The Loft

Anno: 2014

Regia: Erik Van Looy

interpreti: Karl Urban, James Marsden, Eric Stonestreet, Wentworth Miller, Matthias Schoenaerts, Rhona Mitra

Dove trovarlo: Amazon Prime Video

Cinque amici, tutti sposati e apparentemente arrivati nella vita, decidono di acquistare insieme e in segreto un elegante appartamento (il “Loft” del titolo) da tenere sempre a disposizione per le loro scappatelle. Un giorno però trovano una ragazza morta nell’appartamento: poiché nessuno, oltre loro cinque, possiede le chiavi, i buoni amici iniziano a sospettare l’uno dell’altro…

Remake del film del 2008 Loft, sempre diretto da Erik Van Looy e sceneggiato da Bart de Pauw, The Loft si aggiunge alla breve lista di titoli della storia del cinema che lo stesso regista ha girato due volte; in questo caso ritornano anche lo sceneggiatore e uno dei cinque interpreti principali, Matthias Schoenaerts, nato in Belgio come il regista. Non avendo visto il film del 2008 per me è impossibile dire se il regista sia stato saggio o meno a rigirare lo stesso film, ma quello che posso dire è che questo suo secondo tentativo si fa davvero apprezzare. Il punto di forza sono i cinque attori principali, tutti volti noti della tv e del cinema, che pur non essendo forse interpreti da Oscar riescono a caratterizzare bene i propri personaggi e soprattutto a tenere desto l’interesse dello spettatore nelle loro sorti. Quello che invece scricchiola è la sceneggiatura: ripensando alla vicenda (che non è davvero il caso di spoilerare visto il suo carattere “Whodunnit”) dopo la visione, infatti, emergono molteplici incongruenze; inoltre i personaggi non sono così ben delineati come avrebbero potuto essere (soprattutto considerando che sono solamente cinque e che gli attori sono bravi). Nonostante questo, mentre si guarda il film, si viene coinvolti profondamente nel mistero, soprattutto mano a mano che emergono i segreti di ciascuno dei sedicenti “carissimi amici”. Il personaggio più repulsivo è sicuramente quello interpretato da Schoenaerts, cocainomane violento con un passato di violenza domestica alle spalle. James Marsden (SonicIl Film) è perfetto nei panni del “buono” della compagnia, quello che non vuole saperne del loft e di tradire la moglie (inizialmente). Eric Stonestreet, noto per il ruolo del gay appassionato di musical Cameron nella serie Modern Family, qui sorprende invece nel ruolo di sciupafemmine. Wentworth Miller, il protagonista dell’ottima (almeno per la prima stagione) serie Prison Break, regala al suo personaggio una grande ambiguità che ben serve lo spirito “giallo” del film. Ma il vero mattatore della compagnia è Karl Urban, salito alla ribalta nel 2002 con il secondo capitolo della trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson nel ruolo di Eomer e da allora presente in un gran numero di film e serie tv (personalmente l’ho molto apprezzato nelle Cronache di Riddick come antagonista di Vin Diesel, nei nuovi film di Star Trek nel ruolo del dottor McCoy e nel più recente Thor: Ragnarok nel ruolo del pavido Skurge, oltre che nella sottovalutata serie Almost Human); dopo molti ruoli in costume (in particolare penso al reboot Dredd in cui recita per tutto il film con indosso il casco) per la prima volta ho potuto constatare quanto fascinoso e magnetico sia questo attore calato nella giusta atmosfera e nel giusto personaggio. Al di là dei cinque protagonisti, il cast femminile (che comprende tutte le moglie e le amanti, tutte meglio tratteggiate dei protagonisti maschili) è ricco e talentuoso, capitanato da una splendida Rachel Taylor (la Trish Walker della serie Marvel Jessica Jones) cui la sceneggiatura,come per i colleghi dell’altro sesso, non rende giustizia. Ricapitolando: cinque amici, un cadavere, mille segreti e, naturalmente, un finale a sorpresa. Non un capolavoro e di certo non perfetto ma davvero coinvolgente e apprezzabile nel suo genere.

Voto: 3 Muffin

Shadow

Titolo originale: Ying

Anno: 2018

Regia: Zhang Yimou

Interpreti: Chao Deng, Li Sun, Ryan Zeng, Wang Qianyuan

Dove trovarlo: Prime Video

Il comandante dell’esercito Ziyu, dopo essere stato sconfitto in duello dal rivale Yang Kang, si nasconde in una grotta e addestra segretamente un suo perfetto sosia affinché un giorno possa sconfiggere Yang Kang e riabilitare il suo nome. Non ha però considerato i sentimenti che la moglie segretamente prova per la sua “ombra” e i mille intrighi che la corte nasconde.

