in tutte le canzoni. Johnny Depp, alla sua sesta collaborazione con Burton, interpreta il vendicativo e dolente Sweeney Todd; Helena Bonham Carter è la cuoca dalla mille risorse Mrs. Lovett; Alan Rickman brilla nel ruolo dello spietato giudice Turpin e regala, in duetto con Johnny Depp, la meravigliosa canzone Pretty Women; Timothy Spall (anche lui, come Rickman e la Carter, presente sui set di Harry Potter come Peter Minus) è il perfetto funzionario leccapiedi; Sacha Baron Cohen stupisce con la sua prestazione canora nei panni del barbiere Pirelli, e colpisce tanto da essere scelto per un altro musical, I Miserabili, in cui si esibirà proprio al fianco di Helena Bonham Carter). La colonna sonora è imperdibile dalla prima all’ultima canzone (la mia preferita è A Little Priest). Sweeney Todd ha tutte le qualità possibili e per questo può ammaliare diversi tipi di persone: gli amanti dei musical, i fan di Tim Burton, i sensibili al british humor, gli amanti del gotico truce ma non troppo. Sconsigliato però agli schizzinosi alla Gordon Ramsey che vogliono a tutti i costi sapere da dove viene la carne nel loro tortino…

Voto: 4 Muffin

Anche Sweeney Todd sbarba molto a fondo