Il regista cinese Yimou Zhang nel 2002 aveva realizzato il suggestivo film Hero rielaborando la trama del capolavoro del grande maestro del cinema giapponese Akira Kurosawa, Rashomon, in cui una stessa storia viene raccontata e rappresentata da punti di vista diversi a seconda del personaggio narrante, dando vita ad un trionfo estetico di colori e movimenti davvero notevole, supportato da una storia coinvolgente con un twist interessante nel finale e attori molto fascinosi. 

Hero, 2002

Anche con Shadow Yimou Zhang procede da spunti e suggestioni prese da Kurosawa: la pioggia battente e senza fine (Rashomon), la figura femminile che spicca nel finale per colori a contrasto, movenze ed espressioni molto cariche (Trono di Sangue), il sosia “ombra” che sostituisce il combattente nelle situazioni più pericolose (Kagemusha). Questa volta però, a contrasto con la saturazione policroma di Hero, il regista mette in scena un mondo in bianco e nero rappresentando e al contempo negando la classica contrapposizone tra Yin e Yang, bianco e nero, bene e male: in modo fin troppo didascalico i personaggi si allenano al combattimento in un’arena a forma di Yin-Yang, e i personaggi stessi proclamano come non esistano giusto o sbagliato ma solamente ciò che accade e ciò che non accade. In questo film non ci sono buoni o cattivi, eroi o malvagi, ma ogni personaggio è “grigio”, amorale, guidato da motivazioni imperscrutabili e in fin dei conti irrilevanti. Lo stesso finale aperto ci lascia nell’ignoranza di cosa sia accaduto, quale decisione sia stata presa: eppure la scelta finale non è rilevante, in quanto nulla di ciò che accade può dirsi giusto o sbagliato. Se l’idea di fondo è abbastanza interessante, la resa è decisamente poco incisiva: gli attori appaiono a loro volta “grigi”, senza saper infondere vita nei loro personaggi, che restano sagome di cartone utili al regista per esporre la sua tesi ma prive di anima; la continua ricerca estetica in ogni singola inquadratura sovrasta ogni dialogo, ogni azione e ogni dinamica tra i personaggi; il ridicolo involontario arriva con forza nella scena in cui si invitano i combattenti a “maneggiare gli ombrelli con movenze femminili” per vincere la battaglia.

In definitiva questa nuova estetica e filosofia cinematografica del regista cinese non mi ha convinta, soprattutto per via della decisione di anteporre il messaggio alla rappresentazione, a discapito ovviamente della forza del film, divenuto manifesto di una visione interessante ma trasmessa in modo troppo diretto: più manifesto estetico/filosofico che film.

Voto: 2 Muffin

Addio ad Angela Lansbury

Goodbye Little Yellow Bird

Non ho bisogno degli Analytics per sapere con certezza che Angela Lansbury è il personaggio più citato in assoluto su Cinemuffin. Non solo articoli e recensioni a lei dedicati, ma molto spesso ha fatto capolino a sorpresa in contenuti che sembravano non avere assolutamente nulla a che fare con lei. Ma non poteva essere diversamente, visto che Angela è stata una figura sempre presente nella mia vita, sin da quando ero piccolissima e guardavo la Signora in Giallo sicura che, ad ogni episodio, una o due persone venissero realmente uccise. Poco più tardi mi venne spiegato delle finte morti e delle pistole a salve: in poche parole, della magia dello schermo. L’immancabile risata finale di Jessica Fletcher e la voce della sua storica doppiatrice Alina Moradei risuonano ancora oggi in casa mia ogni giorno, all’ora di pranzo, e ancora oggi gli episodi di Murder, She  Wrote, seppure visti mille volte, mi offrono sorprese inaspettate. Non molto tempo dopo la mia scoperta del sangue finto arrivò quello che divenne, ed è ancora oggi, un grande classico di casa Verdurin: Pomi d’Ottone e Manici di Scopa. Solo molto più tardi, con l’arrivo dei dvd, potei ascoltarlo in lingua originale, con tutte le canzoni interpretate da Angela, comprese quelle poi tagliate dalla versione che conoscevo del film (compresa l’imbarazzante, nella traduzione italiana, “L’età del Non-mi-cucchi”). Allo stesso modo riuscii finalmente ad ascoltare la voce originale di Angela nel capolavoro Disney La Bella e la Bestia, grazie all’arrivo dei dvd. In quel periodo avevo imparato a scaricare le canzoni da Internet e creare i miei cd personalizzati e venivo presa in giro perchè, in ogni singola compilation che realizzavo, Tale as Old as Time cantata dalla teiera Mrs. Brick (Mrs. Potts in originale) era presente: una sorta di marchio di fabbrica. Venne poi la grande sorpresa di vedere Angela da giovane in molti film: Gran Premio, in cui interpretava la sorella maggiore di Elizabeth Taylor, ma soprattutto I Tre Moschettieri, in cui nei panni della regina di Francia, Angela spediva Gene Kelly e compagni in missione per recuperare i gioielli che avrebbero potuto provocare una guerra tra Francia e Inghilterra a causa della sua liason con il duca di Buckingham. E che dire poi dei suoi molti ruoli in film gialli, come quelli tratti dalle opere della mia amatissima Agatha Christie, o della signora scomparsa e miracolosamente da me ritrovata decenni dopo grazie al catalogo di Prime Video? Per non citare la versione teatrale del musical di Stephen Sondheim Sweeney Todd, in cui Angela interpretava Mrs. Lovett (ruolo ripreso da Helena Bonham Carter nella versione cinematografica di Tim Burton): il costume della cuoca, celebre per le sue speciali “torte di carne”, con tanto di scarafaggi e mattarello insanguinato, è in cantina pronto ad essere indossato per Halloween.

Angela Lansbury ha sempre fatto parte della mia vita e dei miei sogni, e continuerà a farne parte per sempre (i miei due romanzi gialli nel cassetto lo provano: ho sempre desiderato essere come Jessica Fletcher. Vedovanza a parte).

Grazie di tutto Angela.

Buon viaggio Angela

La Furia di un Uomo

Titolo originale: Wrath of Man

Anno: 2021

Regia: Guy Ritchie

Interpreti: Jason Statham, Holt McCallany, Josh Hartnett, Scott Eastwood, Andy Garcia, Eddie Marsan, Jeffrey Donovan

Dove trovarlo: Amazon Prime

Una compagnia privata di trasporti valori assume un uomo schivo e silenzioso, che si fa chiamare semplicemente H (Jason Statham), come autista dei suoi furgoni: il manager non nasconde al nuovo assunto che il lavoro è pericoloso e che due suoi colleghi hanno recentemente persona la vita in una rapina. Ma sembra non ci sia nulla in grado di scuotere l’imperturbabilità di H, e quando dei rapinatori si presentano durante il suo turno lui li mette tutti fuori gioco senza alcuna difficoltà, diventando l’eroe del giorno. Ma ben presto capiamo che H non è un tipo qualsiasi, che non ha scelto quel lavoro per caso e che ha in mente un piano di cui non è facile comprendere lo scopo…

La scena che precede i titoli di testa è quella che meglio ci fa gustare l’innegabile talento del regista Guy Ritchie, da sempre a suo agio tra rapine e sparatorie: si tratta infatti di una rapina che viene ripresa interamente da una camera fissa nell’angolo posteriore di un furgone portavalori, ma nonostante questa angolazione apparentemente infelice lo spettatore riesce a percepire ogni dettaglio e si sente da subito immerso nella vicenda.

Proseguendo con la visione però ci si rende conto di non essere di fronte al miglior Guy Ritchie, in quanto il suo grande umorismo, che personalmente tanto amo, è del tutto assente dal film. Non ha senso però incolpare di questo il protagonista Jason Statham, che in altri film d’azione (la serie The Expandables) anche dello stesso regista (come la sua pellicola d’esordio Lock&Stock) ha dimostrato di saper padroneggiare anche i registri comici, pur senza cambiare mai una volta espressione. Il tono serioso del film è invece una scelta del regista: Wrath of Man resta comunque un bel film d’azione con molti personaggi ben costruiti e molti bravi attori in gioco (Andy Garcia, Scott Eastwood, Josh Hartnett, Jeffrey Donovan, Eddie Marsan e molti altri). La sua pecca più grande è quella di illudere lo spettatore che esistano dinamiche sotterranee che muovono i personaggi (soprattutto il poliziotto di Andy Garcia, il cui sostegno per H non viene mai motivato) ma che in realtà non ci sono. Al termine quindi resta dell’amaro in bocca, come se fossero stati fatti dei tagli o dei cambiamenti arbitrari di sceneggiatura in corso d’opera. In definitiva, La Furia dell’Uomo è un buon film d’azione per passare una serata senza pensieri, ma per chi come me preferisce farsi anche due risate tra uno sparo e un cazzotto consiglio altri film di Guy Ritchie, in particolare Lock&Stock-Pazzi Scatenati e il mio prediletto Operazione U.N.C.L.E.

Voto: 2 Muffin

9 Motivi per cui ho odiato 9 Perfect Strangers

Ho iniziato a vedere la serie Nine Perfect Strangers (“Nove Perfetti Sconosciuti”) su Amazon Prime per diversi motivi. Innanzitutto per rivedere, dopo un po’ di tempo che non mi capitava, Nicole Kidman, che interpretando la prostituta Satine in Moulin Rouge si è guadagnata per sempre il mio affetto e la stima per le sue doti di cantante e attrice; poi nella speranza di vedere finalmente la tanto osannata comica (ma quando?) Melissa McCarthy mostrare anche le sue doti recitative oltre alla sua, pur notevole, media di parolacce al minuto; infine perché l’idea di nove perfetti sconosciuti segregati per un’intera settimana in un resort pieno di segreti mi sembrava molto intrigante, così come, a suo tempo, trovavo davvero interessante l’idea alla base del Grande Fratello, prima di vedere con i miei occhi che non era certo il consesso di personalità e scambi di opinioni che avevo immaginato. Ma soprattutto, sotto sotto speravo con Nine Perfect Strangers di vedere una versione di Dieci Piccoli Indiani aggiornata ai tempi di Instagram. La serie però mi ha deluso. Mi ha deluso per ben 9 (perfetti) motivi:

(attenzione: SPOILER!)

  1. Il cast è davvero notevole, tutti attori e attrici con alle spalle lunghe esperienze sia di cinema che di tv, ma viene del tutto sprecato in una serie priva di scopo. Nicole Kidman, grazie alla chirurgia estetica, è sempre bellissima ma anche sempre meno espressiva, a tratti sembra che non riesca neppure a muovere la bocca, mentre a tratti esplode in un’espressività sopra e righe che mal si addice al personaggio di Masha, colei che tira le fila con calcolata freddezza. Melissa McCarthy inizialmente sbraita e impreca come suo solito, salvo poi adottare uno sguardo addolorato perenne che non aiuta a capire l’evoluzione del suo personaggio, la scrittrice rifiutata sia dagli editori che dagli uomini Frances. Luke Evans fa quello che può con un personaggio discontinuo come Lars, il giornalista omosessuale desideroso e allo stesso tempo timoroso della paternità. Tutti gli altri interpreti fanno quello che possono con la sceneggiatura che hanno. Regina Hall per la prima volta, dopo tanti Scary Movie e dopo essere stata la donna di Shaft, ricopre il ruolo scomodo e difficile di Carmel, accantonata da marito e figli in favore di una donna più giovane e attraente e che nasconde più di un segreto.
  2. I personaggi, tutti, sono privi di forza e di credibilità, monolitici nell’avere un unico, singolo problema da affrontare e risolvere, accettano passivamente eventi impensabili, non allacciano rapporti tra di loro se non quelli strettamente funzionali al raggiungimento del finale, e soprattutto non evolvono, come dimostra chiaramente il fatto che l’epifania che cambierà le loro vite si manifesta esclusivamente nell’esperienza della camera chiusa in cui temono di stare per morire, inficiando di fatto tutte le esperienze precedenti.
  3. Lo stile della serie è indeciso e alterna soluzioni formali diverse alla ricerca di un risultato che, qualsiasi dovesse essere, non viene raggiunto. Le inquadrature da angolazioni strane, le canzoni famose, i sogni, i flashback, i cambiamenti di luce e di sonorità, le allucinazioni, tutti stratagemmi che non portano a nulla e che mostrano l’indecisione della serie sul tono da adottare e sulla sua stessa essenza: thriller? Onirico? Soprannaturale? Psicologico? Non si sa.
  4. La serie è anche piena di false promesse, di elementi che non vengono sviluppati e che sembrano indizi per risolvere un mistero che, in realtà, non c’è mai stato. Chi sono le persone che lavorano a Tranquillum e perché lo fanno? Perché e come Yao ha salvato la vita di Masha? Perché Masha chiede a Lars di filmare tutto? Sarà una coincidenza il fatto che alcuni ospiti siano assassini? Con che criterio Masha sceglie i suoi ospiti? Come mai Tony conosceva le critiche al libro inedito di Frances? Dove sono finite le automobili? Tutte domande che restano senza risposta e che non portano a nulla.
  5. Il triangolo no! Ci viene mostrato che Masha intrattiene una relazione sia con Yao che con Delilah, i quali hanno anche una relazione tra di loro. Ma cosa lega queste persone? Come e da quanto si conoscono? Perché Yao ha salvato la vita a Masha e perchè sembra esserne così succube? Perché invece Delilah riesce ad andarsene? Ma soprattutto, a cosa serve tutto questo ai fini della storia?
  6. Come funziona l’aldilà? La serie ci dice che è possibile comunicare con i defunti, in certe condizioni, ma quali siano queste condizioni è molto difficile da capire. L’unica cosa chiara è che bisogna essere sotto l’effetto di sostanze allucinogene. Il che ci porta al prossimo punto:
  7. Trovo inaccettabile che una serie tv possa suggerire che l’uso massiccio di stupefacenti e sostanze psicotropiche possa essere una soluzione per i problemi esistenziali dell’essere umano. Fino all’ultimo ho sperato che le droghe non fossero altro che un espediente narrativo, per quanto ingenuo, per arrivare a qualcosa d’altro; ma non è così. Alla fine quello che ci viene detto è: se non riesci ad accettare la perdita di una persona cara e andare avanti con la tua vita, allora fai uso di droghe per fare pace con te stesso e tornare sereno. Cosa? Altro che arduo percorso di introspezione e meditazione immersi nella natura, la felicità si raggiunge con gli smoothies all’LSD! Non aggiungo altro.
  8. Ho odiato anche la scelta di spingere così tanto sul pedale del patetico, mostrando e rimostrando all’infinito la scena straziante della morte di Tatiana, la figlia di sette anni di Grace; lo stesso vale per Zach, il fratello gemello della giovane Zoe, morto suicida, che appare ripetutamente alla sorella e ai genitori. Queste scene sono difficili da reggere, ma la commozione che procurano è soltanto viscerale; riflettendoci sopra, come già si diceva, il messaggio che passa è che se ti droghi i tuoi cari estinti ti perdoneranno e faranno pace con te. No, non ci siamo.
  9. Infine, naturalmente, il finale. Non c’è nessuna delle sorprese che credevo di aver intuito, tutto procede esattamente come previsto, senza colpi di scena, verso uno dei lieti fini più smaccatamente vergognosi di sempre. Chi si è drogato per una settimana nei boschi della California e chi ha creduto di morire soffocato in un bunker ora ha meritato, a quanto pare, la felicità. Anche se per raggiungere i suoi scopi, nel caso di Masha, ha mentito, manipolato, intimidito e drogato le persone a loro insaputa. E’ vero che, una volta appreso che gli smoothies erano pieni di allucinogeni, nessuno ha battuto ciglio, ma ci tengo a precisare che sono cose che non si fanno, visto che i creatori della serie non hanno pensato di farlo: se ai vostri amici muore il gatto non mettete loro la droga nel frullato, ok?

Questo è quanto, sconsiglio vivamente la visione di Nine Perfect Strangers a tutti e vi consiglio di lasciar perdere gli smoothies a di bere piuttosto una buona tazza di tè. Possibilmente con un muffin.

Questa Masha sì che fa paura!

Enemy

Anno: 2013

Regia: Denis Villeneuve

Interpreti: Jake Gyllenhaal, Mélanie Laurent, Sarah Gadon, Isabella Rossellini

Dove trovarlo: Amazon Prime Video

Adam Bell (Jake Gyllenhaal) è un professore universitario dalla vita monotona e noiosa. Nemmeno la stanca relazione con la bella Helen (Mélanie Laurent) sembra rendere interessante la vita, fino a che Adam, seguendo il consiglio di un collega insegnante, noleggia un film in cui recita un attore in tutto e per tutto identico a lui. Incuriosito Adam inizia a indagare su di lui, scoprendo che si chiama Daniel St. Claire (in arte Anthony Claire). Adam, ormai ossessionato, inizia a spiare Daniel, fino a che non decide di chiamarlo e chiedergli un incontro. Daniel inizialmente rifiuta ma poi accetta di incontrare Adam; Daniel rimane a sua volta sbalordito dalla somiglianza fisica (anche le voci sono identiche) e propone subito uno scambio di identità: per una giornata Adam e Daniel si scambieranno gli abiti, l’appartamento e anche le donne…

Lo ammetto: ho scelto questo film, nel vasto catalogo Prime Video, attirata dall’idea di un doppio Jake Gyllenhaal. E la mia ingordigia è stata punita…

Enemy, tratto dal romanzo L’Uomo Duplicato di Josè Saramago, è un film con un’ottima idea di partenza (anche se non proprio originalissima, basti pensare a Il Principe e il Povero e a tutti gli altri libri e film basati sullo scambio di identità tra persone fisicamente identiche, da La Maschera di Ferro a Un Cowboy col Velo da Sposa) che non sa sfruttare, sporcando la connotazione thriller, ben riuscita, con una deriva onirico-psicologica che fa sorridere.

Il regista Denis Villeneuve, salito ora alla ribalta con il kolossal Dune, ambienta il suo film in una Toronto verdognola e giallastra per dare l’idea della vita insipida e scialba condotta dal professore Adam, che trova invece desiderabile quella del suo doppio, l’attore di cinema. A ben guardare però nemmeno Daniel è così appagato della sua vita, infatti tradisce in continuazione la moglie e non esita nemmeno un’istante quando gli si prospetta l’opportunità di farlo nuovamente, questa volta con la donna del suo alter-ego. Considerando solo l’anima thriller, il film sarebbe ben fatto nel costruire la tensione; purtroppo le derive simbolico-oniriche la spezzano, e il finale aperto con ragno gigante lascia lo spettatore con un sorriso beffardo più che con il senso di inquietudine che forse era l’obiettivo del regista.

La metafora della donna-ragno è banale, l’espediente narrativo del sogno lo è anche di più, e in congiunzione con il tema del Doppelganger rende tutto il film stantio quanto pretenzioso.

Se poi si pensa che Jake Gyllenhaal è stato il villain dell’ultimo film di Spiderman, lo sberleffo è assicurato: per chi vuole apprezzare le doti attoriali di Gyllenhaal consiglio piuttosto Zodiac, Jarhead o il classico Brokeback Mountain; per chi invece vuole gustarsi il suo bell’aspetto, allora consiglio di cuore Prince of Persia, tratto dal celebre videogioco. 

Isabella Rossellini compare, per una manciata di secondi, nel ruolo della madre di Adam.

Voto: 1 Muffin

Per chi non ha capito bene il film, Villeneuve lo spiega alla lavagna

Super Mario in Rima

Non ho mai giocato ai videogiochi di Super Mario, ma ricordo molto bene la musichetta perché mio fratello invece ci giocava sempre con il Game Boy. Ricordo di avere visto tanti anni fa il film tratto dal videogioco, con Bob Hoskins nei panni di Mario e John Leguizamo in quelli del fratello Luigi, che oggi si trova su Amazon Prime: simpatico ma non proprio un capolavoro, tanto che è già stato annunciato un nuovo film d’animazione per il prossimo anno.

Oggi i miei bimbi, complice la pubblicità capillare dei nuovi videogiochi e di tutto il merchandising, ma soprattutto il ritrovamento di quei reperti archeologici che sono i vecchi Game Boy dello zio, si sono appassionati alle avventure dell’idraulico baffuto più famoso del mondo.

Per partecipare in qualche modo a questa loro nuova passione ho ideato alcune rime.

Visto che ultimamente, tra impegni vari e aria di vacanze, sto pubblicando molto meno assiduamente, ne approfitto per un piccolo post video-ludico-poetico.

Caro, carissimo diario,

oggi ti parlo di Super Mario.

Un videogioco messo in rima?

Ma perché nessuno ci ha pensato prima??

Sembra un semplice idraulico, lo so,

di quelli che trovi su ProntoPro

ma in realtà è un eroe straordinario:

è mitico il nostro Super Mario!

È innamorato della Principessa Pesca

e i nemici la usano sempre come esca

così Mario con mille saltelli

dovrà superare tutti i livelli.

Corre, salta, sale sui cubi:

sempre meglio che aggiustare valvole e tubi!

Ma il nostro eroe non è da solo!

dei suoi alleati parliamo al volo:

col fratello Luigi parte all’avventura,

si sa, con la famiglia non si ha mai paura!

Luigi veste di verde, Mario di rosso,

saltano e corrono a più non posso

e alla fine coi loro baffoni

sconfiggono tutti i cattivoni;

poi c’è Yoshi, il Draghetto,

tenero e verde, alleato perfetto.

Mario prende monete e frutti

e i nemici li sconfigge tutti:

ogni giorno infatti si allena

per saltare ai nemici sulla schiena.

Sonic è il più veloce, Pac-Man il più goloso,

ma Super Mario è strepitoso!

Se hai un tubo che perde, la cucina allagata

o ti hanno rapito la fidanzata

chiama subito Super Mario 

(ore pasti) eroe leggendario!

Ricomincio da Noi

Titolo originale: Finding your Feet

Anno: 2017

Regia: Richard Loncraine

Interpreti: Imelda Staunton, Timothy Spall, Celia Imrie

Dove trovarlo: Amazon Prime

Dopo aver scoperto il marito in flagrante tradimento con la sua migliore amica, Sandra (Imelda Staunton) abbandona il fedifrago, la casa e la sua vita lussuosa per rifugiarsi dalla sorella Bif (Celia Imrie). Bif la accoglie con affetto ma presto i caratteri opposti delle sorelle porteranno all’attrito tra le due: se Sandra è composta, seria e posata, Bif al contrario è esuberante, disordinata e passionale. Per aiutare Sandra, Bif la coinvolge suo malgrado in un corso di ballo. Inizialmente Sandra sembra rifiutare ogni aspetto della vita della sorella, dalla marijuana alle sue frequentazioni, poi, poco alla volta, si lascia travolgere dalla sua energia e dal suo amore per la vita, fino a riscoprire se stessa, attraverso la danza (in cui eccelleva da bambina) e anche grazie a un sentimento inaspettato che la legherà sempre di più allo scapestrato (ma solo in apparenza) Charlie (Timothy Spall).

La storia del cinema in generale, e quella del cinema inglese in particolare, trabocca di storie in cui i personaggi, dopo una crisi esistenziale ed emotiva, ritrovano se stessi e la gioia di vivere grazie all’espressione, spesso artistica, della loro personalità più autentica. Succede ad esempio in Billy Elliot, Full Monty, Calendar Girls, tutte ottime commedie di formazione. Ricomincio da Noi appartiene allo stesso filone, sebbene sia un film dolceamaro che alterna momenti comici a momenti drammatici senza far prevalere nessuno dei due toni, anche se, forse proprio per questo suo essere ibrido, risulta meno riuscito degli altri che ho portato ad esempio. La forza del film quindi non si trova nella trama, piuttosto convenzionale, e nemmeno nei personaggi, che sono i caratteri tipici del genere, ma nel talento degli attori che, pur imbrigliati in questa struttura consolidata che non si prende alcun rischio riescono a restituire dei personaggi che, se non a tuttotondo, diventano delle figure aggettanti cui ci si affeziona e di cui si seguono con piacere le vicissitudini. Se il contrasto tra Imelda Staunton e Celia Imrie è il cuore della storia, il vero elemento d’interesse è il personaggio di Charlie, interpretato con spigliata dolcezza da Timothy Spall. Una curiosità: anche se non recitavano insieme, Imelda Staunton e Timothy Spall hanno preso entrambi parte alla saga di Harry Potter interpretando due personaggi spiacevoli, la tirannica preside Dolores Umbridge e il traditore Codaliscia. Consigliato a chi ha un debole per gli attori inglesi, per i film in cui si balla, per chi ama le storie leggere di riscatto personale, per chi vuole godersi un gruppetto di attempati ballerini inglesi che se la spassa per le strade di Roma.

Voto: 3 Muffin

Il Ritorno dei Pomodori Assassini

Titolo originale: Return of the Killer Tomatoes

Anno: 1988

Regia: John De Bello

Interpreti: Anthony Starke, George Clooney, John Astin, Steve Lundquist, Karen M. Waldron

Dove trovarlo: Amazon Prime

Ieri è stato il compleanno di George Clooney, che ha compiuto 60 anni. Clooney è un attore che ho seguito molto negli anni passati (fin dai tempi del Dr. Ross di E.R.) e di cui ho avuto modo di vedere moltissimi film, alcuni bellissimi, altri molto meno belli, altri… bellissimi in modo molto diverso. È il caso di questo film, interpretato da George in gioventù (27 anni): Il Ritorno dei Pomodori Assassini. Come il titolo suggerisce si tratta del seguito di un altro film, Attacco dei Pomodori Assassini del 1978, sempre diretto da John De Bello e sceneggiato dal regista insieme a Costa Dillon e J. Stephen Peace.

La trama del primo film ci viene riassunta brevemente: alla fine degli anni ‘70 i pomodori, dopo aver subito una mutazione genetica, si erano ribellati e avevano dichiarato guerra alla razza umana. L’intero pianeta era in pericolo, ma alla fine i perfidi vegetali erano stati sconfitti grazie al coraggio di un uomo, il Tenente Wilbur Finletter (J.Stephen Peace), che aveva scoperto come i pomodori venissero annientati da una particolare canzone pop, Amore in Pubertà, e guidato il contrattacco terrestre fino a sbaragliare gli avversari. 

La nostra storia inizia dunque in un mondo in cui i pomodori sono diventati illegali (ma vengono contrabbandati): al solo nominarli si scatena il panico. Wilbur Finletter dopo la sua impresa eroica ha lasciato l’esercito e aperto una pizzeria (rigorosamente Tomato-free) in cui lavorano anche il nipote Chad (Anthony Starke) e il suo amico Matt (George Clooney). Mentre Matt passa tutto il suo tempo ad escogitare nuovi sistemi per conquistare le ragazze, Chad si sbizzarrisce dietro il bancone creando pizze sempre più fantasiose (con acciughe, burro d’arachidi e orsetti gommosi, per esempio). Nel frattempo, all’insaputa di tutti, il malvagio Professor Gangreen (John Astin) sta perfezionando un piano diabolico per conquistare il mondo servendosi di pomo-uomini, pomodori trasformati chimicamente in super-soldati. Il Professore però ha creato anche una pomo-donna, la bellissima Tara (Karen M. Waldron) di cui Chad, che va spesso alla villa per consegnarle la pizza, è invaghito. Tara, comprese le losche intenzioni del suo creatore, decide di fuggire, e non sapendo a chi rivolgersi chiede aiuto proprio a Chad.

Chi come me ha sempre avuto un debole per i film di serie B (o anche Z in molti casi) che mostrano, con effetti speciali più o meno accurati, animali che si ribellano all’uomo e diventano spietati assassini, ormai ha visto di tutto: squali, api, serpenti, pipistrelli, formiche, ragni, tafani, perfino funghi giganti… ma forse non i pomodori! Il Ritorno dei Pomodori Assassini, a differenza di alcuni dei film sopra citati, ha l’enorme pregio di non prendersi mai sul serio e riesce ad essere a tratti davvero molto divertente, giocando con il piano metacinematografico (mostrando cioè che i personaggi sono in realtà attori consapevoli di essere in un film) e utilizzando gag e battute come altre parodie del genere di Hot Shots!, Una Pallottola Spuntata o molti film di Mel Brooks. Non raggiunge gli stessi livelli, ma alcune trovate secondo me sono davvero ottime (come quella di inserire in scena gli sponsor per ovviare ai costi di produzione) e spesso si ride di gusto, con il valore aggiunto di vedere un giovane Clooney che fa il pizzaiolo (non perdete mai d’occhio le pizze!) o un attore del calibro di John Astin (il Gomez della serie tv La Famiglia Addams) interpretare lo scienziato pazzo. Anche se il film da noi resta sconosciuto (ricordo quanto fu difficile trovarlo quando, studiando la filmografia di Clooney, incredula ne scoprii l’esistenza) il suo successo è testimoniato dai suoi due seguiti, Killer Tomatoes Strike Back! e Killer Tomatoes Eat France!: in entrambi ritroviamo John Astin nei panni di Gangreen e Steve Lundquist come Igor, assistente del Professore che sogna la carriera di annunciatore in tv. Se vi piace George Clooney (ma anche se non vi piace!), se amate l’umorismo del trio Zucker-Abrahams-Zucker e di Mel Brooks, se collezionate animali e vegetali assassini, allora non perdetevi Il Ritorno dei Pomodori Assassini! su Amazon Prime. Sarete molto sorpresi di scoprire cosa può fare un pomodoro con sei bottiglie di latte e una sedia sdraio…

Celebrity Hunted – Caccia all’Uomo

Ormai da decenni abbiamo tutti capito che c’è davvero molto poco di autentico in qualsiasi reality show, ma questo è particolarmente vero per lo show di Amazon Prime (basato su un format britannico) Celebrity Hunted: Caccia all’Uomo. Se fosse tutto vero, infatti, assisteremmo a sei puntate in cui un gruppo di persone con accesso a tutte le risorse delle forze dell’ordine (computer, satelliti, intercettazioni, elicotteri, droni…) cerca di impedire a dei personaggi famosi (chi più chi meno) di vincere dei soldi da dare in beneficenza. Evidentemente non è così, non c’è alcun dubbio sul fatto che si tratti di uno spettacolo costruito, organizzato e recitato, in cui le risorse della polizia vengono solamente replicate (come viene specificato all’inizio di ogni puntata) e tutto è pianificato per intrattenere lo spettatore sfruttando la simpatia e le diverse doti delle celebrità coinvolte. Inoltre, come spesso accade, il vero eroe non è il vincitore del gioco (non farò spoiler in ogni caso) ma i cameraman, costetti e seguire i personaggi famosi ovunque (nei boschi, nelle cliniche di chirurgia plastica, nelle case sugli alberi, nei conventi) e a nascondersi e acquattarsi a loro volta per non essere individuati dagli Hunters (i Cacciatori). Ma questo non significa che Celebrity Hunted non sia divertente e non possa regalare qualche risata e molti momenti di leggerezza. Tutto ha inizio a Roma, dove si trova la sede degli Hunters (nella suggestiva lanterna di Fuksas, in cima al palazzo dell’Ex Unione Militare) e dove i concorrenti vengono radunati per l’inizio del gioco. I fuggitivi hanno avuto la possibilità di organizzarsi in coppie e di predisporre un mezzo per la fuga; ciascuno di loro inoltre è stato dotato di un cellulare di vecchia generazione (non Smartphone) tramite il quale, dopo 12 giorni di fuga, i concorrenti ancora in gioco riceveranno le coordinate del Punto di Estrazione (che può essere ovunque nel territorio italiano e che è sconosciuto anche ai Cacciatori). Avranno quindi due giorni di tempo per raggiungerlo, ma a quel punto avranno anche gli Hunters alle calcagna: il cellulare infatti, così come i loro cellulari personali, è sotto controllo. I fuggitivi dovranno spostarsi, nascondersi e sopravvivere senza farsi trovare e con poche risorse a disposizione (una tessera bancomat che eroga al massimo 70 euro al giorno e che, naturalmente, viene tracciata). Nella loro sede operativa i cacciatori, una squadra composta da ex rappresentanti delle forze dell’ordine, hackers etici (cioè “buoni”), criminologi e psicologi cercherà di individuare i fuggitivi e anticipare le loro mosse per catturarli tramite le squadre d’azione dislocate sul territorio italiano. Le prede, come dice il titolo, sono personaggi famosi dello sport, del cinema e dello spettacolo italiano: l’ex capitano della Roma Francesco Totti, che affronterà la sfida in solitaria; il conduttore tv Costantino della Gherardesca, anche lui deciso a fuggire da solo; gli attori Diana del Bufalo a Cristiano Caccamo (in tutta onestà, mai visti nè sentiti prima), in coppia; l’attore Claudio Santamaria (che ho apprezzato moltissimo in Lo Chiamavano Jeeg Robot) insieme alla moglie giornalista Francesca Barra; il rapper Fedez (di cui ancora non ho sentito una canzone ma che mi è piaciuto molto per come ha condotto L.O.L.) in coppia con lo youtuber Luis Sal. A rendere le cose divertenti sono le peculiarità di ciascun personaggio e le dinamiche che si vengono a creare tra le coppie, oltre alle diverse strategie adottate (chi ha un piano, chi si affida alla fortuna, chi sfrutta le conoscenze, chi conta sulla generosità degli sconosciuti). Qualcuno cercherà di sparire in un monastero, altri in una casa sull’albero o in una stalla, qualcuno invece finirà ad abbuffarsi in casa Surace. Mettetevi comodi, preparatevi a fare il tifo per la vostra celebrità del cuore e vi scoprirete a trattenere il respiro quando i Cacciatori si avvicinano… Anche se non è tutto vero, di sicuro è vero intrattenimento!